Lunedi, 05/03/2018 - Marzia Camarda, “Una savia bambina”: Gianni Rodari e i modelli femminili, Settenove 2018. Autopresentazione.
Rodari è uno degli autori per l’infanzia più amati e conosciuti del mondo: eppure per molti anni è stato accusato di essere conservatore rispetto al ruolo della donna nella società e di aver messo in scena nei suoi testi una versione reazionaria della famiglia.
Mi sembrava incredibile che sminuisse il ruolo della donna proprio l’autore di un romanzo come Atalanta (per molti anni l’unico romanzo italiano per bambini ad avere come protagonista un’eroina: si consideri che per quarant’anni l’unico altro testo con una protagonista femminile non stereotipata è stato Pippi Calzelunghe).
In seguito a uno studio sistematico dei testi di Rodari è emerso un modello assolutamente dirompente rispetto a quello tradizionale: le donne e le bambine da lui rappresentate nei suoi scritti sono intelligenti, capaci, sportive, emancipate e di tutte le età.
Ma non basta: Rodari smonta in maniera sistematica tutti i pregiudizi legati al ruolo della donna, da quelli legati al lavoro ai giocattoli, dai modelli educativi al matrimonio (primo tra tutti rappresenta donne che rifiutano proposte di matrimonio; le sue madri portano la minigonna; le bambine sono “brave in ginnastica”; le vallette hanno “un sorriso da laureanda in filosofia”; e casalinghe attempate diventano imprenditrici e inventano un aggeggio elettronico che le fa diventare ricche e le libera della schiavitù domestica).
Come scrive Sanguineti “in Rodari, sotto apparenze di tranquilla pedagogia creativa e di innocente scatenamento di un immaginario gratuito, è in atto una sovversione profonda di ogni gerarchia strutturata”: e lo scardinamento di questa gerarchia investe, tra tutte le altre, anche quella più dura a morire, cioè quella famigliare. Il suo senso civile di giustizia non riguarda solo la politica e la lotta di classe, ma richiede un’azione contro qualsiasi forma di disuguaglianza, tra cui anche quella tra i generi.
Scrive Rodari: “Lo scandalo succede sempre quando qualcuna delle innumerevoli e multiformi gerarchie su cui si regge il mondo è messa in crisi da uno qualunque dei gruppi che, nell’ordine costituito, hanno ricevuto in sorte l’obbedienza. Tutto andrebbe bene (anzi, malissimo) se gli operai potessero accontentarsi di obbedire ai padroni, i negri ai bianchi, i sudamericani ai nordamericani, eccetera; e le mogli ai mariti, i figli ai genitori, gli studenti ai professori, i professori alle autorità scolastiche, le autorità scolastiche alle autorità politiche e via dicendo. L’ordine regnerebbe allora in tutte le Varsavie immaginabili. E la storia si fermerebbe. Perché la storia è disobbedienza”.
Le donne e le bambine che disobbediscono sono spesso la chiave narrativa intorno alla quale si snodano i suoi racconti: e per corroborare il suo punto di vista e dare strumenti ai genitori e agli educatori, Rodari ha anche scritto favole in cui critica apertamente i modelli di genere, come La bambola a transistor, Le scarpe del conte Giulio, La bambina dai capelli d’oro o Il robot che voleva dormire, tutte connotate da un’attenzione minuziosa per la lingua e dal suo inconfondibile e scanzonato tono narrativo.
La riflessione di Rodari sui ruoli è di straordinaria attualità e merita di essere conosciuta in tutta la sua profondità, e l’8 marzo al Polo del ’900 alle ore 18.30 scopriremo e commenteremo insieme alcuni suoi testi: gli attori Silvia Amoretti e Alessandro Cozza leggeranno alcuni brani tratti dai cinque capitoli del libro (il corpo, il lavoro, il matrimonio, la famiglia, i modelli educativi), che costituiscono altrettanti percorsi per una didattica di genere tanto spassosa quanto indispensabile.
Marzia Camarda
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