L’asteroide che noi stessi siamo

L’asteroide che noi stessi siamo, racconto di Matilde Tortora

Voglio subito in questo fine d’anno dire ai miei “venticinque lettori” che probabilmente saranno molti di meno che, ogni qualvolta guardano un film, dovrebbe stare loro a cuore di scorrere con lo sguardo tutti, proprio tutti i titoli di coda fino a che essi abbiano cessato di scorrere.

Chissà perché, appena compare la parola FINE ad un film, la maggior parte degli spettatori distoglie la sua attenzione, lascia la sala al cinema, spegne la TV, cambia canale!

Credo che in questo comportamento qualcosa pure abbia a che fare la parola CODA…

Io è da sempre invece che li lascio scorrere, ne assaporo anche le musiche che li accompagnano i titoli di coda dei film, anche se non sempre devo ammettere le musiche abbiano poi un nesso stretto con il film che s’avvia alla sua conclusione, quella vera.

Per il film che ho visto iersera tutto invece aveva uno stretto inscindibile legame anche nei suoi titoli di coda. E devo aggiungere per i miei pur pochi “lettori” che qui non scriverò del film ma, appunto e solamente, dei suoi titoli di coda. Anzi solo di questi pochi righi di cui ho fatto lo screen shot e che pongo a corredo di questo testo, al suo inizio e lascerò, essenzialmente, a loro di parlarvi.

A volte le rovine, i massi, le caverne stanno all’inizio di un film e ne abbiamo di film siffatti che si sono incastonati come pietre miliari nello sguardo di noi spettatori e nella storia del cinema. E, in questi celeberrimi film, personaggi dotati di code appaiono fin da subito …

Non essendo questo testo la recensione ad un film che ho visto ierisera, ma una riflessione a latere di esso, non aspettatevi, cari miei pochi lettori che io faccia menzione di alcun titolo di film, starà a voi dirvelo nella mente.

Scorrevano ieri sera i titoli di coda, io nel pomeriggio ero incappata nei righi scritti in rosso dalla Compagnia Aerea “viaggio sconsigliato” proprio mentre mi accingevo a fare il check-in…per il volo da mesi prenotato per gli UK.

Le dita d’improvviso ghiacciate sulla tastiera del computer, mi sono sentita irretita, imbrigliata. Come da bambina, a scuola, a scorgere quel fregio rosso calcato sul foglio dalla maestra ad alcuni errori evidenziati in tal modo.

E, come allora, mi è venuto quasi di voltarmi e accertarmi di essere tutta umana, senza propaggini e parentele di lontano.

“Sono triste come una galleria” – mi sono detta allora parafrasando un poeta “da me fuggono via gli uccelli”, mentre scorrevano i titoli di coda del film nuovo appena uscito e che stavo completando di guardare nei suoi lunghissimi titoli di coda.

Mi sono pure detta “Le piace Brahms?”, mentre dalla terra ruinata dall’asteroide mi è apparsa in mente Ingrid e Meryl che è, nessuno può dubitarne, la sua più mirabile epigona oggi anche in questo suo ruolo di algida super cattiva.

Quanto dappresso ieri sera mi sono sentita anch’io all’asteroide rovinato su di me per essere stata così saggia, così previdente con quelle dita ghiacciate sui tasti del computer…

Avevo detto che non avrei fatto menzione di alcun titolo di film. Mi accorgo però che di uno ho detto il titolo, forse perché nel titolo stesso c’è il mio amato Brahms, forse perché pure il ricordarlo ancora, qualcosa dice pure dell’età che ho e del perché di quelle mie dita ghiacciate ieri pomeriggio.

Chi potrà mai dire, mai raccontare se davvero quello che ho perso sia lì, in quella nuvola che oggi per tutto il grigio giorno ha campeggiato in cielo. E se, infine, possiamo alzare gli occhi in alto e che cosa mai lì scorgeremo!

Certo, tuttora, ci soccorre il verso di una poesia, una musica, un film. Ammesso però che del film, di questo che ho visto ieri sera, ne guardiamo tutti, fino in fondo, i titoli di coda.