Mercoledi, 03/03/2021 - Tra le ultime da ricordare (per non dimenticare) "Il silenzio dei vivi. All'ombra di Auschwitz, un racconto di morte e di resurrezione", di Elisa Springer, ebrea di origine ungherese, nata a Vienna e dopo la orribile ‘parentesi’ nei campi nazisti, sopravvissuta, visse a lungo in Italia fino alla morte, pubblicato per la prima volta nel 2001, poi riedito lo scorso anno nella collana Universale Economica Feltrinelli e "Sonderkommando. Diario di un crematorio di Auschwitz, 1944", dell’ebreo polacco Salmen Gradowski, uscito in Italia, nel 2002 ed ancora pubblicato nella stessa collana del precedente nel gennaio di quest’anno, in occasione del Giorno della Memoria.
Come riportato in quarta di copertina, Gradowski era nato nel 1909 a Suwalki, vicino al confine con la Lituania.
Era stato deportato ad Auschwitz nel dicembre del 1942, poi venne trasferito all’altro campo di Birkenau. Qui venne assegnato al Sonderkommando di Birkenau ed in seguito ucciso dai nazisti, probabilmente il 7 ottobre 1944, dopo la rivolta di parte della squadra.
Il Sonderkommando – istituzione particolarmente sadica e malvagia - era la squadra speciale composta da deportati, per la maggior parte di origine ebraica, obbligati a compiere il lavoro di rimozione dei corpi dalle camere a gas e di gestire i forni crematori.
Qualche mese prima, Gradowski, nel corso della prigionia, aveva scritto un diario in lingua ‘yiddish’, divenendo così il maggiore testimone della squadra speciale dei forni crematori.
Questo suo diario, a tutt’oggi l’unico documento che narri in maniera diretta la terribile esperienza di sterminio all’interno dei lager tedeschi, fu sepolto nel terreno di Birkenau e ritrovato nei mesi successivi alla liberazione del campo.
Elisa Springer con il suo Il silenzio dei vivi ha assunto – per dirla con Frediano Sessi, tra i massimi studiosi della Shoah – il peso di quei testi che sano parlare agli uomini ed alla storia, al cuore ed alla mente.
Aveva ventisei anni quando venne arrestata e deportata ad Auschwitz con il convoglio in partenza da Verona il 2 agosto 1944. Salvata dalla camera a gas dal gesto generoso di un Kapò, Elisa visse e sperimentò tutto l’orrore del più grande campo di sterminio nazista. Ben presto, ridotta a una larva umana, umiliata ed offesa, anche nel corso dei successivi trasferimenti a Bergen-Belsen, il campo dove morì anche Anna Frank - si conobbero, tra l’altro - e a Theresienstadt, riuscirà a tenere vivo nel suo animo il desiderio di sopravvivere alla distruzione.
La sua forza ed una serie di fortunate coincidenze le consentirono di tornare tra i vivi, dapprima nella sua Vienna natale e poi in Italia, dove all'inizio della persecuzione nazista contro gli ebrei d'Europa, spinta dalla madre, aveva cercato rifugio. Da questo momento e per cinquant'anni la sua storia cade nel silenzio assoluto: nessuno sa di lei, conosce il suo dramma, nessuno vede (o vuol vedere) il numero della marchiatura di Auschwitz che Elisa tiene ben celato sotto un cerotto.
Il mondo avrebbe bisogno della sua voce, della sua sofferenza, ma le parole non bastano a raccontare il senso del suo dramma infinito e sempre vivo. La sua vita si normalizza, nasce un figlio. In quegli anni è proprio la maternità il segno della sua riscossa contro i carnefici. Cinquant'anni dopo, proprio questo figlio, Silvio, vuole capire, sapere e lei, per amore di madre, ritrova le parole che sembravano perdute.
Così, a fatica, facendo violenza a se stessa, Elisa inizia a scrivere la sua orribile esperienza, con parole semplici, piane, perché come Liliana Segre, il suo ‘messaggio’ di cordoglio, ma soprattutto di amore, di pace, rivolto alle generazioni future, deve esser ben compreso, per lasciare traccia, retaggio, dietro di sé, il racconto della storia della sua drammatica vita, della sua morte, della sua rinascita.
Nel 1946 Elisa Springer si trasferì in Italia. Ha trascorso buona parte della sua vita a Manduria, in provincia di Taranto.
E’ scomparsa nel 2004.
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