I sapori della seduzione, il libro di Gabriella Romano
Seconda edizione del 'ricettario dell’amore tra donne nell’Italia degli Anni Cinquanta' (PM): un piccolo, imperdibile libro che raccoglie le testimonianze di storie vissute nella clandestinità
Mercoledi, 10/05/2023 - Leggere Gabriella Romano è sempre un piacere, si tratti di saggi, romanzi o raccolte di storie e testimonianze di vita. Scrittrice, storica, ricercatrice e documentarista di origini torinesi, da sempre interessata ai temi dell’omosessualità, dell’arte e del femminismo in chiave storica, la Romano ha la rara capacità di trasportare il lettore, con uno stile narrativo avvincente e dal tocco lieve, quasi quotidiano, dentro mondi nascosti e inusuali, in situazioni altre ed inattese, con affondi nella storia e nella società italiana complessi e documentati, comunque sorprendenti.
È questo il caso del piccolo libro di fresca ristampa dal titolo già evocativo e stimolante: “I sapori della seduzione: il ricettario dell’amore tra donne nell’Italia degli Anni Cinquanta” (121 pagine, edito da PM Edizioni , aprile 2023, dopo una prima edizione con Ombre Corte del 2006, esaurita da tempo), nel quale undici donne raccontano aspetti segreti della loro vita, dalle loro ricette ai loro amori con altre donne, negli Anni Cinquanta, cioè in uno dei decenni più moralisti e bigotti della nostra storia recente.
Si tratta di amori vissuti nella clandestinità, spesso coperti dalla rispettabilità di un'amicizia, consumati in fretta, con l'alibi di un invito, in assenza dei mariti. Amori che non potevano uscire delle mura domestiche per evitare lo scandalo o, ancora peggio, le cure psichiatriche imposte a chi era anche solo sospettata di lesbismo. Gabriella Romano ci trasporta con grazia e delicatezza, come si conviene nel maneggiare ‘le vite degli altri’, attraverso una serie di testimonianze su un argomento ancora in parte tabù in Italia, raccontando con ironia il gusto dell'illecito e del sotterfugio scanzonato. Il tutto condito dalle ricette di manicaretti d'altri tempi.
“Le undici interviste raccolte dall’autrice - scrive Laura Schettini, Storica delle Donne, nell’Introduzione al libro della Romano - a donne di diverse provenienze geografiche, sociali, culturali, indoli, confermano le enormi potenzialità delle fonti orali. È attraverso la memoria individuale, che è anche autorappresentazione e rilettura a distanza di fatti ed eventi del passato, che la storiografia ha guadagnato parole e corpi nuovi. Soprattutto, è attraverso questo genere di fonti che si può raccontare il passato delle donne che hanno amato altre donne anche in soggettiva, dalla loro prospettiva e non solo attraverso gli occhi delle famiglie, della polizia, delle istituzioni che quasi sempre sono stati loro ostili. I sapori della seduzione fa lievitare in questo senso ulteriori riflessioni: le donne che qui parlano e si raccontano, a cui Gabriella Romano assegna un posto nella fotografia di un decennio cruciale, sono donne “comuni”, di piccoli centri e non solo di grandi realtà urbane: non sono (solo) leader politiche o personaggi di spicco del mondo culturale. Sono donne che in molte occasioni hanno scelto l’anonimato e che proprio dietro tale garanzia, trovano lo spazio per raccontarsi e raccontare fatti, incontri, “verità”, magari sapientemente occultate per decenni”.
I nomi delle protagoniste degli undici brevi capitoli del volumetto, quasi tutti di fantasia per rispettare l’anonimato, talvolta però con l’indicazione della professione, della città o delle attività svolte da queste coraggiose testimoni di un’epoca e di una scelta, sono legati alle loro ricette, le stesse che scandiscono e condiscono il filo della narrazione di incontri, amori, legami fugaci o durevoli: ‘La pasta al forno che non si scorda mai’, ‘Il treno e la cioccolata dei desideri’, ‘Polpettone innamorato’, ‘Fagiano alla cacciatrice’, ‘Zabaione alla capricciosa’, ‘Mordi e fuggi’, ‘Caciucco in libertà’, ‘Carciofi alla romana…con le spine!’, ‘Tortelli vestiti e tortelli svestiti’, ‘Seduzione in salsa agrodolce’, e così via. Un ricettario di sapori e profumi, gesti e parole sconosciuti e scoperti per la prima volta, segreti condivisi che hanno aperto, in tante donne, orizzonti di senso e potenzialità di vivere vite mai sospettate.
Non si può che ringraziare l’autrice per aver lasciato emergere, ancora una volta nei suoi scritti, la molteplicità dei desideri e delle possibilità di scelta delle donne, quelle di ieri come di oggi, sperando che la società possa sempre più ampliare i propri orizzonti in fatto di ‘genere’.
“L’idea di questo libro è nata alla fine degli anni Novanta – racconta Gabriella nella Premessa de ‘I sapori della seduzione’ - dall’amicizia con Mariangela. Cuoca straordinaria, sebbene quasi cieca nell’ultima parte della sua vita, mi ha confidato le avventure erotiche e sentimentali lesbiche della sua gioventù, mentre mi preparava manicaretti prelibati di cui mi rivelava, volta per volta, la ricetta. <…> Ogni piatto le faceva tornare in mente un incontro, una passione. <…> Poi mi sono chiesta se l’esperienza di Mariangela non fosse in qualche modo condivisa, se anzi non fosse quasi paradigmatica e, in quanto tale, se potesse essere una chiave di lettura degli anni Cinquanta per le lesbiche italiane. In una società in cui uomini e donne vivevano sfere divise e rigidamente distinte, in cui la retorica post-bellica imponeva alle donne il ritorno al focolare, c’era forse una zona franca, una possibilità di movimento, a patto che le apparenze rimanessero intatte e che si evitassero dichiarazioni o comportamenti compromettenti. <…> Così, tra una ‘bagna cauda’ e un ‘bunet’, è maturata l’idea a monte di questo progetto di storia orale. Il cibo e il ricordo del cibo sono stati uno strumento per far riaffiorare alla memoria episodi lontani, un grimaldello che mi è stato utile per mettere in moto un meccanismo: profumi e sapori si collegano facilmente a sensazioni e immagini lontane. Ho cercato altre testimonianze per verificare se, nascoste e invisibili come Mariangela, altre giovani lesbiche e bisessuali italiane si fossero ribellate e avessero sovvertito le regole del gioco, impossessandosi dello spazio simbolo del ritorno al ruolo tradizionale della donna, la cucina, ma scardinandolo e trasformandolo nel luogo della trasgressione, del desiderio proibito. <…> Ed è stato un percorso a volte difficile, doloroso, perché quegli anni spesso sono stati archiviati in fretta ed hanno lasciato soltanto un fastidioso retrogusto di oppressione, rabbia, umiliazione e solitudine. Alcune donne hanno declinato il mio invito di farsi intervistare spiegando che non sarebbero riuscite a raccontare quel periodo della loro vita con la serenità e il distacco necessari.”
Gabriella Romano, regista, scrittrice, documentarista, è interessata alle storie che la Storia ignora. Ha pubblicato, tra gli altri, “Il caso di G. La patologizzazione dell’omosessualità nell’Italia fascista” (Edizioni ETS, 2019) e “Prodigiose Amazzoni: opere di artiste a Roma dal Rinascimento al primo Ottocento” (Biblink, 2012). Del 2009, per Donzelli, è “Il mio nome è Lucy. Il XX secolo nei ricordi di una transessuale”, vera storia di una trans, sopravvissuta al fascismo e alla deportazione a Dachau, che per la prima volta si racconta e da cui Gabriella Romano ha realizzato un film documentario. Scrive e dirige documentari, che nascono da specifiche ricerche incentrate su storie inascoltate o su materiali privati, come nel caso di “La donna che cercò di uccidere il Duce: Violet Gibson”, un’irlandese che attentò alla vita di Mussolini, fu internata in manicomio ed è “simbolo di tante storie occultate o ignorate”. Nel 1996 ha firmato “Nietta’s Diary” (UK, 1996), ispirato ai diari inediti della storica dell’arte Nietta Aprà sulla sua relazione quasi quarantennale con la traduttrice e giornalista Flafi (Linda) Mazzuccato.
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