LA BIGENITORIALITA' non si misura in giorni! - di Laura Recrosio
Considerazioni sul DDL PILLON, n. 735 - Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità
di Laura Recrosio, psicologa, psicoterapeuta, Consulente del Giudice
Sabato, 08/12/2018 - Le brevi considerazioni che espongo, non certo esaustive ma semplici spunti di riflessione, si fondano sulla mia esperienza ultra ventennale come Consulente Tecnico di Ufficio e di parte in ambito di diritto di famiglia e diritto minorile, oltre che sulla pratica clinica con minori e genitori.
Noi psicologi abbiamo il dovere etico e deontologico di tutelare il benessere psicologico dei minori e la corretta crescita psicoaffettiva nei casi di separazione, e di contrastare ogni proposta legislativa che vada contro questo obiettivo, quale è il DDL Pillon.
In primo luogo voglio sottolineare con forza che il diritto alla bigenitorialità è un diritto dei bambini, e non dei genitori, i quali, invece, hanno il dovere di garantire tale diritto ai figli, permettendo reciprocamente lo svolgimento del ruolo parentale.
Ogni bambino ha il diritto, e il bisogno, di mantenere e poter sviluppare il legame affettivo e una relazione significativa con entrambi i genitori, anche quando c'è una separazione.
Questo è indispensabile per il suo corretto sviluppo psichico e la strutturazione della identità.
Si tratta di un diritto, ricordiamo, già sancito dalla legge 54/2006, che prevede l’affido condiviso per i figli , come modalità da applicare in caso di separazione, salvo gravi motivi che la rendano pregiudizievole per i minori stessi.
La disposizione dell’affido condiviso , a distanza 12 anni dalla sua entrata in vigore, è ormai consolidata tanto da coprire oltre il 90 % dei casi. I tempi di frequentazione del genitore non collocatario, disposti dal Tribunale di Torino nella stragrande maggioranza dei casi, prevedono solitamente non meno 12 pernottamenti mensili.
Ma tali previsioni si basano sempre sulla valutazione dei singoli casi, e secondo il principio dell’interesse del minore.
Il DDL 735 invece interpreta il diritto alla bigenitorialità in una ottica adultocentrica, e pretende di realizzarlo in modo rigidamente standardizzato, unico per tutte le separazioni.
Vediamo in particolare gli articoli del disegno di legge che contengono disposizioni riguardanti direttamente i minori:
• tempi di frequentazione con ciascun genitore - art 11
• interventi nel caso di rifiuto di frequentare un genitore - art 18
L’art. 11 prevede tempi paritetici o equipollenti di frequentazione del figlio con i genitori.
Viceversa noi psicologi forensi ben sappiamo che la attenzione alla singolarità e alla specificità dei singoli individui è imprescindibile.
Ogni bambino, ogni genitore, ogni famiglia ha una sua unicità e specificità, una sua storia, ed è indispensabile conoscerla e tenerne conto, per poter valutare il modo migliore con cui quei genitori e quei bambini possono realizzare la bigenitorialità, ovvero permettere al bambino di mantenere e poter sviluppare il legame affettivo e una relazione significativa con entrambi i genitori.
E’ necessaria una attenta valutazione - quella che i giudici richiedono ai CTU psicologi - del livello psicoevolutivo del bambino, la qualità del legame con ciascun genitore, le competenze genitoriali di papà e mamma, le risorse e le criticità di ciascuno, i fattori di protezione e i fattori di rischio presenti nell’ambiente, le abitudini familiari pregresse, le effettive disponibilità, anche di tempo, dei due genitori , per poter fare delle scelte rispetto alla collocazione abitativa dei minori e alle modalità di frequentazione con ciascun genitore, che siano adeguate, “su misura” per il caso specifico. Inoltre oggi ci sono tanti tipi di famiglie, il concetto tradizionale di famiglia, formata da papà, mamma e bambini è superato, ed è indispensabile tener conto delle molteplici nuove realtà familiari.
Il Documento Congiunto AIP e CPA ricorda che la Risoluzione 2079 del 2015 dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa sottolinea la importanza dei “diritti ed esigenze specifiche di bambini e bambine in diverse fasce di età” , conformemente alle Linee guida del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa sulla giustizia a misura di bambino (Art.5.10), e dunque indica una personalizzazione del tempo con ciascun genitore. Il Documento ben evidenzia che.al contrario il DDL è centrato sugli interessi degli adulti, tanto che le possibilità per il Giudice di derogare alla norma del pari-tempo, o 12 giorni minimi riguardano solo condizioni dei genitori.
Art 18: in merito alle misure per contrastare la cosiddetta alienazione parental
L'articolo prevede il collocamento del figlio presso il genitore che da lui rifiutato oppure in una comunità, senza alcuna valutazione tecnica, ispirandosi ad una visione semplicistica, dicotomica di genitore buono/genitore cattivo.
La sindrome da alienazione parentale è un concetto a tutt'oggi molto discusso in ambito scientifico, ma vi è convergenza nel ritenere che si tratti di un complesso disturbo relazionale, che coinvolge il minore ed entrambi i genitori e spesso anche i contesti familiari estesi.
In tutte le situazioni di rifiuto da parte di un figlio di frequentare un genitore è indispensabile una attenta valutazione psicologica dei singoli soggetti e delle dinamiche relazionali del nucleo familiare, per comprendere esattamente il significato intrapsichico e relazionale del rifiuto, e se possa configurare un fenomeno di alienazione parentale.
Quand'anche questa venisse accertata, la “soluzione” semplicistica e drastica proposta dal DDL contrasta con le indicazioni derivanti dalle ricerche scientifiche e dalla pratica clinica , che raccomandano la necessità di individuare caso per caso l’intervento più tutelante per il minore, e potrebbe addirittura compromettere gravemente il suo sviluppo psichico.
Meritano attenzione anche altri articoli che, se pure indirettamente, hanno ricadute importanti sulle decisioni relative ai minori.
istituzione della figura professionale del mediatore - art. 1
previsione di mediazione obbligatoria nei casi di separazione - art 3
introduzione del coordinatore genitoriale - art. 5
li esaminerò in un contributo successivo
Art 1 : Istituzione dell’albo nazionale per la professione di mediatore familiare
Sorprende che sia il primo articolo del DDL.
Suscita molta preoccupazione che la figura del “mediatore” acquisisca lo status di figura professionale autonoma, prevedendo che sia in possesso di una laurea specialistica in discipline assai differenti “sociali, psicologiche, giuridiche, mediche o pedagogiche “ e di una successiva “formazione specifica , certificata da idonei titoli quali master universitari ovvero specializzazioni o perfezionamenti presso enti di formazione riconosciuti dalle regioni, aventi durata biennale e di almeno 350 ore“ (comma a).
Al comma b) si prospetta addirittura una sanatoria, per chi ha già conseguito la qualifica di
mediatore entro il 31.12.2018
Il comma g) definisce le competenze professionali del mediatore in modo generico, appiattendole peraltro al livello di “tecniche di mediazione”.
L’articolo contiene molte criticità: la disomogeneità delle formazioni di base rende ibrida la figura del mediatore, questa ibridazione viene risolta attraverso la attribuzione di competenze tecniche, senza definire le molteplici aree in cui il conflitto si articola, e dunque i molteplici oggetti e obiettivi del processo di mediazione . Da qui risulta pressoché impossibile definire gli iter formativi adeguati, e di fatto non è prevista una regolamentazione relativa ai requisiti e contenuti formativi dei master o percorsi di perfezionamento e ai criteri di riconoscimento degli enti di formazione .
Si rileva che le competenze professionali psicologiche sono indispensabili nella gestione di un conflitto relazionale con complesse implicazioni emotivo/affettive, quale è quello separativo, e che pertanto la mediazione familiare dovrebbe configurarsi come una area di specializzazione degli psicologi.
Art. 3: Procedimento di mediazione familiare
Il comma 3, pur dichiarando che il procedimento di mediazione familiare è “volontariamente scelto dalle parti e può essere interrotto in qualsiasi momento”, sancisce che l'esperimento della mediazione sia “condizione di procedibilità" nel caso in cui nella causa di separazione siano coinvolti siano presenti minori. Dunque di fatto la coppia è obbligata ad accedere alla mediazione.
E’ noto che uno dei principi basilari affinché un intervento di mediazione possa essere efficace è quello della volontarietà, ovvero che le persone lo affrontino autenticamente motivate a superare il conflitto;
In mancanza di questo requisito non si inizia neppure un percorso di mediazione.
Nei casi di forte conflittualità un percorso di mediazione si ritiene impraticabile. Se poi il percorso è vincolato al riferire al giudice il suo esito - ovvero l’accordo raggiunto , in presenza dei legali - è già inquinato in partenza , nel senso che sussiste il rischio che le persone lo affrontino in modo strumentale, e non con un'autentica disponibilità di realizzare una negoziazione del loro conflitto.
Art. 5: Coordinatore genitoriale
Anche se a questa figura non viene attribuita uno status di professione autonoma, si ripropongono criticità analoghe a quelle rilevate per il mediatore.
Gli obiettivi del suo intervento , peraltro, rimandano alle competenze della professione psicologica.
Documenti utili:
Documento Congiunto AIP (Associazione Italiana di Psicologia) e CPA (Conferenza dellaPsicologia Accademica) sulla proposta DDL 735 - 17.9.2018
Carta dei Diritti dei figli nelle separazioni dei genitori- Garante Nazionale dell’Infanzia,
settembre 2018
Risoluzione 2079 del 2015 dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa
La dott.ssa Laura Recrosio è psicologa, psicoterapeuta e Consulente del Giudice
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