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Il dramma delle donne afghane. Il racconto 'in diretta' di Pangea Onlus

Il dramma delle donne afghane. Il racconto 'in diretta' di Pangea Onlus

Simona Lanzoni: "bisogna salvare coloro che potranno ricostruire un Afganistan nuovo..."

Martedi, 17/08/2021 - Pangea Onlus da molti anni è presente in Afghanistan con progetti di empowerment delle donne. Mentre i notiziari e la rete raccontano una situazione drammatica e i tentativi di fuga da Kabul raggiungiamo Simona Lanzoni, vicepresidente della Fondazione Pangea Onlus, e raccogliamo le sue riflessioni ‘a caldo’ per avere anche informazioni in ‘diretta’ da quel paese poiché le attiviste italiane hanno contatti diretti con lo staff afghano.

Come stava cambiando la situazione per le donne, con la presenza degli eserciti stranieri?
Paradossalmente la presenza di un esercito straniero, anzi di eserciti stranieri, ha permesso in alcune zone dell’Afghanistan di evolvere molto velocemente sia grazie all’alta tecnologia che ha in qualche modo spinto una popolazione intera a passare dal medioevo al presente, sia perché comunque gli eserciti portano tanti soldi. Le donne hanno iniziato a studiare, piano piano ogni anno sempre di più, dalle piccole a quelle che sono arrivate all’università e questo ha migliorato sicuramente un paese dove l’80% della popolazione femminile in alcuni punti anche il 100% è completamente analfabeta. Le donne hanno scoperto Internet, hanno scoperto il resto del mondo, hanno scoperto i social. Non si sono mai fermate; neanche gli uomini si sono fermati perché tutti avevano sete di conoscere che cos’era il mondo. Per me l’idea che l’arrivo dei talebani blocchi un processo culturale in corso appena iniziato è qualcosa di devastante. Per le donne in primis ma anche per tutti quegli uomini che hanno voglia di pace.

In queste ore drammatiche con la presa del paese da parte dei talebani, quali sono le maggiori preoccupazioni delle donne?
Attualmente le donne in Afghanistan vivono qualsiasi tipo di rischio di essere violentate, sposate contro la loro volontà, stuprate; rischiano di essere l’ombra di se stessa come lo sono state per anni durante il regime dei talebani. Quando ero in Afghanistan, proprio all’inizio della fine dei talebani, avevo ascoltato tantissime donne; c’erano tantissime donne che avevano speso quattro anni della loro vita chiuse in casa… vi rendete conto di cosa vuol dire? Ecco attualmente le donne rischiano questo: di non esistere.

Era prevedibile questa rapida affermazione degli integralisti?
Non ci si aspettava un’escalation così veloce e devo dire che la comunità internazionale ha dato il peggiore dei suoi esempi, l’Afganistan che sempre resta terra di nessuno.

Quali sono, oggi, le prospettive di una organizzazione come la vostra e come possono aiutarvi le donne occidentali e la comunità internazionale?
Attualmente è importantissimo mettere in protezione coloro che si sono spese per anni per cambiare questo paese per trasformarlo, le operatrici delle ONG come quelle di Pangea, le giornaliste, le registe, le scrittrici, le attivista per i diritti umani, le insegnanti, le professoresse universitarie, le avvocate e le magistrate. Sono tutte a rischio; bisogna salvare coloro che potranno ricostruire un Afganistan nuovo. L’interlocuzione che oggi viene richiesta dalla comunità internazionale con i talebani è decisamente qualcosa di disgustoso. Sto sentendo che ultimamente il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha chiesto ai talebani di garantire una presenza femminile importante a tutti i livelli in ogni campo. Immagino che ci saranno tante donne che comunque sono assoggettate ai talebani e che non avranno difficoltà a ricoprire questi ruoli, ma queste donne non faranno mai la differenza anzi struttureranno ancora meglio l’emirato islamico afgano. In questo momento bisogna capire cosa succederà e poi dopo si cercherà di agire, anche clandestinamente se c’è bisogno, per continuare a dare speranza a coloro che vogliono la pace, a coloro che vogliono i diritti. Nella consapevolezza che questo non vuol dire occidentalizzarsì ma vuol dire semplicemente rispettare la dignità umana.

Altra testimonianza di Pangea Onlus, raccolta da Mariangela Pani e pubblicata da Adnkronos


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