Un libro di versi nuovi e sorprendenti che molto dicono di tutti noi
In questo recente libro di Matilde Tortora intitolato “Abbecedario del Bosco” pubblicato a fine aprile 2022, La Mongolfiera Editrice, si incontrano diverse donne di epoche diverse, donne di oggi che vivono in città con ai piedi erbe pioniere, che sperimentano brusche frenate e ruote stridenti, donne che sostano su gelide panche ai dopo pranzi altrui abbandonate, Edith Piaf sorpresa e spaventata tra il fogliame, Marie Alacoque extracomunitaria che serve uova cotte a puntino a colazione, Costanzella Calenda la medichessa del IX secolo e altre ancora.
In controluce, il più crudele dei sette nani, lo studente Raskol’nikov, un Dio padre assente, Geppetto, Pinocchio, un certo Bastian contrario, un Angelo ritardatario, un tale ossequioso massaggiatore ed altri.
L’erotismo del bosco. L’arte di essere bosco. Biancaneve rimasta sola in città ad aspettare, Vulcano che si esercita a divenire fabbro, la Montagna che s’avvia giù in basso a prendere la metropolitana. "L’abbecedario del bosco" è un libro di versi nuovi e sorprendenti che molto dicono di tutti noi.
In esergo al volume i versi di Emily Dickinson: “il grazioso popolo dei boschi / mi riceve cordialmente, /i ruscelli ridono più forte quando arrivo”. Ma sarà vero? - si chiede Matilde Tortora in questo suo nuovo libro che riserva ai lettori sorprese a ogni pie’ sospinto, per come la poeta sa condurci nel “bosco” con versi bellissimi, originali e sapientemente costruiti, non a caso Ella ha all’attivo anche diversi libri di poesie pubblicati negli anni e prestigiosi premi di poesia ottenuti.
Matilde Tortora è poeta, scrittrice e saggista, ha pubblicato molti libri, alcuni tradotti anche in altre lingue. Nel 2000 è stata insignita del Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
In copertina: “Nel cerchio del ponte” opera di Gisella Meo, fotografia, acetato trasparente, filo, su tavoletta 29,6 x 20,9, anno 2021, per gentile concessione dell’artista.
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Sto nella domenica
come da piccola
scendevo dalle tue ginocchia,
la sedia mandava scricchiolii
e tu lasciavi andare la mia curiosità
fin nelle ossa della bambola rosa
un po' amata
molto fatta a pezzettini.
Sto nella domenica
con la stessa curiosità:
ora è l’intero bosco
che manda scricchiolii.
La vita ferveva,
mandava voci,
suoni curvi.
Il bosco
aveva fornito
ceppi adatti.
Vulcano,
per mandato,
s’esercitava
a conseguire
licenza
d’artigiano
sul capo,
sulle ossa mie
bambine.
Sono il gingillo
di agrifoglio e vischio
messo alla porta d’entrata
e poi lasciato lì, dimenticato.
Abito sul pianerottolo
tutto l’anno, vedo ladri
passare, sulle scale morti
portati via, spose imbandire
con riso l’androne e di ogni
chicco, spentasi l’eco, imparo
l’estrema pericolosità, a volte
mi cibo di questo riso crudo
e ne conservo un poco per
scivolarci su, farne altalena.
Servono donne marocchine
nel mio albergo a Vienna
uova à la coque cotte a puntino.
Hanno appreso da selve,
da boschi, dalle fascine
l’esatto conio del fuoco.
Marie Alacoque fa capolino,
rompo il guscio dell’uovo,
vi intingo il pane,
la giornata può davvero
adesso cominciare.
Quanto poco durano le cose,
neanche il tempo di un poco
provvedersi, d’uno sfamarsi,
nell’ampio refettorio sola
seduta al tavolo stavo,
lenta mangiavo
per troppa devozione
ai dopo pranzi altrui
abbandonata.
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