Per non dimenticare la Shoah e per capirne le ragioni, evitando la banalizzazione e la retorica, occorre una Memoria viva
“Il 27 gennaio è una data molto importante, indispensabile per sollecitare in particolare le giovani generazioni a non dimenticare e, soprattutto, a comprendere le radici profonde che determinarono l’Olocausto”. A parlare è la prof.ssa Milena Santerini, docente ordinaria di Pedagogia e vicepresidente del Memoriale alla Shoah di Milano, che abbiamo intervistato in occasione dell’incontro “Le parole della memoria nel contrasto alle discriminazioni e all’hate speach” organizzato nell’ambito dei percorsi di aggiornamento professionale per i giornalisti da Carta di Roma e 24marzo onlus con l’Ordine dei Giornalisti del Lazio (Roma, 23 gennaio 2023). Restituire valore alle parole è il primo passo verso la comprensione di fatti aberranti che hanno attraversato la Storia, dice Santerini. I nazisti sterminatori di milioni di persone erano sadici o mostri? e l’indifferenza di tanti? Sono tante le domande che dobbiamo porci affinché “la memoria resti viva per aiutarci a comprendere i meccanismi che hanno consentito quegli orrori ed evitare che si ripetano”. Occorre evitare la banalizzazione del Giorno della Memoria con celebrazioni formali o retoriche che non siano accompagnate da una corretta informazione e da un intelligente racconto.
E' importante, ad esempio, conoscere come le donne nei campi di sterminio hanno reagito alla fame, al freddo, alle violenze continue. “I campi ci sterminio avevano la caratteristica di dividere, di rendere disumane le persone istigando i peggiori sentimenti, il vivere a danno degli altri. Abbiamo tante belle testimonianze di donne che capirono come, proprio in quelle condizioni disumane, la parola ‘resistenza’ diventava più forte se declinata in unità tra le persone, in solidarietà tra gli esseri umani. Non è un caso - continua Santerini - che anche oggi tra le donne ci sia grande attenzione ai vari aspetti dell’odio, che si esprime in tante forme: razzismo, sessismo, antisemitismo. Che ci sia attenzione all’hate speach, il linguaggio d’odio”.
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