Una storia di donne protagoniste, che cercano il proprio ruolo nel mondo tra il ’46 e il ’68 con un focus sugli scioperi delle tabacchine di Lanciano
Nina, diminutivo di Giovannina, è la protagonista del Il pozzo delle bambole di Simona Baldelli (Sellerio editore, 2023). Una bambina che si ritrova a crescere e a vivere il mondo da un orfanotrofio, perché all'alba del 2 dicembre dell'anno dopo la fine della guerra, anche a lei è capitato in sorte di venire abbandonata. Essere messa in quella ruota fatta di legno, in cui altri prima e dopo di lei passeranno. È stata battezzata con quel nome in onore di uno dei santi venerati quel giorno, il beato Giovanni di Ruysbroeck.
In orfanotrofio le cose non sono facili, alla bambina piombano addosso sconforto, mortificazione, rabbia, dentro di lei vortica un gorgo nero, anche perché corre una cattiveria sottile per tutto l'istituto. Le suore, che dovrebbero accogliere confortare e amare i bambini, pensano molto più al proprio benessere. Cucinano ai bambini gli scarti; le punizioni corporali sono all’ordine del giorno e ai piccoli viene impedito di saperne di più di quello che succede al di fuori di quello spazio, dove il tempo sembra essersi fermato. Gli orfani e i trovatelli non ricevono carezze e affetto, ma il loro senso di solitudine, di rifiuto e di abbandono cresce giorno dopo giorno.
Mentre fuori, nel mondo. accadono eventi straordinari ‒ l’arrivo della televisione, l’assassinio di J.F. Kennedy e il discorso di Martin Luther King ‒ i bambini continuano a vivere esclusi tra preghiere e mortificazioni. Solo suor Immacolata cerca di stare vicina ai ragazzini nel minimo del possibile, le sue carezze, però, non hanno quel calore che solo un genitore può offrire.
Perché qualcuno si accorga di lei, Nina deve compiere gesti clamorosi, per esempio, prendere le difese degli altri bambini, quando vengono maltrattati senza motivo.
In un episodio narrato in modo efficace Nina dà una forchettata sulla mano a una ragazzina, che ruba la carne dal piatto di una compagna indifesa. Nina ha un peso sul cuore: «dovunque guardasse vedeva tristezza, rancore, solitudine. Chissà perché erano stati chiamati al mondo, loro, i poveri bambini che nessuno voleva». Perché loro non erano altro che «esclusi da ogni gioia».
A loro ogni mese tocca anche mostrarsi perché qualche famiglia al di fuori delle mura si decidano ad adottarli. Ma a Nina questo non capita.
Sono in pochi a sapere davvero quanto e cosa significhi realmente essere scelti e adottati, e Nina è una tra questi.
I bambini vengono vestiti, fotografati e esposti davanti alle diverse famiglie che vengono ad osservarli e studiarli. Sono in pochi a lasciare, però, il brefotrofio, perlopiù bimbi piccoli oppure giovani donne destinate a diventare delle serve.
Un giorno nel brefotrofio arriva un’orfana che si chiama Lucia, una ragazzina dalla pelle di burro e con i capelli lucenti e con i modi troppo cittadini per quell’ambiente.
Nina si lega subito a lei, cercando di proteggerla, mettendo da parte se stessa. Rimanendo però di nuovo da sola, una volta che questa viene adottata. Da quel momento in poi Nina giurerà di non affezionarsi più a nessun altro.
Raggiunta l’adolescenza, la protagonista va a lavorare al tabacchificio di Lanciano. Un luogo che sente in parte suo, perché le tabacchine come le ragazze del brefotrofio vengono escluse dal resto della cittadina. Le primeper la puzza che impregna i loro vestiti e per la vergogna di fare un lavoro del genere, le seconde perché si portano dietro la colpa di essere state abbandonate e scartate.
Nina sente, infatti, il peso del passato e dei segreti del brefotrofio è sempre lì che fatica ad uscire dal petto della protagonista. Fa fatica ancora a vedersi nel mondo ed a non sentirsi rifiutata.
Nonostante Nina si sia sempre sentita sola, non meritevole di amore, è grazie al lavoro che afferma se stessa. E acquisisce coraggio per la prima volta. E decide anche di riprendere gli studi, incoraggiata da Carla, si costruisce una nuova vita, lontana dall’istituto. Ma il suo coraggio, gli incontri, le esperienze e soprattutto le scelte che compirà la renderanno ‘una donna’.
La storia di Nina, allora, entra a far parte delle vicende del Sessantotto. Il romanzo, infatti, si sofferma su una vicenda realmente accaduta: la rivolta delle tabacchine di Lanciano, donne che per protestare contro i licenziamenti occuparono la fabbrica per quaranta giorni.
L’occupazione del tabacchificio di Lanciano ‒ l’episodio più importante e rappresentativo del romanzo (e il felice esito che permette di conservare il posto di lavoro a tutte le lavoratrici) ‒ è una conquista che vede Nina, insieme alle amiche Marcella e Carla, non solo in prima linea e artefice della vittoria, ma anche motivo di crescita: diventano infatti delle donne che possono scegliere il loro destino. Quando alla maggior parte delle donne era ancora imposto dalla famiglia.
Nina cresce pagina dopo pagina, ed è legata all'Italia delle lotte sindacali e a quella spensierata dei fotoromanzi, amati dalle ventenni in attesa di diventare così belle da bucare con gli occhi l'obiettivo. Il libro descrive anche l'Italia della musica leggera, di brani memorabili come Azzurro di Adriano Celentano che Nina canta a un certo punto, felice e speranzosa, mentre sogna un futuro in cui ogni cosa è possibile.
Baldelli dà vita a un racconto appassionante, una sorta di album dei ricordi, e il romanzo scorre con grazia, ancorato a una lingua viva e semplice.
Simona Baldelli dà voce ad una storia di donne. Che cercano il proprio ruolo nel mondo. Ambientato in Abruzzo, nella città di Lanciano, immediatamente dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il romanzo segue gli eventi dal ’46 al ’68.
Il pozzo delle bambole si rivela così un romanzo che mostra la crescita dei suoi protagonisti attraverso gli eventi storici, guidati dall’azione delle donne stesse.
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