La conversazione, modalità inedita della cura - di Maria Paglia
Il libro di Sandro Spinsanti 'La medicina salvata dalla conversazione' (Il pensiero scientifico editore)
Martedi, 06/11/2018 - Confesso di essermi avvicinata al libro un po’ prevenuta. Sì, la copertina è accattivante, con il quadro di Magritte intitolato, appunto, “La conversazione”: due signori che camminano, fianco a fianco, sulle nuvole, in un paesaggio immenso… Ma è questo idillio che possiamo aspettarci dalla medicina? Non si va dal medico per fare una piacevole chiacchierata. E nemmeno ero disposta a sorbirmi l’ennesima perorazione sulla necessità di “umanizzare” la medicina; magari, questa volta, con una spruzzatina di buone parole.
E invece mi son dovuta ricredere: non è da questo tipo di conversazioni che Sandro Spinsanti prospetta la salvezza della medicina nel suo 'La medicina salvata dalla conversazione' (Il pensiero scientifico editore). Perché è un fatto: non siamo soddisfatti del modo in cui i professionisti del passato si rapportavano a coloro che ricorrevano alle loro cure; ma lo siamo ancor meno di ciò che appare sotto i nostri occhi. La tradizione ci ha consegnato la modalità di curare riassunta dal termine “paternalismo”. Come un buon padre o una buona madre, il medico sapeva qual era la cura migliore per il malato; questi doveva solo lasciarsi guidare, come un bambino docile e collaborante. Oggi vediamo profilarsi, come suo contrario, un autonomismo duro: è piuttosto il malato che si autoprescrive le cure e chiede al medico di sottoscriverle.
Né l’uno, né l’altro atteggiamento, sostiene l’autore. Per Spinsanti la conversazione è una modalità inedita della cura, che presuppone il rispetto di due competenze diverse e inconfondibili: quella del curante, che si basa sulle conoscenze della scienza e del sapere clinico, e quella della persona malata, frutto della sua biografia e del suo progetto di vita. Il malato non porta al medico solo i suoi sintomi, ma anche il suo vissuto, i suoi valori, le sue preferenze. La “conversazione” proposta è la capacità di far incontrare e interagire i due punti di vista, permettendo loro di confluire in un percorso condiviso.
Questo il nucleo forte della proposta. La sorpresa sono i numerosi corollari. Il libro mi ha condotto così a scoprire che per mettere in pratica questa medicina in modalità di conversazione sono necessari sia un tempo che un luogo appropriati; che la parte richiesta al professionista non si identifica con un atteggiamento buonista, ma richiede una vera e propria competenza; che non tutti sono disposti a incamminarsi per una strada così esigente: né da parte dei curanti, né da parte dei cittadini. Perché questo tipo di conversazione richiede dei partecipanti ben disposti. Ancor più: esige uno scambio corretto tra tutti coloro che sono coinvolti nel percorso di cura, professionisti, malati e familiari. Mi sono trovata così a concludere che uno dei luoghi dove è necessario rivendicare parole oneste è proprio l’ambito della cura.
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