Marina Toschi, già ginecologa nei Consultori in Umbria, spiega le ragioni del declino di un servizio sociosanitario territoriale indispensabile per la salute delle donne
“Quanto è nata la legge sui Consultori Familiari, nel 1975, avevo 20 anni e allora in Italia, a parte l’AIED, non c’erano luoghi in cui le donne potevano avere informazioni sulla sessualità o sulla contraccezione. C’era un gran bisogno di parlarne invece. e di organizzarli ex novo. Così, dopo la legge nazionale, ogni Regione ha scritto una norma diversa, anche con tempi diversi”. Marina Toschi, tra le fondatrici di AGITE (Associazione ginecologi territoriali), per 40 anni è stata ginecologa nei Consultori in provincia di Perugia, iniziando a lavorarci quando era ancora specializzanda, perché, sottolinea, “allora in UMBRIA era consentito, ora mi sembra che alle e ai giovani in formazione neppure interessa fare la professione in questi servizi territoriali perché si guadagna molto meno che nell'ospedale e poi spesso proprio neanche li conoscono i Consultori! Noi come AGITE chiediamo da tempo che parte della loro formazione avvenga all’interno dei Consultori per capire come si può e si deve lavorare in modo diverso, e come conoscere e lavorare con il suo Medico di Medicina generale o il Pediatra di Libera Scelta o con i CIM, i SERT, gli altri servizi ASL sia fondamentale ! Quindi come ascoltare e conoscere ed essere in rete con le associazioni di quel territorio da cui la persona proviene aumenta le sue possibilità di trovare soluzione al suo problema e a te di migliorare gli esiti”.
Nelle parole di Toschi c’è il rammarico di chi ha vissuto tutto il percorso professionale nella convinzione dell’importanza e del valore di questi servizi pubblici “che accoglievano e ascoltavano le ultime e gli ultimi della fila”. Parla al passato non a caso, vista la parabola discendente di questi servizi anche nella sua Regione e nel nuovo assetto delle ASL in regione Umbria. “I Consultori Familiari dell'ULSS di Perugia quando sono entrata nel 1981, erano 10 solo nel Comune di Perugia e poi 1 in ogni Comune limitrofo… ad oggi ne è rimasto solo 1 aperto con una équipe quasi completa, in un città di circo 200mila abitanti e una grande popolazione studentesca” …. quindi con una spinta inevitabile verso il privato e una grave compromissione della risposta dei servizi consultoriali che ora non sono più ad accesso diretto poiché si chiede alle donne di passare attraverso una prenotazione CUP, equiparati di fatto alle visite specialistiche anche nell’accesso. “È assolutamente stravolto, in questo modo, il tipo di accoglienza e di ascolto che le operatrici devono invece dare in un Consultorio, improntata ad una presa in carico olistica della persona e non solo della eventuale patologia o del singolo problema che l’ha portata a chiedere aiuto, che sia la contraccezione, l’aborto o la menopausa”.
Infatti tra le peculiarità del Consultorio, in quanto servizio sociosanitario a forte vocazione locale, c’è proprio la relazione diretta con le persone e la conoscenza delle varie realtà territoriali esistenti costruendo una grande capacità di dialogo sulla base di necessità delle comunità. “L’ospedale ha come mandato di agire sull’urgenza - sottolinea -, mentre il Consultorio deve agire sulla prevenzione e dare risposte adeguate e ridurre al minimo l’accesso in Ospedale. Opera sempre in équipe a partire dall’ascolto e dal dialogo con le persone, approccio che non è previsto né possibile negli ospedali o nella dimensione ambulatoriale”. Il legame con il territorio Toschi lo continua a rinnovare, nonostante sia in pensione da 6 anni, e da volontaria certifica le mutilazioni genitali femminili alle richiedenti asilo.
Quella che negli anni Settanta ha lavorato nei Consultori, era una generazione di professionisti/e animati/e da una grande passione. “Credevamo nella promozione della salute specie delle donne e sostenevamo i percorsi di autodeterminazione e di empowerment, mettendo a disposizione le nostre competenze scientifiche”. Un trapassato remoto, se confrontato all’oggi, dove i Consultori sono diventati “ il fanalino di coda del Servizio Sanitario, che ha subito tanti tagli da tutti i governi spingendo verso i privati e la medicalizzazione di problemi. Così è accaduto per la gestione delle gravidanze, portando ad una infinità di esami e controlli che ha reso le donne più fragili e dipendenti. Da noi venivano come utenti donne di tutte le estrazioni sociali che partecipavano attivamente alla vita dei Consultori, che volevano sapere, che chiedevano spiegazioni su tutto ed è collaborando con loro che anche noi siamo cresciuti professionalmente ed umanamente, cercando di capire come potevamo dare delle risposte valide ai bisogni in continua evoluzione che venivano posti”.
Il problema dei Consultori, oggi, sono certamente le poche risorse investite.. “certo, ma c’è anche un problema di cultura e di credere nella loro importanza, di applicare tutte le norme che danno possibilità di azione sui giovani, sulle scuole, sulla collaborazione con gli ospedali e le Università, di fornire davvero gratis strumenti come la contraccezione e la consulenza nella scelta su una eventuale interruzione di gravidanza. Spero che le donne capiscano che non si può tornare indietro, e purtroppo può succedere, e capiscano che occorre dare valore a delle esperienze che all’estero ci invidiano e prendono come esempio. Basti dire che l’OMS ha ritenuto quello dei Consultori uno dei migliori approcci alla Sanità pubblica, mentre qui lo riteniamo un servizio di serie C”.
Questo articolo è parte del progetto 'I Consultori alla prova del passaggio generazionale' dell'Associazione NOIDONNE TrePuntoZero sostenuto con i fondi dell'8xMille della Chiesa Valdese
Tutti i materiali del progetto, qui https://www.noidonne.org/consultori-familiari/index.php
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