Venerdi, 21/08/2020 - Uscito nel 2018 per le Edizioni Progetto Cultura, il libro di Sarita Massai, scrittrice senese e docente di lettere, attraversa la psicologia del trauma senza pruderie e facili sentimentalismi ma con un linguaggio semplice e diretto che ha il merito di trasformarsi in parola poetica per accompagnare il lettore fra le righe di una storia complessa e renderla accessibile a tutti.
Con il titolo Il nome del male, che evoca La banalità del male di Hannah Arendt, l’autrice guarda in faccia il male stesso, connotandolo di caratteristiche ben precise. Lo fa con delicatezza, lasciando emergere le emozioni senza mai compiacersi della sofferenza che racconta e senza soffermarsi troppo sui fatti. Sarita non cerca consensi, osserva i fatti, decodifica vissuti interiori tutt’altro che semplici e li colloca all’interno di una definizione ben precisa.
Scrittrice, poetessa e madre, l’autrice commuove, stupisce, accompagna il lettore in una sorta di pellegrinaggio agli inferi lasciando che i sentimenti di una bambina galleggino da soli fra il magma di situazioni che ella si trova a dover attraversare. La scrittura é incisiva come quella di un artigiano argentiere e ogni frase tratteggia i personaggi, come fanno le pennellate di un sapiente pittore.
“Tanto tempo fa, quando il grano non era ancora maturo. Un mondo senza spazio né tempo”. Così inizia la favola di Sarita, come si legge nella quarta di copertina. Poi il tempo trova la sua collocazione, lo spazio si dilata e si circoscrive: “Dove sono nata io, la vita era ancora semplice e immediata”. Nonostante il tema affrontato nel testo non é mai presente una drammaticità senza vie di uscita che appesantirebbe la lettura, ma tutt’altro, il racconto é fluido e pagina per pagina cresce la voglia di giungere alle ultime righe.
Un libro importante che nasce dal desiderio di raccontare e sviscerare un tema mai abbastanza trattato. Sarita parla di persone vere, viviseziona emozioni e sensazioni, sentimenti e risentimenti ma anche percorsi di riscatto con la forza e la dolcezza di un femminile fertile. La scrittura é libera, lo stile misurato, la sintassi ripercorre i fatti facendo scattare in noi immagini che si ritrovano disseminate fra le pagine del testo fra contraddizioni e ricerca di un senso.
“Mamma il dottore mi bacia e mi tocca”.
Nessuno ha mai voluto ascoltare quella frase fino a costringere la protagonista ad una perenne fuga. “ Fuga dai ricordi. Fuga dagli amici. Fuga dai nemici. Fuga dagli amori. Fuga dalla realtà”.
Un libro da leggere prima a bassa voce, poi ad alta voce per far arrivare al lettore ogni sensazione. Ogni brano, come dice la stessa autrice, necessita di un tono appropriato, a luci soffuse, con una parola che si fa poesia e non é mai giudizio o drammaticità. Fino a giungere a quel nome palindromo: Anna, la figlia di una figlia divenuta, malgrado tutto e tutti, una donna, un faro, una speranza.
M. Paola Dei
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