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Il Lavoro e i Referendum dell’8/9 giugno: il peso di una sconfitta

Il Lavoro e i Referendum dell’8/9 giugno: il peso di una sconfitta

La bassa percentuale dei/delle votanti, nonostante un tema importante come il lavoro, non permette di raggiungere il quorum: è un ulteriore messaggio inviato alla politica per la sua scarsa credibilità

Mercoledi, 11/06/2025 -

È vero che i quesiti dei 4 referendum sul lavoro intervenivano su aspetti specifici non alla portata del ‘comune cittadino’ che avesse voluto esprimere un voto consapevole.

È vero che, tardivamente e dopo le proteste del Comitato referendario, la Rai e i media in generale hanno iniziato a dare un po’ di informazioni nel merito.

È vero anche che, al di là degli aspetti tecnici, era chiara la valenza politica dell’appuntamento referendario nell’intento di richiamare l’attenzione nazionale sul grande tema del LAVORO. 

Quindi il voto aveva un doppio valore: di merito e più squisitamente politico.

Il fallimento dell’obiettivo del quorum è un fatto pesante da accettare e che va studiato attentamente nella sua complessità.

Perché se solo poco più del 30% degli/delle aventi diritto ha deciso di votare non vuol dire che il tema non interessi gli altri milioni di italiani/e che si sono astenuti.

Fino a che punto e in quanti hanno compiuto una scelta ragionata? 

Come leggere ‘dentro’ le stratificazioni delle motivazioni di un cosi grande numero di persone coinvolte, direttamente o indirettamente, nei temi richiamati dai referendum?

Tra le molte questioni che questo fallimentare appuntamento con le urne pone - dovrebbe porre - al centro è il grado di sfiducia per la politica che non si recupera neppure su un tema assolutamente concreto e reale come il LAVORO e i DIRITTI correlati.

Siamo oltre tutti i campanelli d’allarme, che suonano da troppo tempo, inascoltati.

Il tenore delle dichiarazioni rilasciate a commento dell’esito della consultazione referendaria, avvitate intorno alla conta dei circa 13 milioni di elettori ed elettrici, sembra non preludere ad una presa di coscienza adeguata alla gravità della situazione. Non è ‘solo’ disaffezione per l’istituto referendario da correggere con modifiche costituzionali (che oggi appaiono particolarmente pericolose). C’è molto di più e più profondo, che non sembra recuperabile in breve tempo o con operazioni di maquillage elettoralistici.

Il punto, sempre più chiaramente, è cercare/trovare il modo di ricostruire un rapporto fiduciario con una POLITICA che deve tornare ad essere CREDIBILE. 


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