Il romanzo esplora l’oppressione patriarcale e la ricerca della libertà di espressione femminile
L’autrice franco-senegalese Marie Ndiaye torna ad essere tradotta in italiano. 'La Strega', pubblicato in lingua originale nel 1996, è ora proposto da Prehistorica Editore (traduzione di Antonella Conti, 2025). La scrittrice e drammaturga è ancora poco conosciuta in Italia, nonostante abbia vinto il Prix Femina nel 2001 e il Prix Goncourt nel 2009. Da sempre attenta alla condizione femminile, da un punto di vista sociale quanto politico, in questo romanzo si serve di un elemento magico-mistico per raccontare la storia di una famiglia e in particolare delle sue protagoniste.
Lucie, protagonista e narratrice di questo romanzo, decide di iniziare «ai poteri misteriosi» le sue figlie dodicenni.
Le donne della sua famiglia possiedono tutte, l’arte della divinazione, che viene tramandata in tenera età di generazione in generazione. Alcune la rifiutano, come ha fatto la madre di Lucie, perché l'uomo che aveva accanto non le ha permesso di coltivare questo suo dono. Altre invece lo sentono come qualcosa che gli appartiene, come le figlie Maud e Lise.
Lucie non nega la sua abilità ma ne constata la debolezza, generata forse dalla remissività del suo carattere, ma non si pensa come una vera e propria strega.
Lucie, come le altre donne del romanzo, è stretta in una quotidianità senza slanci nella provincia francese. Dagli altri riceve solo disprezzo o noie. Improvvisamente si ritrova a gestire la fuga del marito Pierrot, i cambiamenti repentini delle ragazzine, una vicina di casa invadente, Isabelle, e il rapporto mai davvero risolto con i genitori divorziati.
Gli uomini fingono di non conoscere questo dono. Emergono come figure tristi e pronte a limitare le donne, le loro possibilità, le loro capacità. Sembra che siano invidiosi. Mariti, padri e patrigni reagiscono con rabbia e fastidio di fronte alle lacrime di sangue che segnalano la divinazione del passato o del futuro. Si ingegnano invano per migliorare la loro condizione sociale, nel costante desiderio di raggiungere uno status superiore e di accumulare denaro. Ma riescono solo a fallire.
NDiaye esplora l’oppressione patriarcale e la ricerca della libertà di espressione femminile. Sembra che le nuove generazioni siano le sole capaci di acquisire e usare quel potere che le donne hanno avuto, ma non potuto utilizzare. Anche Lili, la cognata di Lucie, è diversa: decide di avere un figlio pur non avendo un fidanzato o un marito (cosa che scandalizza un po' tutti in famiglia).
È una scrittura equilibrata, quella di NDiaye, rigorosa nel rifiutare ogni eccesso. Poche le descrizioni dei luoghi, molti, invece, i dialoghi permeati da un'ironia corriva. Che in alcune parti del romanzo ricordano pezzi di teatro.
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