Login Registrati
 Donne e cura delle città. Intervista a Pinuccia Montanari per il Festival di Bioetica

Donne e cura delle città. Intervista a Pinuccia Montanari per il Festival di Bioetica

Le pulsioni distruttive della politica maschile e la diversità delle donne quando interpretano l’amministrare non come dominio ma rimodellando la società in una visione ‘etica della relazione’

Domenica, 02/08/2020 - La dr.ssa Pinuccia Montanari ha seguito molti progetti finalizzati alla sostenibilità ambientale sia sul piano teorico sia sul versante dell'attuazione pratica; ha infatti lavorato a lungo nell'ambito accademico e ha avuto esperienze nella Pubblica amministrazione tra l'altro, anche come assessora al Comune di Roma Capitale. Al Festival di Bioetica , organizzato dall'Istituto Italiano di Bioetica il 27 e 28 agosto 2020 a Santa Margherita Ligure, il suo intervento porta il titolo "Le donne si prendono cura della città".

Quando parla di prendersi cura della città, a che tipo di cura si riferisce? Perché le donne devono prendersi cura della città?

Mi sono occupata nel tempo, del rapporto tra l'essere donna e il nostro vivere nella dimensione sociale e politica. Una premessa: come la natura è stata nei secoli oggetto di dominio, da sfruttare, possedere, devastare, spesso purtroppo anche le donne, soprattutto le più fragili, sono state, anche impunemente, oggetto del dominio maschile. Questa una prima premessa.
L'altra premessa che ritengo ineludibile riguarda invece il mio appartenere al labirinto donna e quindi ad un universo che, in tempi recenti ha prodotto una durissima critica alla politica, alle pratiche politiche maschili. Premetto che non si tratta di archeologia del femminismo, ma di problemi veri che alcune donne hanno riportato a consapevolezza e coscienza. Da anni si parla di disagio della politica. Perché questo disagio? I luoghi, i tempi, i modi, gli stereotipi del linguaggio della politica, la sua inautenticità hanno contribuito a soffocare, in tante occasioni, il nostro bisogno di essere e a farci irrimediabilmente fuggire da essa.
Poiché già a fatica riusciamo a capire chi siamo, cosa vogliamo da noi stesse, cos'è il nostro essere donna con noi stesse e con gli altri, figuriamoci quale violenza dovremmo esercitare su di noi per poterci identificare con progetti globali, fuori di noi. In questa incertezza il linguaggio della politica, linguaggio artificiale, rende ancora più problematico l'universo della politica, e ne accentua il disagio. Tutti coloro che si affacciano a questo orizzonte dovrebbero porsi il problema di come guarire da questa patologia linguistica: come ridare spessore al linguaggio, significato e profondità? Come essere noi a parlare e non "essere parlati" dal linguaggio degli altri?
Nell'universo della politica si affermano normalmente pulsioni distruttive, aggressività, competitività che molti studiosi definiscono componenti essenziali della natura umana, approdando ad un conseguente atteggiamento pessimistico e disincantato. La politica che è stata per tanto tempo "la casa dei sogni" sembra essere divenuta la casa dei fantasmi. È molto difficile, anche per molte muoversi in questa condizione spettrale.
Ci sono però domande rispondendo alle quali è forse possibile uscire da questa condizione che genera poi, nel qualunquismo diffuso, reazioni politiche diverse. In primo luogo noi dovremmo sapere interpretare il disagio della politica e non divenirne succubi. Poi nella pratica amministrativa occorrerebbe far prevalere la dimensione della relazionalità anziché del dominio, forse sarebbe possibile avere davvero cura delle città. Avere cura della città significa per me avere una relazione positiva, non di dominio, nei confronti della realtà ovvero costruire insieme il Bene Comune. In questo senso io ritengo che il mio approccio e quello di tante altre donne possa iscriversi nella prospettiva dell'ecofemminismo. I punti chiave li abbiamo elaborati nel Documento programmatico sulla Laudato Si, un'alleanza per il clima, la terra, la giustizia sociale. Ne cito alcuni:
1.liberazione delle donne, della natura, del vivente
2.Valorizzare la differenza femminile
3 Sradicare la violenza contro le donne
4 Incentivare attività di empowering delle donne . "Occorre modificare le relazioni di potere nei diversi ambiti del vivere sociale e personale, per fare in modo che esperienze, conoscenze, aspirazioni, bisogni,opinioni e obiettivi delle donne siano seriamente presi in considerazione e sia data loro la possibilità di partecipare ai processi decisionali in ambito politico, economico, culturale, sociale". Un esempio i saperi della terra che ci aiutano a conservare le biodiversità dei luoghi sono dimenticati e invece costituiscono, soprattutto i saperi delle donne contadine, patrimonio di biodiversità. Storicamente l'ecofemminismo ha avuto uno sviluppo eterogeneo. Esistono tuttavia almeno due correnti di pensiero, a seconda del modo di intendere l'identità femminile. La prima, l'ecofemminismo di tipo classico, è essenzialista e spiritualista, e considera le donne come esseri biologicamente e ontologicamente più vicini alla natura e al suo sistema. La seconda, cosiddetta costruttivista, cerca su basi più scientifiche di analizzare le condizioni storiche ed economiche nelle varie società e creare connessioni metodologicamente più dimostrabili. In questa seconda corrente è interessante l'analisi di Janet Biehl, che critica l'idealismo comune a molte ecofemministe: troppo incentrato su teorie mistiche d'un collegamento della donna con la natura, e non sul metodo scientifico né sulla condizione concreta delle donne. Questa diversità di posizioni è stata oggetto di studi da parte di Alicia Puleo, dell'Università di Valladolid, che ha coniato ciò che definisce «ecofemminismo illuminato». Questa prospettiva mi interessa molto. Quando parlo di cura della città intendo che certe prospettive devono essere considerate come espressione di un modo diverso di gestire la città: faccio un solo esempio, la privatizzazione dei servizi pubblici essenziali non va nella direzione della cura della città.

Pensa a qualche particolare esperienza?

Come ho raccontato nel mio libro 'Racconti e ricordi sparsi' le donne hanno significato molto nella mia esperienza e formazione politica dal coraggio della mia mamma che portava i messaggi ai partigiani durante la Resistenza, alla Sindaca di Genova Marta Vincenzi che tanto mi ha insegnato con il suo esempio, a tantissime colleghe di Giunta a Roma come Flavia Marzano, Rosalba Castiglione, Laura Baldassarre. Se a Roma molti atti coraggiosi in Giunta sono stati approvati è stato grazie alla determinazione di noi donne assessore, sempre presenti a garantire il numero legale, anche nei momenti difficili. In questo periodo di lockdown molte di noi hanno scritto diari dalla quarantena. Anche io l'ho voluto fare e ne ho tratto 25 lezioni da imparare.

Le donne e le città - nome comune femminile, non a caso - hanno secondo lei, o dovrebbero avere, una particolare relazione ?
Non arrivo a pensare ad un governo delle donne perché molte, purtroppo, ripropongono logiche molto maschili (di dominio) - vi sono aspetti culturali e storici che vanno approfonditi - ma nella mia esperienza le più importanti condivisioni e risultati positivi li ho raggiunti nelle città amministrate con donne coraggiose e con uomini la cui pratica era molto vicina alla sensibilità femminile. Noi dovremmo ripensare le città, soprattutto le periferie, la mobilità confrontandoci con le esigenze, le esperienze di vita vissuta delle donne; forse per molti problemi la soluzione sarebbe più vicina. Il superamento del tempo maschile utilitaristico, dominato dalla ragione strumentale, la rivendicazione dell'autenticità soggettiva contro il luogo comune del rispecchiamento della realtà oggettiva, il rifiuto della imbalsamazione dell'esperienza viva nelle forme della politica, la capacità di affrontare la dimensione del conflitto contro la tendenza ad aggirarlo sono motivi e stimoli che non possono lasciarci indifferenti e nei quali io individuo possibili percorsi per cambiamenti.
Mi sembra poi molto importante riflettere su di una critica molto forte all'idea di sviluppo, frutto di presupposti riduzionistici.
Penso a Vandana Shiva, alla diversa concezione della natura, e al modo non violento di viverne il rapporto. A Roma con Vandana abbiamo bevuto l'acqua pubblica dai tipici nasoni, le tantissime fontane che ancora celebrano da secoli l'acqua come Bene Comune. (vedi foto)
Le donne e i contadini del Movimento Chipko che abbracciano gli alberi della foresta per opporsi al loro abbattimento diventano l'espressione di quel "principio femminile" che può guidare gli sforzi umani ad una convivenza armonica e integrata con l'ambiente.
L'accusa rivolta a scienza, riduzionismo, razionalità commerciale, spirito colonialista occidentale costringe a rimettere in discussione il concetto stesso di ecologia. Le donne possono riuscire a scalfire la cultura dell'aggressione e del dominio per avviare una società basata sulla valorizzazione delle interdipendenze, di una nuova ‘etica della relazione’, ritrovando la strada per rimodellare la dinamica dei e tra i generi, assumendo un ruolo protagonista a sostegno non già dello ‘sviluppo’, ma della vita.
Un altro tentativo di critica alla politica viene dalle donne che si sono scontrate con una pesante malattia del sistema sociale e politico italiano: la mafia e le mafie. Solo inaugurando un nuovo rapporto con la politica é possibile capire a fondo la violenza della mafia e creare le premesse per un'esistenza cambiata.
Molte di noi si sono soffermate su questo nodo importante: donne, mafia, corruzione e politica. Spesso anche nelle prassi politiche più avanzante vi è una specie di rimozione: la presenza nel nostro paese della mafia testimonia della politica come esercizio violento del potere contro la gente, contro le donne, politica come speculazione edilizia, potere clientelare, ecc.. , meccanismi ai quali raramente la politica, l'economia e le istituzioni riescono a sottrarsi, anche nei luoghi tradizionalmente non occupati dalla mafia.
Molte donne coraggiose hanno trasformato in lotta il dolore che le ha colpite, coscienti che il ramificarsi del circuito della violenza trascinava con sé pesanti conseguenze per la vita quotidiana di tutti, uomini e donne. La cultura della violenza rafforza fenomeni quali l'arroganza, la prepotenza incrinando i rapporti personali che finiscono per reggersi sulla omertà, il terrore, il ricatto.
Violenza urbana, incremento del potere mafioso e pressione sugli Enti Pubblici regnano parallelamente nelle città e la rendono invivibile sia nei rapporti umani che nella quotidianità sociale.
Di fronte alla crisi delle ideologia - si sono domandate molte donne - è ancora possibile pensare alla politica come risposta ai problemi che un contesto così dominato dal potere mafioso pone?
Dunque a partire dalla condizione soggettiva di ognuna è necessario individuare, nella pratica politica, strategie che abbiano come obiettivo uno sviluppo integrale delle persone e consentano di valorizzare e difendere ogni aspetto della vita umana: l'affettività, la creatività, la sensibilità psichica, la corporeità, la sacralità, ecc...
Questo percorso che nasce e attraversa molti gruppi di donne è forse un modo tramite il quale molte donne - e anch'io - hanno cercato di far fronte al disagio della politica.
Credo che oggi essere, in quanto donne, critiche nei confronti dell'esistente, ci imponga di confrontarci seriamente con queste suggestioni ed esperienze per partorire così pratiche politiche ed amministrative meno violente nei nostri stessi confronti e nei confronti di cittadine e cittadini e, dove possibile, più vicine alla idea di città quale luogo di relazioni positive, di sostenibilità ambientale e di vita e non di dolore e sofferenza.

A cura di Tiziana Bartolini


Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®