Sabato, 18/01/2025 - I Centri Diurni per persone con disabilità non sono inclusivi - molto male - eppure a Roma un’operatrice sociosanitaria ha realizzato un progetto che si è rivelato inclusivo.
Giulia è una donna sportiva che pratica jogging. Una mattina, andando al lavoro ha un’idea: formare un gruppo corsa per gli utenti del padiglione 9 del presidio di Santa Maria della Pietà, dove coesistono due diversi servizi della ASL Roma1 entrambi per disabili adulti: un servizio semiresidenziale diurno - ex articolo 26 - e un servizio residenziale (RSD). Gli operatori di entrambi i servizi fanno parte della cooperativa sociale Seriana 2000.
Giulia è responsabile di un servizio e il gruppo corsa che è stata autorizzata a formare è composto da sei persone con disabilità e due operatori (lei e il fisioterapista Valerio). I componenti del gruppo hanno accettato di farne parte e sono per metà ospiti della residenza e i restanti sono utenti del diurno, come mia figlia Arianna.
Il presidio di Santa Maria della Pietà include un parco pubblico e l’idea di Giulia è di praticare un’ora di corsetta, alternata a una camminata veloce e allo stretching e di concludere con una pausa con lettura del brano di un libro, oppure scegliendo un argomento sul quale aprire una discussione che, mentre ci si rilassa e si fa merenda, coinvolga tutti, ciascuno al livello al quale si pone. Dice la direttrice del servizio che in questi momenti di confronto - sintesi della mattinata trascorsa insieme all’insegna del movimento - si è osservato che emergono inaspettate capacità di esprimere emozioni e sentimenti che in persone con quel grado di fragilità restano solitamente sopite, come se all’aprirsi al mondo corrispondesse un’apertura al proprio mondo interiore, con un miglioramento repentino delle capacità di relazione e comunicazione.
E per un po’ il progetto va avanti così, poi, un giorno, Giulia e Valerio si dicono che potrebbero sconfinare, fare merenda al bar di fronte al presidio, e questa divagazione viene accolta con entusiasmo dal gruppo. Fatto è che uscendo dal presidio, attraversando la strada per raggiungere il bar si deve attraversare una ciclabile, e, ecco, si accende un’altra idea: Un giorno potremmo andare correre sulla ciclabile!
Detto, autorizzato e fatto, il martedì successivo, il gruppo di volenterosi si avventura sul tratto della ciclabile che dal quartiere Monte Mario conduce al cancello che sta di fronte al Policlinico Gemelli.
Lungo il percorso, però, i corridori trovano aree giochi molto malmesse e trascurate. Ciò per alcuni di loro, persone con autismo quali mia figlia Arianna, è molto disturbante. Si esce nel mondo e, ecco, subito due impedimenti: la non accessibilità dovuta all’incuria e l’insormontabile difficoltà di fare capacitare una persona con autismo di livello 3 di un tale degrado.
Così, Giulia e Valerio si trovano a dover scalare il loro stesso progetto e cominciano a farlo cercando l’ufficio competente del Comune di Roma al quale segnalare la situazione, e dopo aver chiamato non so quanti numeri, insperabilmente, riescono a parlare con un responsabile, a riferirgli non soltanto della pericolosità ma anche delle implicazioni che di un tale degrado derivano al gruppo
Ovviamente, non abbiamo contezza se sia in conseguenza di quella segnalazione che, un martedì, sulla ciclabile il gruppo trova transennate per lavori in corso proprio quelle aree. Fatto è che sono state ripulite, sistemate e attrezzate anche per fare degli esercizi di ginnastica!
Nel frattempo, i gruppi sono diventati due, gruppo martedì composto da sei partecipanti e due operatori e gruppo giovedì composto da nove e tre (Giulia, Valerio e un’operatrice che si alterna a un’educatrice), e oltre agli ospiti della residenza e agli utenti del diurno entrano a farne parte anche utenti ambulatoriali, esterni al padiglione 9, come mia figlia maggiore Chiara, e andare fuori sulla ciclabile diventa la regola … e la storia dei gruppi corsa martedì e giovedì diviene una trama su vicende intrecciate con quelle del mondo.
Mia figlia maggiore Chiara corre parecchio, ma un giorno vede davanti a sé una cacca di cane e per schivarla sconfina nella corsia affianco, ma vedendo arrivare un ciclista rientra subito. Purtroppo, il ciclista ha il suo carattere, come riferirà Chiara, la quale aggiunge: Capita! L’uomo si ferma arrabbiato aggredendo verbalmente Chiara e Giulia. Alza parecchio la voce di fronte ai componenti del gruppo che se lo guardano, e ciò non gli fa onore, perché le persone con una disabilità non hanno difese proprie, oltre al fatto che sulle ciclabili i pedoni vanno rispettati, che è così per quella ciclabile, visto che non ci sono percorsi alternativi per chi voglia camminare o correre all’aria aperta e non in mezzo al traffico cittadino.
Mentre accade questo spiacevole episodio, a causa di barriere sociali quali sono la maleducazione e l’arroganza che tutti incontriamo nel mondo, si trova a passare di lì un giovane in compagnia del suo cane nero. Capita spesso che l’uomo incroci i due gruppi e, anche se non li conosce di persona, gli ribolle il sangue e si ferma indignato intimando al ciclista di non alzare la voce: Perché sono donne lo fai! È facile aggredire le persone fragili e le donne. E il ciclista se ne va, mentre nasce l’amicizia con Gianluca, che adesso quando li incontra s’intrattiene volentieri con loro per percorrere un tratto insieme.
Ma Gianluca e il suo cane Iago non sono le uniche conoscenze dei gruppi corsa.
C’è Luis, che fa ginnastica nella stessa area dove si fermano i gruppi a fare gli esercizi, il quale, un martedì, ha portato sua moglie e il suo bambino di otto mesi per fare conoscere loro la sua famiglia e viceversa.
C’è la coppia di benevoli anziani, che fa il tifo quando passano correndo.
C’è il signor Alberto in sedia a rotelle, che obbliga il suo badante, a suo dire poco atletico, a fare ginnastica con loro.
C’era la famiglia indiana con la quale si davano appuntamento per correre insieme finché non si è trasferita altrove.
E ci sono diverse persone frequentatrici del posto, che quando li incontrano chiedono loro come stanno, quanto si fermano e le cose gentili del vivere socievole che ci chiediamo fra conoscenti quando si hanno rapporti civili.
Che dire, ci sono tante cose che non vanno e io per prima sono moooolto critica con i responsabili dei servizi, ma questi due gruppi corsa autoinclusivi, a sentire le storie di ritorno, sono belli e amabili poiché portatori di una verità che ci riguarda tutti: la nostra grande fragilità.
Il mondo non è un luogo ideale e per chi sia in condizione di fragilità estrema, sicuramente, esporsi a esso è rischioso. Tuttavia, io adoro il desiderio che queste persone fragilissime hanno di esserci esattamente per quel che sono singolarmente e anche la loro innata capacità di “percorrere con naturalezza un tratto insieme”… che per me questa è già inclusione.
Sono talmente armoniosi che l’operatrice Laura e l’educatrice Donatella del gruppo giovedì discutono ogni volta su chi tra loro due debba accompagnarli, racconta Giulia, contenta ma anche fiera di riuscire a fare bene nel suo piccolo, che invece, secondo me, quel che fa è una cosa grande, che anzi sulle avventure dei gruppi martedì e giovedì dovrebbero farci una fiction educativa!
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