Sabato, 07/05/2022 - Domani è la festa della mamma, ma a noi mamme la festa, nel lontano passaggio dalla preistoria alla storia, ce l’hanno fatta gli uomini diventati patriarchi, che hanno inaugurato così un tempo cupo in cui hanno progressivamente e subdolamente ucciso simbolicamente la madre escludendola dalla polis e dunque dalla costruzione della cultura, dei modi delle relazioni, delle forme della politica.
Sulla base di una presunta superiorità morale, hanno obbligato alla insignificanza sociale e politica le donne e hanno costretto i giovani uomini, attraverso cruenti riti di iniziazione, ad allontanarsi dai valori materni della cura per assumere quelli del potere come dominio, della guerra, della violenza.
Questo ordine dato alle relazioni tra i sessi è stato giocato in un intreccio profondo tra paura e desiderio: paura/invidia del potere generativo del corpo femminile, desiderio di negarne la dipendenza. Da qui una falsificata alterità, una deformazione dell’umano ridotto a due soggetti asimmetrici rispetto al potere e alla dignità.
Ma la madre, pur nella egemonia indiscutibile del padre, ha continuato nel mondo affettivo maschile a mantenere la sua enorme potenza per cui è stata necessaria una forma di idealizzazione/glorificazione che occultasse lo sfruttamento e lasciasse intatto l’impianto virile del potere. L’idealizzazione della madre oblativa, infatti, è stata ed è tuttora uno dei più potenti puntelli del patriarcato.
Oltre due secoli di lotte delle donne hanno cambiato molte cose, hanno ridefinito i contorni reali della donna e della madre, ma la radice su cui si è costruito il mondo degli umani e delle umane resta tenacemente patriarcale. Stanno a dimostrarlo gli ultimi dati statistici sul mondo del lavoro, l’orrore quotidiano dei tanti conflitti armati, la violenza sempre più efferata sulle donne e lo testimonia questa stessa festa così come ancora oggi viene riproposta. C’è poco da festeggiare per noi donne.
Sarà vera “festa della mamma” solo quando le sarà restituita la verità e lei, la madre, sarà riconosciuta come fondamento simbolico della struttura sociale: il valore della cura come responsabilità condivisa, il divenire madre non più obbligo o colpa, inciampo per il mondo del lavoro, ma valore per tutti e tutte su cui ritessere la trama della convivenza e delle leggi.
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