Martedi, 23/03/2021 - “Volevamo creare un sistema virtuoso di economia circolare, a livello locale, legato agli allevamenti di bufale tipici dell’Agro Pontino. Ci siamo rivolte all’assessora Patrizia Ciccarelli, la quale ha visto la possibilità di coniugare il nostro progetto con quello del Centro Donna Lilith finalizzato all’inclusione sociale delle donne vittime di violenza di genere attraverso il percorso di borse lavoro promosso dal Dipartimento delle Pari Opportunità con il Comune di Latina”. Da questo intreccio nel 2019 ha preso avvio ‘la.b’, un laboratorio di pelletteria artigianale femminile la cui mission è il reinserimento lavorativo. A raccontarcelo è Mara De Longis, una carriera ventennale nell’alta moda e tra le fondatrici del marchio il cui tratto caratterizzante è la lavorazione della pelle di bufala. “Queste pelli sono segnate dalla vita in allevamento e dallo scornamento. Sono pelli imperfette, attraversate da segni che non possono essere cancellati e quindi inadatte all’industria fashion. Invece per noi questi segni sono da enfatizzare perché li ricolleghiamo metaforicamente al dolore delle nostre ragazze, per le quali l’obiettivo non è la negazione o la cancellazione del vissuto precedente, ma la valorizzazione delle potenzialità di ciascuna”.
Ogni borsa è così un unicum che racconta tante storie. “Sì, è una narrazione che si dipana su più livelli. Non a caso i modelli della prima collezione hanno i loro nomi: Nadia, Sofia, Arianna…. una firma che è anche un modo di metterci la faccia, quasi una materializzazione della ricerca di se stesse”. Con quel segno rosso fissato tra ‘la’ e ‘b’ del marchio che è il ‘sé’ dal quale sono ripartite e che, spiega la presidente Sofia Salvati, “è il filo rosso che cuciamo rigorosamente mano in ogni prodotto, un marchio originale di qualità e unicità; ogni borsa, ogni modello è espressione di ciascuna di noi, ci rappresenta anche caratterialmente”.
Mara, in occasione della nostra visita per il progetto sostenuto dalla Regione Lazio ‘Donna, Sicurezza, Legalità’, illustra il percorso compiuto sinora da questo sodalizio davvero speciale. “Quando abbiamo iniziato la formazione, ogni ragazza era un mondo a se stante e il percorso si è strutturato sia nell’ambito laboratoriale sia sul confronto con sé e con l’altro perché abbiamo capito subito che non era sufficiente curare solo le competenze artigianali. Vederle aprirsi ad accogliere nuove possibilità è stato il traguardo più importante che abbiamo raggiunto durante l’anno di formazione. Una volta terminato il corso abbiamo capito che potevamo andare oltre, che potevano riconoscerci in una serie di valori che trovavano sintesi nel marchio, nel brand”.
La passione con cui Mara e Sofia illustrano il cammino compiuto e le idee future è contagiosa perché muove da bisogni autentici e tangibili. “Questo è un progetto corale in cui tutto ha funzionato, a partire dall’istituzione che ha dialogato con il privato. Chi ci lavora è convinto dell’utilità e dell’importanza del lavoro che facciamo, al di là del ritorno economico che, tra l’altro, al momento non c’è. Non è un caso se all’inizio, a settembre 2019, abbiamo sentito la necessità di visitare un allevamento: senza annusare gli odori, vedere i colori o affondare i piedi nel fango delle bufale non avremmo potuto raccontare questa storia”. Una storia che contiene una sua forza intrinseca per l’insieme dei valori che la attraversano, per cui “non c’è bisogno di marketing o di costruzioni commerciali” conclude Mara.
E non si può che concordare osservando come queste 7 donne che hanno dai 32 ai 57 anni, arrivate da mondi distanti e differenti, si muovano nel loro laboratorio in una proficua sintonia presidiando, ciascuna, il proprio raggio di competenze: dalla tintura alla cucitura alla promozione. Davvero brave Mara, Marianna, Arianna, Sofia, Vincenza, Hellen, Elena, che stanno progettando “una borsa grande, simbolo dell’accoglienza che sarà l’idea-guida della nuova collezione”.
Lascia un Commento