In ricordo di Bianca Garufi psicoanalista e femminista
Nata il 21 luglio del 1918, Bianca Garufi è stata una femminista e psicoanalista pioniera, la prima junghiana in Italia. Durante la Guerra Civile ha peraltro sostenuto i GAP della Resistenza romana
Sabato, 19/07/2025 - 107 anni fa nasceva Bianca Garufi, scrittrice, psicologa e psicoanalista di indirizzo junghiano. Fare un bilancio a poco più di un secolo dalla sua nascita non è facile, anche perché Bianca Garufi è stata una donna fortunatamente longeva, che ha potuto confrontarsi con un presente complesso, stratificato, multiforme.
Garufi, peraltro, diciamolo: è stata una attivista, una militante - collaborò con i GAP romani per la Liberazione di Roma durante la Guerra Civile italiana, sostenendo le operazioni pensate e condotte da Fabrizio Onofri (con cui all'epoca intratteneva una relazione piuttosto profonda). Quello che oggi qui ci interessa maggiormente ricordare è appunto il suo ruolo di femminista e di apripista.
In alcuni suoi interventi e contributi scientifici Garufi ha dimostrato di avere una certa sintonia con determinate tesi (alcune, non tutte) di Carla Lonzi, forti negli anni Settanta in Italia. Diciamo tout court di Carla Lonzi, anche se, come è stato rilevato da più di un decennio dalla Società Italiana delle Storiche, il caso del femminismo italiano ha delle caratteristiche peculiari, differenti rispetto alle correnti femministe, emancipazioniste e abortiste di altri contesti europei.
Personalità di rilievo, come quella, tra le altre, di Anna Rossi Doria, hanno già abbondantemente messo in evidenza quanto la situazione della lotta italiana fosse, negli anni Settanta, caratterizzata dal continuo rischio di una "cancellazione dell'esperienza" dettata proprio dall'urgenza dei tempi.
Carla Lonzi era in questo senso, durante gli anni Settanta, un'antenna culturale che si sostanziava e nutriva di una ampia e ormai in parte irrecuperabile "letteratura grigia fatta di volantini, opuscoli, manifesti" (lo scrivono Teresa Bertilotti e Anna Scattigno nell'introduzione a Il femminismo degli anni Settanta).
Dove trovare, oggi le registrazioni, le trascrizioni, gli appunti dei gruppi di autocoscienza femministi? Come dar loro una cornice comune? Come restituire loro quella luce di mezzo secolo fa?
Parlare oggi di Bianca Garufi significa, almeno in parte, rintracciare quel filo rosso di riflessioni e di pareri plurali (inevitabilmente appiattiti, purtroppo, dalla dimensione diacronica che passa come un rullo sulle opzioni un tempo possibili, ma ormai irrealizzate) allo scopo di restituire spessore a ciascun femminismo, a ciascuna donna, ad ogni protagonista senza perdere la visione d'insieme.
Ricordare oggi Bianca Garufi significa quindi omaggiare il suo essere pioniera e precorritrice.
Intanto, Garufi ha saputo - ben prima degli anni Settanta - denunciare quanto il sistema familiare fosse un difficile campo di forze costrittive e opprimenti (non solo nel Meridione italiano, ma certo anche lì), in cui talvolta la donna (la ragazza, la madre) restava schiacciata dal peso della segretezza, dell'abuso, del non detto. Tutto questo sta nella trama - da lei fortemente voluta - di Fuoco grande, romanzo scritto a quattro mani con Cesare Pavese e pubblicato (postumo a quest'ultimo) grazie al lavoro di recupero di Italo Calvino.
In secondo luogo, Bianca Garufi, un po' come Alba de Céspedes ha portato avanti, tra Roma e Parigi (anche lei), un lavoro di scavo e di introspezione sull'autorappresentazione femminile in veste di scrittrice, senza trascurare la dimensione generazionale o interpersonale. Sandra, la protagonista del romanzo Rosa cardinale, è infatti una donna divisa internamente tra la forza di alcune intuizioni e l'istanza razionale: ella si dibatte tra progressismo e attaccamento al contesto irrazionalista (sua nonna è molto legata allo spiritismo!) fluttuando tra illusione e disillusione in un percorso di formazione e di autoanalisi.
In ultimo (ma questo costituisce forse l'elemento più importante), Bianca Garufi ha voluto indagare anche in senso clinico quella "inferiorizzazione" del femminile, così penosa, così patriarcale, così generalizzata, tanto millenaria quanto ingiusta, visibile dappertutto: dai dati quantitativi sulle quote rosa al divario retributivo, passando per gli esiti (talvolta dubbi, facendo un po' di autocritica) delle battaglie volte a contrastare il sessismo dei linguaggi.
Lì, dove si intrecciano mitologia, poesia, scrittura in prosa, elaborazione teoretica e confronto con i casi clinici in direzione più empirica o scientifica, emerge una voce originale e toccante, che confessa la propria femminilità come un atto politico, privato e pubblico insieme, e che lo vaglia nel contesto di un fondamentale e odioso asservimento al maschile:
"Sono stata cavalla / mucca farfalla / Sono stata una cagna / una vipera un'oca / Sono stata tutte le cose mansuete / e ampie della terra / il vuoto del corno che chiama alla guerra / l'oscuro tunnel dove sferraglia il treno / la caverna a notte dei pirati / [...] / Sono stata tutto ciò che poteva servirti / a prendere il volo [...].
Questi, alcuni incipitari versi della poesia intitolata Come avresti potuto altrimenti (della raccolta Se non la vita - Scheiwiller, Milano 1992). Versi che parlano ancora distitamente alla donna che a tutt'oggi in cerca di sé e che si trova a svolgere il difficile compito di interpretare il suo ruolo senza scomparire nell'informe, denaturandosi alle richieste (conflittuali e paradossali) che provengono a lei dall'esterno, dalla famiglia, dalla società, dalle istituzioni in generale.
Forse non c'è una commemorazione migliore di quella che si può fare interpellando chi ha conosciuto Bianca Garufi, lasciandosi guidare dalla sua sensibilità terapeutica e junghiana. Abbiamo quindi chiesto a Federica De Paolis, scrittrice, sceneggiatrice e dialoghista, autrice del romanzo "Da parte di madre" (Feltrinelli), di aggiungere due parole sulla Garufi psicoanalista e femminista, sulla Garufi radicata a Roma e attiva nelle battaglie per l'emancipazione delle donne.
«Ho avuto la fortuna di conoscere Bianca Garufi nel 1985. Allora quindicenne, sono stata in terapia da lei per un paio di anni. Mi riceveva in uno scenografico appartamento sul Lungotevere, dal quale si scorgeva una Roma vibrante che circondava il Tevere. Facevamo le sedute nel suo salone, era elegantissima, sedeva con le gambe accavallate e il capo leggermente inclinato. Io ero giovane e spaesata, molto turbata dalla complicata relazione con mia madre. Di lei, abbiamo parlato ossessivamente, lo racconto nel mio ultimo libro - Da parte di madre - quasi fosse presente nella stanza, quasi la Garufi avesse a che fare con due donne in una. Mi faceva trascrivere i sogni con la carta carbone, leggevamo assieme “il mio lavoro notturno”, voleva vedere come organizzassi la pagina. Diceva che la scrittura è un luogo di salvezza. Se sono diventata una scrittrice lo devo anche a lei, ha molto insistito su quest’aspetto nel corso dell’analisi, persuadendomi e invitandomi a lavorare su di me, attraverso le parole. Dopo due anni mi ha congedata. Avevamo fatto un bel pezzo di strada assieme. Non sapevo chi fosse, intendo, per me era semplicemente la mia analista, la donna che mi aveva aiutato a risolvere certi pensieri, a guardare il mondo con occhi diversi. Ho scoperto chi fosse davvero all’età di trent’anni. È stato sconvolgente capire con chi avessi avuto a che fare, da quel giorno mi sono messa sulle sue tracce e ho letto quasi tutto quello che ha scritto. Ho rielaborato tutto ciò che ricordo di quei pomeriggi lontani, quando mi ascoltava facendomi sentire a casa».
Chiudiamo volentieri la commemorazione con le parole di Ilaria Moroni - relatrice del seminario: I temi natali nell’archivio di Ernst Bernhard. L’utilizzo dell’astrologia nella psicoanalisi junghiana (https://www.aspi.unimib.it/i-temi-natali-nellarchivio-di-ernst-bernhard-lutilizzo-dellastrologia-nella-psicoanalisi-junghiana/): «nel giorno del compleanno di Bianca può essere interessante osservare il suo tema natale. Un tema che parla da sé: il Sole congiunto a Nettuno ci dice qualcosa del suo animo molto poetico e del suo grande talento artistico. Bernhard avrebbe certo osservato attentamente anche quel Mercurio sull'ascendente, segno chiarissimo di un indiscusso talento comunicativo».
Lascia un Commento