Il 27 febbraio verrà presentato alla Casa delle Letterature "Le luci di Casablanca", di Valeria Degl'Innocenti (1914-2004). Un'autobiografia di una donna straordinaria vissuta tra tre continenti, femminista ante litteram
Scoprire il manoscritto di Valeria Degl’Innocenti (Firenze, 1914 – Casablanca, 2004) è stata un’incredibile avventura, è stato il mio viaggio attraverso il suo. È accaduto per caso, così, come quasi sempre avviene per le cose speciali.
Stavo svolgendo ricerche matte e disperatissime per il mio libro Schegge di memoria. Gli italiani in Marocco e avevo sparso la voce tra gli italiani di Casablanca: cercavo materiale di famiglia, foto, documenti. In particolare, desideravo fortemente trovare un’opera letteraria scritta da un italiano, sognavo addirittura di scoprire un’autrice, ma forse era troppo. Tutti mi dicevano che non ne esistevano, che perdevo il mio tempo. Eppure sentivo che qualcosa doveva esserci: possibile che tra tanti italiani residenti, nessuno avesse scritto? Iniziavo ad arrendermi, a pensare che mi sarei dovuta accontentare dei diari di viaggio scritti da italiani illustri. Invece un giorno ricevetti una telefonata: “Nostra madre ha lasciato le sue memorie in un cassetto, non so se può interessarle, magari può prendere qualche spunto per il suo lavoro”. Così ho incontrato la nipote di Valeria, che mi ha consegnato il dattiloscritto. Il “bimbo” si presentava impegnativo: 560 pagine battute a macchina, con correzioni scritte dalla mano incerta di una persona anziana. Pensai che gli avrei dato solo un’occhiata, iniziai la sera. Quella notte non dormii: lo lessi tutto. Impossibile per me staccarmi da quelle pagine, erano una calamita e avevano annientato qualunque segno di stanchezza. Mi ero ormai innamorata di Valeria. La mattina dopo presi il telefono e chiamai Linda: “solo uno scrittore riesce a tenere incollato così il lettore, questa è letteratura, questo libro va pubblicato”. Dall’altra parte della cornetta sentii un silenzio carico di emozione, poi con un filo di voce mi rispose: “era il sogno di mia nonna. Ora non tornerò sulla sua tomba finché non avrò il suo libro”.
Da allora sono passati alcuni anni. C’è voluto del tempo per digitalizzare il testo, ripulirlo e riportarlo alla sua lingua madre: l’italiano. E poi la vita si è messa in mezzo, a volte mi portava lontano da Valeria, che mi mancava.
Non è stato facile ridurre il testo. Molti i passaggi che meritavano di essere conservati, ma nessun editore avrebbe pubblicato un volume di oltre 500 pagine. L’autobiografia è scritta in francese, un francese delizioso, a tratti “fiorentinizzato”, che accompagna con estrema leggerezza il lettore. Insieme con la sua famiglia abbiamo scelto che la storia di Valeria Degl’Innocenti vedesse la luce innanzitutto in Italia, perché è lì che è nata ed è alla sua Firenze che è rimasta sempre molto legata. “Mi ero riconciliata con la mia città, disprezzata e detestata durante la mia infanzia. Ora scoprivo le sue innumerevoli bellezze. Come si può godere di qualcosa, per quanto bella possa essere, quando si ha la pancia vuota e il cuore stretto?”.
Ho scoperto molti italianismi squisiti (marmelade, capochon, basta, imbroglio, endosser, portier, ritournelle, un tantinet). Ho ammirato il suo femminismo ante litteram, la sua ribellione verso una società che voleva piegarla alle regole sociali, e che la voleva sposata a un “bravo ragazzo”. A ogni rilettura ho visto la storia sotto un’altra luce, l’ho rivissuta con rinnovato entusiasmo e curiosità.
Valeria Degl’Innocenti ha vissuto un’esistenza totalmente fuori dalle righe e dai canoni dei suoi tempi: una giovane donna libera e ribelle in giro per il mondo, in tempi in cui la donna deve essere solo l’angelo del focolare. Ha attraversato Paesi e continenti (Europa, America e Africa) indossandone le vicende e i colori.
La sua storia si intreccia con quella dei luoghi che abita: la povertà dei vicoli fiorentini negli anni Venti tra case senza acqua né luce, le foglie di cicoria usate come rossetto, la seconda guerra mondiale vista dagli Stati Uniti, il maccartismo americano, l’esilio di Mohammed V dal Marocco, il protettorato francese e il risveglio dell’identità nazionale marocchina, fino all’indipendenza.
Del 1985, per dieci anni, batte a macchina i ricordi della sua vita, con l’idea di lasciare ai figli e ai nipoti la traccia di un’esistenza così singolare. Ma le prende la mano, e il risultato è qualcosa che va oltre.
Una donna eccezionale, intelligente, brillante e coraggiosa, che attraversa con estrema eleganza e incredibile versatilità le molteplici tappe della sua vita.
Si ride, ci si commuove, si segue l’avvicendarsi degli eventi senza mai stancarsi, tutto d’un fiato, cadenzati da una costante autoironia, uno stile tagliente e teatrale e una meravigliosa gioia di vivere.
A libro chiuso, rimane il desiderio di poter incontrare il sorriso di Valeria, anche solo per un istante. Anche solo per un tè alla menta.
Roberta Yasmine Catalano
(dalla prefazione di "Le luci di Casablanca", Infinito Edizioni)
Il romanzo sarà presentato alla Casa delle Lettrature a Roma il 27 febbraio alle 17:30, alla presenza della curatrice Roberta Yasmine Catalano, lil Sottosegertario agli Esteri Vincenzo Amendola, l'Ambasciatore del Marocco Hassan Abouyoub e la nipote dell'autrice Renata Thieck Alami
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