Una conversazione dall'estetista ispira una riflessione sull'integrazione possibile e percorribile, favorendo la relazione tra pari e non la competizione
Elena mi sta mostrando le tip affinché io possa scegliere il colore dello smalto per le unghie quando - dopo un anno che vado nel suo centro estetico e sapendo che sono madre di due donne nello spettro del disturbo autistico -stima di potersi aprire con me e mi dice di punto in bianco: - Sai Marina, quando andavo alle scuole elementari,la maestra,a rotazione,ci faceva fare un compito con un compagno disabile della nostra classe che si chiamava Alessandro. Lui era costretto sulla sedia a rotelle e aveva tante difficoltà. Un giorno toccò a me, e quella prima volta insieme non me la sono più dimenticata. C’è da dire che avevo il timore di non riuscire perché non sapevo come avvicinarmi, ma lui mi sorprese.
Io ascolto attenta Elena. È della generazione delle mie figlie. Poco prima, mi aveva detto di avere avuto un padre coach, nel vero senso della parola: un militare,preparatore atletico, che dall’età di soli tre anni prese ad allenarla e a insegnarle il valore della disciplina in tutti gli ambiti della vita, sul genere noto: fatti il letto quando ti alzi…
- Dovevamo fare un disegno sul tema che quel giorno era richiesto alla classe - continua Elena - e per me sarebbe valso come compito in classe.
Mi colpisce la dolcezza che tira fuori improvvisamente, come se quell’amabilità la tenesse riposta per le buone occasioni. Penso che sia molto presente a sé stessa e guardinga nei confronti del prossimo, ma non lo dico.
- Dovevamo disegnare un soggetto e poi colorarlo. A distanza di venticinque anni, nel parlarne, mi sembra di essere seduta a quel banco. Ho davanti agli occhi gli astucci aperti con i tanti colori dentro, noi sceglierli e il volto felice di Alessandro. Non aveva avuto alcuna difficoltà ad accogliermi, a differenza mia che ero piena di incertezze. Si faceva aiutare nella scelta e nell’uso dei colori, e questo mi toccò nonostante fossi una bambina di soli dieci anni.
Fa una pausa, mi guarda negli occhi e io capisco che non mi ero sbagliata a pensare che per lei fosse difficile aprirsi e mi commuovo pensando a un bambino non verbale con una grave disabilità, che col suo comportamento ha fatto da specchio a una bambina con ben altre autonomie, ma in quel momento sua pari.
- Mi sorprese la sua totale mancanza di cattiveria.- Continua Elena.- Perché tra bambini, spesso, si è molto cattivi, ma non lui, che mi guardava con quell’espressione vivace e aperta stampata sul viso che si illuminò quando,completato il compito,sprizzò gioia da tutti i pori. Ripeto, ero soltanto una bambina, eppure,compresi che nel fare insieme quel lavoretto, una sciocchezza per me, avevo permesso a lui di fare una cosa grande, ciò per avergli semplicemente teso una mano.
- La tua maestra era una Maestra.- Osservo io compiaciuta. Non sono molte le storie d’inclusione scolastica che si ascoltano in giro.
- Sì, lei non lasciava indietro Alessandro e non lo isolava. Un bell’esempio.
- Sono sempre gli adulti a mediare. Quando lo fanno negativamente esaltano una differenza che in quanto bambini non la si vedrebbe.
- Io avevo l’ansia da prestazione.
- Forse, perché eri soggetta a una disciplina sportiva rigida, che da una parte ti dava e dall’altra ti toglieva un po’ di spensieratezza. Ma hai avuto dei buoni maestri…
- È così, il conflitto con mio padre c’era, ma alla fine ho capito che, sì, ho avuto un vero maestro di vita.
- Non è da tutti avere dei preparatori alla vita.
A questo punto, di fronte a quella tavolozza di colori delle estetiste che è la mostra delle tip delle unghie, io non posso che fare l’abbinamento con i colori degli astucci di due compagni di scuola: una piccola ginnasta e un bambino con una disabilità complessa, che da pari,tanti anni fa, fecero insieme un lavoretto il cui valore è ancora vivido in Elena. E mi chiedo quanto questo ricordo pieno di verità abbia influito quando, perduto il papà,lei dovette rimboccarsi le maniche e scegliersi un mestiere… ma io sono una inguaribile romantica, così le pongo il quesito e lei mi risponde:- Non escludo che ciò mi abbia ispirato nello scegliere un lavoro che implicasse l’uso sapiente dei colori. Tutto torna nella vita. In quel momento - prosegue Elena commossa - vedendo lui così felice mi sentii a disagio per tutti i miei capricci, per tutte le storie che facevo con mio padre. Ero soltanto una bambina - ripete per la terza volta, come se la spensieratezza della fanciullezza le fosse stata in parte negata da una vita che ti chiede di maturare da subito- ma, mettici pure gli insegnamenti di mio padre, io capii che non dovevo lamentarmi, che piagnucolare era sbagliato. In un certo senso, con la sua gioia di vivere e la sua gratitudine,Alessandro mi fece da specchio.
Io mi dico, senza dirlo, che ho fatto bene a tacere su questo qualche minuto prima.
Che dire se non che questo racconto si commenta da solo. Ogni cosa che di buono impariamo sul nostro conto ci è data all’interno di una relazione. Indipendentemente dal livello al quale ciascuno si trova e si pone, ciò che la dice lunga sulle relazioni tra pari è che sono il banco di prova delle teorie.
Come si cala nella pratica il considerare e il trattare come persone e non come malati coloro che hanno una disabilità psicofisica o una forma di autismo?
Secondo me, passando dalla teoria alla pratica. Nessun pietismo, soltanto rispetto:a tutti, nessuno escluso, venga chiesto e permesso di stare, quindi di misurarsi, all’interno di una relazione tra pari e, perché no?, anche di muto aiuto, che tanto da solo non ce la fa nessuno, neanche il più abile, pur ammettendo che parlare di abilità abbia socialmente un senso se non per la donazione che ne può derivare.
Nessuna competizione quindi, solamente persone messe in condizione di relazionarsi e ciascuna con quel che ha da dare - fosse anche la propria mera presenza riflettente - e il valore della relazione in sé, in quanto fonte di conoscenza propria e del mondo, quindi di aiuto.
Ma se non è la Scuola a impartire a monte questo insegnamento, a preparare alla vita, come possiamo aspettarci di trovare questo spirito inclusivo a valle là fuori nel mondo?
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