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5 PASSI PER SCONFIGGERE LE POVERTÀ E LE DISUGUAGLIANZE

5 PASSI PER SCONFIGGERE LE POVERTÀ E LE DISUGUAGLIANZE

A Roma il 17 ottobre l’appello e le proposte della Rete dei Numeri Pari: alleanza di associazioni, cooperative sociali, reti di autoaiuto, giornalisti, studenti

Mercoledi, 16/10/2019 - Una grande alleanza e un appello per la giustizia sociale e ambientale che proclama non più rinviabile interventi incisivi nelle politiche sociali. È ambizioso l’obiettivo del progetto elaborato dalla Rete dei Numeri Pari: la costruzione di un’agenda condivisa e che ha preso corpo in una proposta denominata "Cinque passi per sconfiggere le disuguaglianze", ma non è più rinviabile se si vuole aggredire con efficacia il problema della povertà che ha toccato ampi strati della popolazione e che Roma sente sempre più drammaticamente con centomila famiglie che vivono in uno stato di profonda indigenza e senza un'occupazione.
I dati sono da tempo inaccettabili per un Paese civile; per esempio si valuta che la povertà assoluta riguarda circa un milione di minori e che le disuguaglianze colpiscono un terzo della popolazione.
Diverse realtà sociali e reti associative della Capitale danno appuntamento al teatro Ambra Jovinelli giovedì 17 marzo, giorno in cui sarà lanciato un piano di azione con cinque proposte: reddito di dignità e diritto all'abitare; cancellazione del decreto Salvini; maggiori investimenti e riforma del welfare, stop all'autonomia differenziata; servizi sociali fuori dal patto di stabilità. La Rete dei Numeri Pari ha raccolto centinaia di realtà sociali, laiche e cattoliche, attive soprattutto, ma non solo, a Roma e in occasione della giornata mondiale per l’eliminazione della povertà, appunto il 17 ottobre, propone un’iniziativa che vuole essere di denuncia della gravità della situazione e anche di proposta, attraverso un vero e proprio piano di azione organico.
Sotto accusa è prima di tutto “un modello economico ormai insostenibile in termini sociali e ambientali” acuito da una crisi che da oltre un decennio nessun governo ha contrastato con la necessaria efficacia “dando priorità alla lotta all’esclusione sociale e alle disuguaglianze, come certificano i dati e le statistiche di questi anni che fotografano un paese in cui tanti continuano a impoverirsi e pochi si arricchiscono sempre di più”. A denunciare quella che definisce una “crisi di sistema” e la mancanza “di una visione complessiva del problema” è Giuseppe De Marzo coordinatore dei Numeri Pari e responsabile delle politiche sociali di Libera.
È un’alleanza dal basso quella che si propone alla città, e non solo, con l’incontro dell’Ambra Jovinelli (via Guglielmo Pepe dalle 17 alle 20) in cui sono previsti, tra gli altri, interventi di don Luigi Ciotti, Fabrizio Barca, Marco Damilano, Gaetano Azzariti, Giuseppe De Rita, Tomaso Montanari, Alessandra Sciurba ed Eleonora Vanni, presidente nazionale di Legacoopsociali.
“Aderiamo alla Rete dei Numeri Pari perché ne condividiamo gli obiettivi e crediamo che il nostro Paese abbia bisogno di una visione di società che riparte dai diritti; una società in cui i diritti siano concretamente esigibili e le spese per il sociale siano considerate un investimento e non un costo eccessivo da tagliare - ha spiegato Anna Vettigli resposnabile Legacoopsociali Lazio - . Un investimento per migliorare la salute, creare benessere, costruire un’Italia inclusiva e solidale. Apprezziamo che nella manovra economica del governo ci sia un aumento degli investimenti pubblici, ma l’impatto sulla qualità della vita dipende anche da dove vengono allocate le risorse. Senza una previsione concreta di abolire il patto di stabilità interno, che limita le capacità di intervento degli Enti Locali per rispondere ai fabbisogni sociali dei territori, non sarà possibile favorire la crescita economica e sociale e ridurre le diseguaglianze".

MATERIALI
I NUMERI DELLA POVERTÀ

Negli ultimi 11 anni nel nostro paese la povertà e le disuguaglianze sono cresciute come mai nella storia repubblicana. Chiunque abbia governato non ha voluto affrontare e risolvere il principale problema: l’aumento senza precedenti delle disuguaglianze. Non è stata e non è una priorità nemmeno in questa nuova fase politica rispondere all’esigenze e ai diritti violati di milioni di italiani che continuano a pagare il prezzo della crisi provocata dall’accettazione di politiche economiche liberiste: austerità, tagli alle politiche sociali, mancati investimenti sul lavoro, privatizzazioni, sfruttamento dei territori. Un terzo del paese è a rischio esclusione sociale, 5 milioni in povertà assoluta, più di 9 milioni in povertà relativa, 11 milioni non si possono più curare, 4 milioni i lavoratori che rimangono poveri, più di un milione i minori in povertà assoluta, senza contare le oltre 50.000 persone senza dimora che vivono in strada e che continuano ad aumentare giorno dopo giorno. Il sud è alla deriva: 2/3 della povertà complessiva, crollo degli investimenti, più di 100 mila ragazzi ogni anno costretti a emigrare per trovare una vita migliore, mancate bonifiche ambientali e aumento di malattie, tagli al sociale, crescita senza precedenti della dispersione scolastica, la popolazione giovanili più impoverita e senza prospettive di sempre. Un clima favorevole al rafforzamento delle mafie, che da sempre sfruttano l’aumento delle disuguaglianze, la disoccupazione e l’assenza di politiche sociali, così da rafforzare le proprie capacità di ricatto e penetrazione sociale nei territori e periferie più colpite dalla crisi. La generazione più impoverita di giovani della Repubblica in questo quadro è costretta a “scegliere” se farsi sfruttare, rimanere precaria, emigrare o subire il ricatto delle mafie. Così non c’è futuro per noi.

L'ITALIA: IL PAESE TRA I PIÙ DISEGUALI

Questo è vero non solo per le politiche di austerità adottate in maniera bipartisan dalle forze che hanno governato e governano il paese, ma anche per l’incapacità delle classi dirigenti di riformare e mettere mano ai problemi del nostro sistema di sicurezza e protezione sociale, non più in grado di affrontare il drammatico aumento delle disuguaglianze. L’ex presidente dell’Istat Alleva aveva denunciato già tre anni fa i limiti e la mancanza di finanziamenti adeguati del nostro sistema di welfare. Così come il Censis e le varie statistiche europee hanno denunciato in questi anni una situazione di crisi e di crescita esponenziale delle disuguaglianze alla quale serve fornire una risposta forte, coraggiosa e completamente diversa rispetto a quelle messe in campo. Appello ignorato colpevolmente dalle forze politiche che hanno governato e che oggi governano il paese, e che continuano a dire di voler ascoltare, ma dopo i primi proclami sembrano dimenticarsi della realtà e delle forze sociali, sindacali e delle reti di associazioni di cittadini che nel nostro paese vivono giornalmente quei drammi, impegnate a contrastare disuguaglianze, mafie e ingiustizie sociali e ambientali. Una politica sempre più fondata sui “capi”, lontani dalla realtà, dagli interessi generali e sganciati da qualsiasi confronto con le problematiche quotidiani con cui tutti noi facciamo i conti. Hanno preferito parlare sui social, rinchiudersi nei palazzi e negli studi televisivi che confrontarsi con i drammi sociali del paese e con i cittadini. Una politica non più in grado di ascoltare che favorisce i più forti, e aumenta disuguaglianze e povertà, non è la soluzione ma è parte del problema della crisi di sistema e di visione nella quale siamo tutti immersi.

LA NOSTRA COSTITUZIONE È STATA TRADITA

A dirlo sono i numeri della povertà, le scelte e le leggi approvate in questi anni, la pratica diffusa e condivisa di una “Costituzione di fatto” che tradisce principi della Carta e ne stempera l’esigibilità. Invece di rimuovere gli ostacoli e le cause di povertà e disuguaglianze come stabilisce l’art.3, sono stati azzerati i fondi nazionali per le politiche sociali, tagliati i fondi per la sanità e l’istruzione pubblica, inserito il pareggio di bilancio in Costituzione con la modifica dell’art.81 che certifica la resa della politica agli interessi della finanza e alle politiche di austerità – abbattendosi e abbattendo lo stato sociale - promosse politiche fiscali regressive che hanno colpito solo ceti medi e popolari e riforme che hanno reso ancora più precario e insicuro il lavoro. Nonostante persino l’Unione Europea ce lo chieda dal 2008, non sono state ancora introdotte vere misure di contrasto alle disuguaglianze che vadano nella direzione di garantire dignità, autonomia, reinserimento sociale e di promozione dell’occupazione. Da anni le forze politiche al governo ignorano le proposte dei movimenti, della società civile organizzata e del Parlamento Europeo che ha più volte richiamato l’Italia per non aver introdotto i cosiddetti “Social Pillar” per garantire i diritti stabiliti dall’art.34 della Carta di Nizza.

GLI STRUMENTI MESSI IN CAMPO

Nel nostro paese manca ancora una misura che riconosce il diritto al reddito, così come già avviene in molti altri paesi del mondo. Quanto fatto dal governo M5S/Lega altro non è che un sussidio per i poveri, realizzato per giunta in deficit e non con la fiscalità generale, spacciato per “reddito di cittadinanza” con l’unico obiettivo di sfruttarli per renderli “occupabili” e non per creare lavoro vero e dignitoso, eventualmente facendoli lavorare anche gratis per migliorare le statistiche e non certo le condizioni di vita. Il risultato di queste scelte politiche è sotto gli occhi dei cittadini per quanto si faccia di tutto per continuare a nasconderlo, e si passi da una crisi politica a un’altra: triplicata la povertà, esplosione delle disuguaglianze economiche, sociali, ambientali, geografiche e di genere, guerra tra poveri, aumento del razzismo e crescita dei movimenti xeonofobi e razzisti. E mentre aumentano i poveri, crescono anche i miliardari, triplicati da 12 a 35, così come cresce il ricatto e l’economia mafiosa, raddoppiano gli italiani costretti a emigrare, vengono tagliati i trasferimenti ai Comuni a causa del pareggio di bilancio, e messi in discussione se non del tutto cancellati, i servizi sociali.

L’ATTACCO AI DIRITTI UNIVERSALI

Ci stanno chiaramente dicendo che è finita l’epoca dei diritti universali e che siamo in pieno “universalismo selettivo”. Una resa incondizionata alla crisi e alle politiche di austerità che umilia la democrazia e tradisce la Costituzione. A questo si è accompagnata una vergognosa campagna di colpevolizzazione e criminalizzazione verso chi rimane indietro, nei confronti degli esclusi, dei precari, dei più deboli, dei migranti. Nel frattempo è cresciuta nel paese una classe dirigente politica bipartisan che asseconda colpevolmente il rigurgito egoistico, in spregio al principio di unità e solidarietà nazionale, di chi auspica “prima i veneti, gli emiliani, i lombardi, i piemontesi”, di fatto configurando quella che è stata chiamata “secessione dei ricchi”: il Nord che si attacca alla locomotiva europea e il Sud confermato nella sua marginalità e arretratezza economica.

L’ODIO E LA GUERRA TRA POVERI PER NASCONDERE LE RESPONSABILITÀ DELLA POLITICA

Una campagna d’odio e rancore che serve a nascondere la mano di chi ha scatenato volontariamente nel nostro paese un aumento senza precedenti della povertà e una vergognosa guerra tra poveri provocata da scelte politiche che hanno favorito gli interessi dei più forti, della finanza, dei più ricchi, delle grandi imprese, di chi sfrutta il lavoro, di chi avvelena la terra e delle organizzazioni criminali. In assenza di risposte politiche alla crisi, di misure adeguate di sostegno e rilancio dell’autonomia, della dignità e della sicurezza sociale delle persone, sui poveri e su chi è in difficoltà sono state scaricate le responsabilità della crisi e le tensioni sociali che da questa scaturiscono.

COSTRUIAMO IL “NOI”

Il 17 ottobre è la giornata mondiale per l’eliminazione della povertà. In questa giornata vogliamo incontrarci per rilanciare tutte e tutti insieme l’urgenza di ribaltare l’ordine delle priorità nel nostro paese, mettendo al centro misure e proposte in grado di sconfiggere le disuguaglianze, per ridare dignità, speranza e prospettive future a milioni di cittadini che pagano il prezzo della crisi provocata da un modello economico ormai insostenibile in termini sociali e ambientali. Vogliamo incontrarci per lanciare le nostre proposte per la giustizia sociale e incontrare il Governo per chiedere di metterle al centro della propria agenda politica.

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