Venerdi, 15/09/2017 - Che la fantascienza a firma femminile, e femminista, si stia proponendo come un campo di elaborazioni teoriche e proposte espressive tra i più fertili, lo dimostra – una volta di più – "Quando nascesti tu, stella lucente" (L’Iguana editrice, Verona, pp. 398 €17), il romanzo con cui Nadia Tarantini, autrice di diversi libri inchiesta e di "Il risveglio del corpo" (Iacobelli), fa il suo debutto nella fiction.
Una storia complessa e affascinante ambientata nello spazio della Calotta dove vivono i sopravvissuti al Grande Disastro, durante l’anno 2346, anno decisivo per tutti i trentenni della Prima Generazione che, dopo diciassette vite trascorse tra un’ibernazione e un’altra, sono chiamati alla grande scelta. La viviamo in presa diretta, attraverso la figura della protagonista. Marcela è forte e tenace, capace di affrontare le sfide più impervie come atleta e soprattutto come donna, facendo i conti con la morte misteriosa del padre, l’abbandono materno che ancora la ferisce e un desiderio di procreare sistematicamente frustrato dal governo della Calotta; eppure, o forse proprio per questo, si mostra dubbiosa e riluttante di fronte alla sfida suprema, quella di rinunciare alla propria corporeità. Perché proprio di questo si tratta, per lei e per i suoi coetanei: diventare immortali, ma a prezzo di essere innestati in un cubo, abbandonando il corpo e la memoria. Sarebbe questa la loro diciottesima vita, ma potrebbe definirsi tale una vita senza le percezioni e le emozioni del corpo?
L’interrogativo percorre l’intera struttura del romanzo, molto elaborata eppure estremamente efficace, capace di calare chi legge sia nel drammatico contesto – che è futuristico e insieme d’attualissima urgenza - di un universo collassato a causa di una catastrofe ambientale, sia nell’ambiguo quanto spietato gioco di potere che s’intreccia all’interno della Calotta. Una sorgente emozionale continua ancora a scorrere nel mondo dei Sepolti, dove, guidati dal Patriarca Karol, vivono tutti coloro che si sono orgogliosamente rifiutati di sottoporsi alle ibernazioni, e dove viene mantenuto in vita dalla compagna di Karol, Amina, e dalle donne, il culto dell’antichissima Dea che presiede al ciclo vitale.
Ambasciatrice tra questi due mondi che poco o nulla comunicano tra loro, è per l’appunto Marcela, chiamata dal Patriarca a decrittare e rendere nota la verità sul Grande Disastro ambientale.
Dinamiche importanti, quelle che entrano in gioco e in conflitto nella storia, eppure non è solo questo a renderla così potente: l’innovazione più efficace sta nel linguaggio con cui è raccontata. Non servirebbe poi a molto ribadire in linea teorica l’importanza delle emozioni che Marcela e i suoi coetanei rischiano di perdere definitivamente, se non ci fosse un’espressività interamente modellata sui sensi.
Nell’universo dei Sepolti sono le percezioni visive, olfattive, uditive, tattili ad insinuarsi nell’interiorità di Marcela, inducendola a un lento quanto inesorabile disgusto verso il mondo asettico della Calotta e al desiderio, che è anche un confuso ricordo, di altre modalità di abitare il mondo. Il linguaggio registra anche foneticamente, attraverso la liquidità dei suoni, la sorpresa di Marcela nel riconoscere e assaporare il vero profumo di piante e spezie e il retrogusto delle voci, pastose, ironiche, scurite dall’emozione, che sanno accarezzare o pugnalare. Non è un caso che l’autrice attribuisca loro una così grande importanza: perché la voce è l’elemento radicato nel corpo che più di ogni altro sa scendere nell’interiorità e alimentare le emozioni.
È con la fascinazione del canto che Marcela, rinnovando il mito di Orfeo, richiama il suo compagno Igor e lo risveglia dall’ottundente condizionamento dei macchinari; è dalla potenza del suono, variamente declinata attraverso le mani, i tamburi, le voci, che prende vita l’insurrezione finale. Ed ecco allora che quell’antica canzone popolare “Quando nascesti tu, stella lucente”, che riaffiora alla mente di Marcela e viene poi completata e amplificata dal coro delle donne, diventa la nuovissima rivoluzionaria colonna sonora di chi non si lascia espropriare né della corporeità né dei propri sogni.
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