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L’arte del dire di Anna Leonardi

L’arte del dire di Anna Leonardi

Un libro che 'ci consegna una riflessione sulla lingua parlata'

Martedi, 04/06/2024 -

"L'ARTE DEL DIRE. La metamorfosi del linguaggio" (Armando editore), il libro di Anna Leonardi che osa accostare due parole che sembrerebbero distanti, ma qui vedremo che non lo sono affatto, “l’arte” al “parlare”, così tanto ricco di riflessioni argute e per molti aspetti del tutto nuove, ci consegna una riflessione sulla lingua parlata, che ancor più in questa nostra epoca che definire parolaia è dir poco, ed è un dono davvero prezioso che si destina motu proprio a tantissimi lettori.

In questo libro, pubblicato nel 2023 dall’editore Armando, c’è persino una Postfazione (a sua insaputa) di Michele Serra in cui leggiamo “La coscienza che le parole sono importanti è quasi ovvia per uno scrittore, per il quale le parole sono davvero tutto. Ma dovrebbe diventarlo per tutti, perché le nostre parole, qualunque lavoro facciamo, qualunque posizione sociale occupiamo, ci rappresentano, ci descrivono, parlano di noi anche quando ci scagliamo contro gli altri, o le sprechiamo sciattamente”.

A cominciare dagli eserghi che l’autrice ha apposto al libro, esso già “parla” con “arte”, dei tre eserghi in particolare riporto questo: “Le parole sono di tutti e invano / si celano nei dizionari / perché c’è sempre il marrano / che dissottera i tartufi / più puzzolenti e più rari” Eugenio Montale, Le parole da Satura.

Persino il sommario traccia inusitate traiettorie, spaziando, ne cito qui solo alcune, da “Rompere il silenzio (c’è modo e modo di rompere il silenzio)” a “La spina dorsale del suono” a “Ortoepia” che, apprendo, è l’esatta pronuncia delle parole, dal greco ortos (regolare) ed epos (parola): “Ne consegue che, ai fini della conoscenza della lingua, ortografia e ortoepia hanno la stessa importanza; come si spiega allora che a scuola l’ortoepia non la prende in considerazione nessuno? Nessuno la insegna, nessuno la corregge?”.

L’arte del dire, come tutte le arti, ci dice l’autrice, ha ovviamente i suoi codici, le sue tecniche e anche le sue regole e in questo libro, ce le fa comprendere, non con la seriosità di un trattato o di un verboso saggio, anzi tutt’altro, con giochi verbali, scioglilingua, filastrocche, perfino con ricette di cucina ortofoniche e “in collegamento con numi tutelari, illustri o popolari”.

Non a caso il libro reca il sottotitolo La metamorfosi del pensiero, attento esso com’è al passaggio dallo “stato gassoso del pensiero allo stato solido della parola pronunciata, quando, attraverso la fisicità del parlante, diviene essa stessa fisica: oggetto nello spazio della comunicazione, con un suo volume, un suo peso,un suo colore e perfino un suo sapore”.

D’altronde Anna Leonardi ci consegna qui la summa della sua lunga, intensa frequentazione con “l’arte del dire”, diplomata all’Accademia di Arte drammatica Silvio d’Amico, è stata attrice, doppiatrice e una delle voci più popolari di RadioRai, dove ha lavorato per 25 anni come conduttrice, regista, autrice di programmi e di sceneggiati e ora dirige una scuola di Teatro a Spoleto, sua città natale.

Non a caso è stata anche coautrice  con Catherine Spaak di Harem per Rai3, in cui per davvero abbiamo avuto il piacere di “ascoltare” parole e che oggi credo manchi molto al nostro ascolto; il primo degli eserghi di questo libro  che, ripeto, è nel contempo lieve e profondo, è questo: “Se tu sei intelligente, ascolta quanto si dice e sta’ attento al suono delle mie parole giacché l’orecchio giudica le parole come il palato discerne i cibi” Capitolo XXXIV del Libro di Giobbe.

E, aggiungo, quante volte al giorno io stessa come Anna Leonardi, sento parole sciatte e mal pronunziate ascoltate in Tv o in Radio o nelle conversazioni quotidiane, non ultime tra esse, quel fastidioso “mi taccio” o “piuttosto che” tanto impropriamente detti e che feriscono il mio orecchio, sicché vorrei dire a voce alta a quei parlanti che tacere non è verbo riflessivo per cuioccorre dire “taccio” e che “piuttosto che” è un assurdo parolaio modo di soppiantare la “o” oppositiva.

E ad alta voce dico pure quanto questo libro mi abbia arricchita, mi abbia dato piacere e mi abbia condotta su sentieri che raramente pratichiamo e che invece tutti dovremmo praticare, perché, come l’autrice dice: “il fine è il piacere, il piacere di condividere una lingua magnifica, ricca, con un grande passato e si spera, con la collaborazione di tutti i parlanti, anche un grande futuro”.


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