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Il viaggio sentimentale di Paola Cordeschi

Il viaggio sentimentale di Paola Cordeschi

La trilogia composta da “L’amore è crudele”, “L’amore è musica” e “L’amore è silenzio”, edita dalla casa editrice Pagine di Roma: un vero e proprio viaggio sentimentale

Venerdi, 31/12/2021 - IL VIAGGIO SENTIMENTALE DI PAOLA CORDESCHI

La poetessa Paola Cordeschi ci porta, attraverso la trilogia composta da “L’amore è crudele”, “L’amore è musica” e “L’amore è silenzio”, edita dalla casa editrice Pagine di Roma, attraverso un vero e proprio viaggio sentimentale. Paola dunque ci dispiega, attraverso i suoi versi, leggi, usi e costumi (come Laurence Sterne nel suo A Senti-mental Journey through France and Italy del 1768, attraverso i paesi visitati) di quei luoghi ispezionati che sono il suo cuore e la sua anima. Scorrono impressioni, sotti-gliezze, umori, ricordi.
L’'io” della viaggiatrice Paola è assoluto protagonista della scena. I libri sono un dia-rio e, insieme, un autoritratto. Quell’io, che già abbiamo conosciuto in “L’amore è crudele”: Epicentro io / inespressa, insoluta, / in tensione (…), qui, in questa ultima silloge, “L’amore è silenzio”, si definisce in modo netto, mettendo fin da subito i puntini sulle “i”: si qualifica come “una” che ama…dice subito tutto, non vive ade-guandosi, non invade la vita, ecc. Ma questo mettere le mani avanti in apertura di li-bro non deve essere inteso come un atto violento, di sfida, bensì di difesa, per paura di essere ferita. Perché? Perché Paola ama per prima, senza sosta, senza compromessi.
Diversi passaggi della trilogia indicano un divario fra le esperienze vissute e il loro riversarsi in scrittura: ma questo soggettivismo evidente rende indecifrabile il grado di realtà del viaggio amoroso di Paola., facendogli talvolta lambire il regno della fan-tasia.
Non ci sono viaggi, ma viaggiatori, non ci sono mete, ma itinerari. È quanto sembra suggerire Sterne. In questo caso, il diario del viaggio di Paola è anche il nostro. At-traversiamo con lei tutte le ubbìe e gli scuotimenti dell’amore, ben scandagliati so-prattutto nella seconda sezione dal titolo: “Le virtù laterali”:
l’emozione:
L’emozione che colma ogni vuoto,
che ti apre al sorriso
e ti toglie la fame dal corpo,
già tutto nutrito di passione.

Quell’emozione che ognuno di noi ha provato, che strizza le budella, toglie il fiato, la parola, fa tremare le gambe, confonde…
la felicità:
C’è in me una felicità naturale,
nata con me, come i miei occhi
scuri o lo skyline del mio naso.

È nei miei passi, nel respiro,
nel flusso del mio sangue.
Riaffiora testarda dopo
il dolore e la malinconia.

Salta le lacrime a piè pari
e ride e irride contenta
perché anche la sofferenza
può essere, a volte, inondata
di tiepido, inaspettato sole.

Perché i poeti li pensate infelici?

la paura:
Certe volte ho paura d’amarti…

Oppure:

E’ lì in agguato la paura,
nascosta in un angolo,
pronta a cogliere l’attimo
di trepidante incertezza,
malerba avviluppata alla mente,
che soffoca i pensieri.

la rinuncia:

È doloroso rinunciare a te (…)

Il dubbio, associato al silenzio:
E il dubbio poi del tuo silenzio,
non sapere se, offeso o indifferente,
non rispondi ai messaggi
di un amore accucciato tra le righe. (…)

E ancora:

Il dubbio si insinua fra le tende,
dentro i vasi di fiori, sotto le lenzuola. (…)

la rabbia:

La rabbia, un tempo,
avvelenava il mio corpo
e la mente.

Il rispetto, l’impazienza, l’oblio, il ricordo, le indecisioni, i ripensamenti, la premura, la ribellione, la gelosia, insomma tutti i movimenti dell’anima ondeggiante e fluttuante (questo Gran Canyon dell’anima, / panorama immenso / che mi dà le vertigini), io oscillo insieme a te….seguendo le correnti del pensiero. Insomma, quei repentini cambi di umore di noi donne….
*****

C’è un filo conduttore di figure femminili che corre per tutta la trilogia e forse non se ne è parlato abbastanza. Quelle alter ego così importanti alla dialettica della poetessa, quale specchio che spesso riflette una varietà di sfumature: Misera donna / che cerchi di nascondere /, ridendo ironica, / la verità che non vuoi dirmi (…).
Chi sono queste donne? Quelle presenti in “L’amore è crudele”: la madre, Marzia, Flavia, la sorella, Giulia, Silvia, Antonietta, ecc. E, in quest’ultima silloge, Sant’Anna, quella santa rappresentata dall’affresco trovato a Faras, nell’Alto Egitto, custodito nel museo nazionale di Varsavia. Si ritiene che Sant'Anna sia stata venerata in Nubia. In primo luogo il culto era legato al fatto che lei fosse la madre di Maria, e quindi un'antenata di Cristo. B. Mierzejewska ritiene che le donne nubiane abbiano pregato Sant'Anna a causa del concepimento miracoloso di sua figlia, sperando di ottenere il suo sostegno esaudendo le loro richieste relative alla gravidanza, alla salute dei bambini e al benessere delle madri.
Ora questa Santa apre le pagine di questa ultima silloge poetica di Paola Cordeschi e ci dice di fare silenzio. Ma quale silenzio? Perché? È il silenzio del mistero… L’amore stesso è mistero.

Il mistero mi trafigge di quel desiderio
silenzioso e inesauribile di esser tenuta
stretta per mano da una mano, solo quella,
sempre quella e non altre.

Qui il mistero è chiaramente e necessariamente accompagnato dal silenzio, che per Paola non sarebbe naturale, ma che nella lirica “Silenzio, silenzio, silenzio” diventa necessità impellente:

Innesto il silenziatore sul cuore,
e in silenzio provo a spegnerlo.

Questa ossessiva ripetizione della parola “silenzio” è comprensibilissima: la poetessa cerca in tutti i modi di mettere a tacere L’INTENSITÀ DEL SUO SENTIRE per non essere invadente e non soffrire. Attraverso il silenzio spesso il mistero è svelato:

In silenzio hai rivelato
a me la mia follia (…).

Paola è capace di riscattarsi da un falso silenzio che la getta nella disperazione:

Silenzio, buco nero
che risucchia da sempre
la mia vita.

Da quel mutismo, del padre, della madre, del compagno, che non ottiene risposte o dialogo, arriva a quella bellissima definizione di silenzio meditato, ultima frontiera / trasformata in risorsa. (…). Infatti, la poetessa afferma che il silenzio, invece, si im-para / attraversando a piedi nudi / il dolore, che non ha parole, / quando non c’è nessuno / che sappia, con dolcezza, / leggerti il cuore.
Il gruppo di liriche dedicate al silenzio è consistente nella quarta parte ove il dato on-divago dell’anima in pena è evidente. Sì l’amore è silenzio, però è anche:

urlare senza voce
alle stelle immobili
e lontane.

Ci sono vari tipi di silenzi, d’altronde il silenzio si impara. Per esempio, c’è quello più profondo…vuoto di pensieri, / sperdimento / di malinconia che segue dopo una settimana, un giorno o un pomeriggio in cui ci siamo dati troppo al mondo, persi in incontri, aperitivi, abbracci e che ci è prezioso / per ritrovare vita. C’è quello della ragione che tace, l’amore / non vuole proprio ascoltarla / perché dice codarde bugie. C’è quello Pasqua , Pasqua silenziosa di passione, / sembra scomparso il mondo. C’è quello peggiore di un’offesa, è come dire: “Non meriti / neanche una risposta”. C’è il silenzio che cela il dubbio: E il dubbio poi del tuo silenzio, / non sapere se, offeso o indifferente, / non rispondi ai messaggi / di un amore accucciato tra le righe. C’è quello carico di voci come nella famosa canzone “La voce del silenzio”, cantata da Dionne Warwick e Mina: ed ho sentito nel silenzio
una voce dentro me
e tor-nan vive tante cose
che credevo morte ormai…

Paola Cordeschi fa eco:
Il suono del silenzio totale
rende più forti le voci
che gridano dentro di me.

Voci di struggente amore…


La genealogia al femminile si completa in quest’ultima raccolta con la metafora dello specchio: specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame? Quante ore le donne passano davanti ad uno specchio? Ricerca di una femminilità fiera, ri-generata, consolidata e volitiva, che cerca di ritrovare l’equilibrio: Ora, immersa nel tuo silenzio, / passo dentro lo specchio / e mi vedo tremante / gli occhi verdi di la-crime…
“Posso farcela”: Con gli occhi cerco / una nuova freschezza, / risorta da me sola, /per potermi sorridere allo specchio, / anche senza un tuo gesto.

Paola si specchia negli occhi smarriti dell’amato, cercando di essere accolta e ane-lando ad una intima fusione amorosa.
*****

L’amore di Paola Cordeschi è UN INNO (Io il mio amore lo vivo), al pari di quello cantato da Jacques Prévert (“Cet amour”: e d’altronde in ”L’amore è musica” c’è una poesia dal titolo “Questo amore”), o di quello osannato da San Paolo nella famosa prima lettera ai Corinzi: senza amore si è niente, dice San Paolo, e non è questo il ri-schio di Paola che è vibrante, piena e ricca di questo nobile sentimento. Ed ecco allora l’inno di Paola all’amore che ricalca nelle parole quello di Paolo (l’amore è paziente, è benigno, non persegue il proprio interesse, non si indigna, non nutre alcun risentimento per il male ricevuto, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta, ecc.):

l’Amore non smette

L’amore non conosce ferite mortali.

Non scompare per la lontananza,
non si offende per un duro rifiuto,
non svanisce per qualche delusione,
non muore nel prolungato silenzio.

L’amore capisce, non si lascia
prendere nella rete dorata
o nella ruota turchese del pavone.

L’amore non smette d’amare.

L’amore è uno sguardo / di parole non dette, / così chiaro e potente / che non si può sbagliare.

Si sa, i poeti scrutano l’oscurità e viaggiano, da sempre e per loro indole, nel mistero; ed è per questo che Paola e Shakespeare si trovano d’accordo nel dire che Amore non è Amore se muta quando scopre un mutamento (Sonetto 116), perché l’amore non cambia, non muta, insomma NON SMETTE.

*****
Lo sguardo – leggero, allusivo, seduttivo, curioso, avvolgente. È uno dei temi della raccolta che ha una sezione intitolata “Solo per i miei occhi”. C’è lo sguardo di lui che incontra quello di lei stabilendo l’inizio di un contatto: e il tuo sguardo trapassa l’anima; complicità riflessa nei tuoi occhi; e mi sento teneramente trafitta / quando non hai gli occhi / di un uomo felice; Quando mi guardi / l’amore mi rapisce; Attra-verso gli occhi è entrata / dentro di me la tua inquietudine.
E Paola? Paola si accontenta semplicemente di guardare il suo amore in silenzio; la sua anima si rallegra solo contemplando il suo sorriso. I loro sguardi intrecciati si ac-cendono: nei tuoi occhi si accende / una luce di gioia e di allegria, / e mi avvolge il tuo sguardo / quasi di dolcezza troppo a lungo / trattenuta nel cuore.

*****

C’è un poco di amore cortese in questi versi di Paola Cordeschi: amo-re-sogno…luminosa illusione.. Già nella raccolta al titolo “L’amore è musica”, Paola scrive:




Canzone medievale

Sei dunque tu
il mio cavaliere errante,
quello che era con me
all’inizio del mondo,
prima di perderci
per i fatali errori.

Da secoli io aspetto
con fede il tuo ritorno,
scrutando quieta dalle torri,
il margine del bosco.

Non finiscono mai
guerre e pellegrinaggi
alla ricerca del sacro,
intimo tuo Graal.

Nostalgia, malinconia
dolce di averti ritrovato
sapendo di dover perderti
di nuovo se anche questo
sogno si rivelasse fumo
dalla lingua del drago.

Paola, alias Rossella O’Hara, alias Jaufré Rudel. Ma Voi non mi volete, mio Signore, dice. Jaufré Rudel è il poeta trovatore dell’amore che fu ispirato dalle descrizioni dei pellegrini, provenienti da Antiochia, che decantavano la bellezza e le virtù della con-tessa. Si innamorò senza averla mai vista e proprio per conoscerla, partecipò alla se-conda crociata, guidata dal re di Francia, Luigi VII, e partì per mare, ma durante il viaggio si ammalò. Riuscì a giungere a Tripoli e fu portato in un albergo in fin di vita. La contessa fu chiamata al suo capezzale, quando egli seppe che era la contessa, re-cuperò subito l’udito e il respiro, lodando Iddio per averlo tenuto in vita finché l’avesse vista. E così morì tra le braccia di lei. Poi la donna lo fece seppellire nella casa del Tempio e prese il velo monacale per il dolore della morte di lui:

Ben so che mai ho goduto di lei
e che di me ella già non godrà,
né mi farà promessa di se stessa
né per suo amico ella mi vorrà;
mai m’ha mentito e mai m’ha detto il vero
e io non so, se giammai lo farà, a, a.
(La poesia dell’antica Provenza, Guanda Editore, 1984, p. 89)

*****

E lui? Que reste-t-il de nos amours / Que reste-t-il de ces beaux jours / Une photo, vieille photo / De ma jeunesse…Un viso bambino in una vecchia foto, direbbe Char-les Trenet…Un’ immagine di spalle…Giusto per riconoscere la forma amata…Non è il principe azzurro, ma Paola sa perdonargli tutto e sa amarlo per quello che è, sem-plicemente uomo. Normalmente noi donne tendiamo a voler cambiare il nostro part-ner!
Fisicamente poco sappiamo dell’uomo amato da Paola. Lui è bello e impossibile, di-rebbe Gianna Nannini: bello, senz’altro; impossibile, sicuro, direi inafferrabile, inco-noscibile, indecifrabile, STRANO…tu, sfuggente, ti sottrai (non ci dicevano le nonne che in amor vince chi fugge? ma forse prima del femminismo…); non dal sapor me-diorientale ma dal sorriso etrusco; è Dedalo che ha creato il labirinto in cui Paola ha perso il cuore e si abbandona ad un altalenante tira e molla.
La sua voce al telefono (leggere poesia a pagina 96 del libro “L’amore è musica”dal titolo “La tua voce al telefono”) è come quella della protagonista di “La voix humai-ne” di Jean Cocteau, opera teatrale del 1930, in cui la donna (grandissima l’interpretazione di Anna Magnani), dopo essere stata lasciata, telefona al suo amante (del quale non si sente mai la voce all'altro capo del telefono) che ama ancora. Lo supplica affinché si salvi almeno il ricordo di quell’amore che fu.
Una voce lontana ed inaccessibile. Silenzio.

Fausta Genziana Le Piane

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