La Contessa di Salasco: presentazione dell'Udi Monteverde (Roma)
Il libro di Maria Delfina Tommasini "La Contessa di Salasco. Biografia romanzata di una appassionata donna risorgimentale"
Mercoledi, 28/07/2021 - Lo scorso 18 maggio in diretta su Facebook abbiamo parlato della Contessa di Salasco (ed Yume), in occasione della presentazione dell’opera della scrittrice Maria Delfina Tommasini.
Un momento per conoscere o approfondire la storia una donna che è stata un emblema della libertà e della lotta nell’Italia risorgimentale.
Sul palco virtuale, con l’ autrice, Carla Cantatore (Responsabile UDI Monteverde) che ha introdotto l’evento, Antonella Pilozzi che ha esposto una panoramica generale dell’opera di Delfina e Cinzia Tani che ha intervistato l’autrice con una serie di domande che si sono rivelate occasione per un confronto sulla scrittura, sulla figura della protagonista e lo sviluppo dell’opera.
Riproponiamo alcuni passaggi e in particolare le domande poste a Delfina da Cinzia e Antonella durante la presentazione del libro. Quasi una scrittura a più mani che potrebbe essere ancora un nuovo momento di confronto per dare seguito a ciò che la relazione tra donne può produrre anche adesso, con una Pandemia ancora in atto, ovvero non ci siamo isolate ma continuiamo a tessere i fili della relazione con la scrittura.
Le domande di Cinzia e Antonella
Le risposte di Delfina.
Ora chiediamo a Delfina di parlarci di cosa rappresenta il baule ritrovato dalla protagonista e il suo “rompere il lucchetto” Per rendere la storia più attuale e godibile ho fatto sì che la vita della contessa di Salasco venisse raccontata da una giovane donna che ritrova, in un vecchio baule, oltre a epistole e diari, alcuni degli elementi che hanno caratterizzato la vita di Maria. Proprio questi sono i prodromi della storia: una camicia rossa simbolo di audacia e coraggio, un vestito di pizzo necessario per entrare a far parte dei convivi salottieri (i social di allora), un sombrero, a dimostrazione dell’afflato di affetto che la legava a Garibaldi; un paio di stivali da cavallo a farci intendere la sua indole libera e la sua passione per lo sport, in un mondo dove l’unico compito delle donne era considerato quello di maritarsi. Il chiavistello arrugginito verrà aperto con una tronchese facendo esplodere la voglia di farsi raccontare.
Secondo te la pazzia è stata usata come arma nei confronti di donne “scomode” o “disobbedienti”? Le donne spesso sono state soggetti scomodi e fra i modi utilizzati per ridurle al silenzio c’erano, tragicamente, anche i manicomi. Ricordiamo Ida Dalser che diede un figlio a Mussolini e poi, considerata non più utile al duce, finì i suoi giorni in manicomio e, più vicina a noi, la grande poeta Ada Merlini. Certo, di strada ne è stata fatta ma ancora troppe donne sono uccise in nome di un preteso amore da uomini incapaci di gestire la rabbia di un rifiuto o di un abbandono, ancora troppe le discriminazioni in campo lavorativo anche negli alti gradi e livelli. Ancora poi, alle donne stuprate viene chiesto “come erano vestite”. Mentalità ancorata a stereotipi e pregiudizi superati dalla legislazione ma duri a morire nel cosiddetto senso comune.
Quanto c’è di Delfina in Maria? Ogni autore e ogni autrice mette qualcosa di sé in quello che scrive. Anch’io come Maria non ho mai amato le bambole, ricordo un Cicciobello dissezionato. Anch’io mi reputo una donna istintiva, come si suol dire, una donna di pancia e non solo di testa. Maria pagherà a caro prezzo le sue scelte rimanendo sola, con il solo conforto dei suoi cari animali.
Hai mai incontrato donne come Maria nella tua vita? E tu lo sei mai stata? Ci sono donne di ogni genere e “qualità” e parecchie simili a Maria, solo che a volte per trovarle bisognare scalfire l’armatura entro cui si celano. Per quel che mi riguarda ho trovato me stessa in età adulta, sono stata una bambina timida e un’adolescente inquadrata e costretta dentro determinati schemi che hanno sempre cozzato con la mia indipendenza intrinseca creandomi attriti ma fortunatamente sollecitandomi parecchie domande. Credo nella “sorellanza” e nel lavoro di squadra.
Di quante donne hai scritto nelle tue opere? E qual è la tua preferita? Nei miei racconti ho narrato spesso storie di donne, maltrattate, vessate, intrepide, consapevoli delle loro scelte, poi ho trovato un personaggio particolare che mi ha ammaliata e ho deciso di farne un romanzo. Ora sto terminando il mio ultimo lavoro sui “Figli di Hitler”, la storia di una madre e una figlia soggette a discriminazioni e vessazioni nella “Civile” Norvegia.
Vorrei infine ringraziare l’UDI, Carla, Antonella per aver condiviso e diffuso questa mia opera e Cinzia per avermi intervistata.
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