Il cromosoma XX svela (e spiega) il “super-potere” femminile
L’articolo esamina i contenuti del libro del genetista Sharon Moalem “La metà’ migliore”. Mette in evidenza i principali contenuti con l’aggiunta di alcuni interrogativi personali
Giovedi, 22/07/2021 - Il cromosoma XX svela (e spiega) il “super-potere” femminile.
La medicina di genere, ossia, la medicina che studia le differenze fra femmine e maschi in tema di morbilità e di risposta immunitaria e farmacologica è una “scoperta” recente. Paradossalmente, mentre la ricerca scientifica fa passi da gigante nella scoperta di cure, interventi e anche prevenzione delle malattie, lo ha fatto, per molto tempo, dando per scontato che il corpo maschile e quello femminile si comportassero allo stesso modo. Con una differenza: alle femmine, nel momento della prescrizione dei farmaci, veniva (o viene!?) somministrato un dosaggio inferiore. Insomma, una via di mezzo fra quello per bambini e quello per gli uomini adulti. Alle bambine, immagino, venga somministrata una dose inferiore a quello dei coetanei maschi.
Questa applicazione è andata avanti per molto tempo.
Fino a quando alcuni studi non hanno messo in evidenza che la predisposizione alle malattie, la risposta immunitaria, il decorso, la reazione ai farmaci non è affatto indifferente rispetto al cromosoma XX o XY.
L’analisi di questa differenza è l’oggetto di trattazione nel libro di Sharon Moalem, neurogenetista e specialista in biotecnologie (e, no, è un uomo, contrariamente a quanto lasci intendere il nome “Sharon”!) dal titolo “La metà migliore. La scienza che spiega la superiorità biologica delle donne” (Utet, 2021).
Ma come nasce questo libro e la rielaborazione dell’approccio medico in base alla differenza sessuale?
Scrive Moalem:
“La pratica medica è basata su ricerche condotte principalmente su cellule maschili, animali di sesso maschile e soggetti maschi. Di conseguenza, rispetto ai fattori decisivi per la salute e per il benessere, conosciamo meglio gli uomini. Nella pratica clinica permane uno scarso interesse per le differenze fra i sessi. Ciò è dovuto per lo più al fatto che la comunità dei medici ignora la profonda specificità cromosomica delle femmine. Non si era capito che le cellule femminili fossero in grado di cooperare sul piano genetico e che le donne sfruttassero il potere del loro cromosoma X silenziato in tutte le loro cellule. Poi, naturalmente, c’è la questione del privilegio immunitario innato nelle donne, grazie a cui sono più adatte a contrastare tanto le infezioni quanto il cancro. Se oggi sappiamo che per questo privilegio le donne pagano il prezzo di una maggiore incidenza di malattie autoimmuni, è impossibile negare la forza e la versatilità genetica intrinseca data alle donne dai loro due cromosomi XX”.
La differenza, in sostanza, è determinata dal fatto che le femmine possiedono due cromosomi X, mentre i maschi hanno un cromosoma X e uno Y. Pertanto, quando si tratta di far fronte ad “attacchi” alla salute, le femmine possono utilizzare una doppia dose di “risposte” genetiche diverse. Questa più articolata possibilità di attingere a una conoscenza genetica diversificata fa in modo che il tasso di sopravvivenza delle femmine sia maggiore nel caso di una bambina in terapia intensiva, nel contrastare con maggiore successo le infezioni, nel ridurre la probabilità di disabilità intellettiva etc.
In termini evolutivi, questa maggiore “resistenza” delle femmine si spiega con la necessità di garantire, a sé e alla prole - e quindi all’intero genere umano - una maggiore probabilità di sopravvivenza.
A individuare per la prima volta la differenza nel corredo cromosomico XX e XY degli umani furono due ricercatrici, Nettie Stevens e Mary F. Lyon. Tuttavia, il merito della scoperta andò a Edmund Beecher Wilson che si intestò, facendole pubblicare prima, le conclusioni alle quali era giunta Nettie Stevens. Ma, a questo punto mi domando: sarà che questa pratica di sottrazione dei meriti scientifici, e non solo scientifici, sia inscritta (anche questa!) nel cromosoma Y oppure dipende dalla cultura o da entrambe le cose? [1]….
Ma andiamo avanti, altrimenti c’è da arrabbiarsi e anche parecchio!
Gli studi delle due scienziate dimostrarono che l’uomo e la donna differiscono sul piano genetico.
Nella donna, ancora prima della nascita, il secondo corredo cromosomico X viene inattivato e silenziato, anche se ancora non se ne conosce il meccanismo. Ogni cellula femminile, quindi, ha un cromosoma X attivo e uno X inattivo, sotto forma di “corpo di Barr”. O così almeno si credeva …..
In realtà, studi più recenti dimostrano che quella X silenziata non è completamente silenziata. Le donne infatti possono fare uso dei due cromosomi X e di tutti i miliardi di cellule che contengono, perché la X inattiva continua ad aiutare la X attiva a sopravvivere. La presenza di un ulteriore cromosoma X fornisce infatti una potenza genetica maggiorata alle cellule delle donne, un vantaggio che i maschi non hanno.
Questo vantaggio è visibile quando il cromosoma X, per qualche ragione, è “danneggiato” o sotto stress. Nel caso delle donne, possono fare ricorso alla X supplementare, mentre i maschi non hanno questa possibilità. La X di scorta. Per questo sono più soggetti a disturbi come, per esempio, le infiammazioni, l’emofilia, il daltonismo, lo stress, l’HIV, la dislessia o le disabilità intellettive (per es. l’autismo, disturbi da deficit di attenzione e iperattività, disturbi dell’apprendimento, balbuzie etc). Venendo ai nostri giorni e alla pandemia, spiega anche perché le femmine sono più resistenti al Covid-19 e hanno tassi di sopravvivenza maggiori rispetto ai maschi. Un fenomeno notato statisticamente e che è stato più volte sottolineato dai media. Questo dato si spiega con la maggiore capacità delle femmine di resistere agli attacchi di virus e batteri.
Complessivamente, gli studi svelano che le donne hanno un tasso di longevità superiore a quello degli uomini.
Altre ricerche, molte delle quali proseguono dagli Anni ’60, sembrano confermare una correlazione positiva fra il cromosoma Y e i comportamenti violenti.
Mettendo insieme queste due informazioni possiamo dire che la prima affermazione è vera, a meno che, non intervenga la seconda: le femmine vivono di più…se un maschio violento non toglie loro la vita.
Questi dati sono stati riscontrati in tutto il mondo, a prescindere dalla cultura, dalla latitudine, dallo sviluppo economico e da altri fattori: le difficoltà biologiche della vita, dalla sopravvivenza allo sviluppo, vengono superate meglio dalle femmine.
Sarà forse per compensare la maggiore attenzione e cura riservata ai maschi, in molte troppe culture (ahnoi!), rispetto alla minore attenzione (se non soppressione intenzionale!) che per anni, decenni e più e più tempo, è stata riservata alle femmine? Che, per questo, hanno sviluppato un sistema autonomo e rafforzato di sopravvivenza. Insomma, “natura” e/o “cultura” e/o entrambi? La ricerca approfondirà (speriamo!) anche questo ulteriore aspetto.
Come spiega Moalem:
“Non solo le donne hanno più opzioni genetiche tra cui poter scegliere all’interno di ogni cellula, ma hanno anche la capacità di cooperare e condividere la loro conoscenza genetica differenziata tra le loro cellule. Questa forma di cooperazione cellulare avviene contemporaneamente tra e dentro milioni di cellule femminili, che collaborano mettendo in comune il proprio sapere genetico collettivo per affrontare gli ostacoli. Ed è questa migliore cooperazione a creare i presupposti per la straordinaria resilienza che solo le femmine possiedono”.
Sarà perché vediamo meglio le cose?
Eh si, perché, fra i super-poteri riservati dal doppio cromosoma XX alle donne, c’è anche la cd. “visione tetracromatica”. Ossia, circa il 5-15% delle donne riescono a vedere 100 milioni di colori invece di 1 milione come gli altri (tutti) e le altre (il restante 75-95%).
Anche se questi super-poteri spesso le donne li usano contro sé stesse e sviluppano più facilmente malattie autoimmuni.
Anche qui, è triste constatare come le donne, troppo spesso e non solo in campo medico-biologico, tendano ad agire contro sé stesse, le altre e il proprio interesse.
[1] Su questo argomento, un consiglio di lettura: Sara Sesti e Liliana Moro “Scienziate nel tempo: più di 100 biografie”, Ledizioni, 2018
Lascia un Commento