Si intitola 'Sulla soglia' la raccolta di poesie (2016/2020) di cui Maria Mencarelli propone una recensione
Quarto libro di poesie, dopo “Senza Titolo” 1993, “Nel segno” 2010, “Dentro altri giorni” 2016, “Sulla soglia” è una raccolta edita, con accurato ed elegante formato, per i tipi di Amor del Libro del Centro Internazionale della Grafica di Venezia nel novembre 2020
Si compone di 4 sezioni
1. Sulla soglia
2. Fratture
3. Distopie
4. Haiku Denso di spunti e di riflessioni importanti, coinvolgenti, con questo quarto libro la poesia di Rosanna Marcodoppido si fa universale, esce dall’acuta, dolorosa analisi di vissuti personali per immergersi nei temi della vita, del tempo, dell’oblio traguardando l’incognita e la morte attraverso l’evocazione di immagini o pensieri che sembrano sgorgare quasi senza materia.
Già in copertina si presenta con frammenti sospesi e cuciti da fili intricati entro una trama sottile che a fatica ne contiene le forme. S’intitola Autoritratto e annuncia il libro.
È la sintesi, il manifesto poetico della ricerca che Rosanna Marcodoppido intraprende a partire da una cesura, da una finestra, da un punto, metafisico e umano, una soglia che cerca di restituire senso all’oblio che il tempo macina sul passato, ora che il rimanente avanza come un tramonto.
In antri preistorici
s’addensano le ore della notte
mentre inesorabile la sveglia
assottiglia il futuro (p. 9)
Senza disinganni o facili consolazioni. La poesia è azione consapevole, deliberata ma non artificiosa. Lascia all’anima il compito dell’evocazione e mette insieme ricordi, sensazioni, esperienze cucite insieme, non per annullarne le distanze ma per ricomporre la vita e farsene vestito.
S’annida nel nucleo sotterraneo
la parola in cerca di poesia
nascosta come viola marzolina
…
nel silenzio che condensa umori e sogni
scava e scava in cerca di germogli
luminose restie epifanie… (p.13)
Rimandi ad altre opere grafiche dell’autrice che fanno pensare a Maria Lai e al lento lavoro di tessitura e di cura delle donne, arte e riflessione politica, personale, umana che contraddistinguono l’autrice e la sua ricerca.
Resto per vedere chi resta
in lontananza sento chi è andato
pezzi di me che sostano
nell’ombroso cavo del ricordo. (p.10)
Azione di scavo, di deliberata immersione nell’oscurità- trascorsa o futura, che mantiene aperta la speranza e la sorpresa di trovarvi luce, com’è proprio della vita e dell’arte.
Tra l’oscurità del passato che cancella, e il buio del futuro che avanza emergono voci, immagini, frammenti che mantengono intatti vita e mistero, sorpresa e incanto. Non c’è niente da capire o da colmare. Tutto si muove e si trasforma e tutto si accoglie con la corposità dell’attimo che appare.
Troppo lontana per toccarla
l’infanzia
con pelle fremente delle dita
sogno carico di buio
l’adolescenza
il luogo non basta
né volti segnati
ormai da troppi giorni
quietamente si resta
in attesa
del poco che sarà
del pieno che aspetta
ad ogni nuova soglia” [p.11].
Lavoro paziente la tessitura e lo scavo di memoria e di parola, che non si sconforta di fronte al senso cangiante, parziale e approssimativo delle definizioni. E’ un avvicinamento che non conosce approdi sicuri, certi ma che si compie con testarda e amorevole ricerca di senso.
Sta finendo il tempo e non capisco
ancora non capisco
il trapassare delle età delle stagioni
cambiando pelle case orizzonti
a patti sempre con le ambivalenze
facendo pace con le imperfezioni
testardamente avvinta
al multiforme cambiare dei pensieri
verso l’inconoscibile a due passi
la misura trovare del respiro
che lega al mondo e lo slega
a seconda del refolo che arriva
che mai s’acquieta mai” [p.42].
E guarda svolgersi la vita e il suo lavoro di artista come fosse un telaio, come una melodia che si snoda nel verso
Fare disfare
andare tornare sostare
nel liquefatto flusso delle ore
darsi risposte forse sbagliate
tra i segni confusi delle apparenze
e accettare la precaria finitezza
la meraviglia stupefatta del pensare (p.37)
La scrittura aiuta a salvare il tempo dall’oblio del tempo, dalla perdita, dalla dimenticanza, dalle lacune per ciò che è stato o che è
Non sei più qui da tempo
ad offuscare le linee della mano
nulla sarà mai come prima
una consolazione chiara
scenderà come pioggia
a sanare innominabili ferite
tra ferro e ferro il treno
scintille esplode a rischiarare la notte
consumo d’ore e di speranza
questo scrivere e scrivere e scrivere” [p. 35]
È una lunga meditazione sul tempo fatta di improvvisi squarci, materiali e immateriali, doni emergenti dal buio, come nel rito antico dell’incubazione del sogno che guarisce. Maternità, il ricordo del padre, infanzia, terra natìa. Squarci di vita personale, ma in quello dell’autrice trova posto anche il segno di una vita spesa alla ricerca di una definizione di un noi delle donne
In dono m'hanno dato un'altra vita
fiori sgargianti
le donne cercate con amore
nelle pieghe nascoste della storia
per le strade affollate delle lotte
fianco a fianco
nelle stanze a sciogliere pensieri
acque sorgive a rinominare
forma e sostanza
l’umana fatica
d’essere al mondo (p.48)
Anche questo il tempo restituisce se ... si abbandona la frenesia dell'accumulo e si sosta ad ascoltarlo
Invano tenta la mano d’afferrare
inquieto vento fuggente
l’incessante movimento delle ore (p.47)
Questa raccolta davvero pregevolissima, che può essere aperta a caso restituendo alla lettura la potenza di un verso elegante. essenziale, profondo si è aperta con l’opera grafica intitolata Autoritratto che ho citato all’inizio. Sul finale scorgo un altro autoritratto di parole
Incerta linea di confine
vertigine sotto pelle
tra essere e non essere
passato presente e silenzio
l’umido caldo del sangue e umori della terra
dell’acqua dell’aria
piede pesante sul suolo svaporare al vento
di un altro tempo
memoria affollata di voci liquefarsi
confondersi
nell’ampio
più ampio
del nulla.
Fratture si presenta con una grande clessidra che nel passaggio del tempo contiene una spada aguzza e insanguinata. È uno sguardo sul mondo e sui suoi orrori, dai femminicidi ai migranti. Universo doloroso che affonda le sue radici lontane nel mito e nella cultura dominante che non ha parole per lo strazio.
Non esistono marmi
inchiostri impasti di colore
per l’altra umana Pietà
Madri dolenti di figlie stuprate
uccise da maschi conosciuti
amati a volte
o ignoti incontrati per caso
Invano cerchi tra i parchi
nelle piazze nelle penombre dei chiostri
monumenti recanti i nomi
delle tante donne morte di parto
Muta Pietà straziato pianto
le braccia tenere
ad accogliere quello che resta
esposto inerme alla vita
Nelle silenziate lande della storia
gemono tutte
in cerca di segni
di canto di parola
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Distopie si annuncia con un Pentagramma folle è come la trasfigurazione di questi lunghi mesi incollati ai grafici dell’epidemia, dagli intermittenti e sinistri segnali, trasformati in una partitura possibile di nuova armonia. Nel silenzio blindato della città ogni fessura prende un nuovo senso
Accoglienza larga chiede
questa affollata assenza di corpi
e memoria lunga
da custodire come sapere acuto
necessario al presente che verrà
Haiku è annunciato con l’opera grafica, Continuum, una tessitura di parole e di trame. Sono 11 sguardi sul mondo, sulle relazioni, stati d’animo condensati nell’estrema brevità della forma che invitano ad esserci. Poesia come presenza, come modo di guardare la realtà e nominarla, come speranza
Il mare aperto
vorrei e non vorrei
attraversare
Apri la porta
se l’amore finisce
lascialo andare
I panni stesi
raccontano una vita
che oscilla al sole
Maria Mencarelli
Roma, 10 novembre 2021