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Gianluca Pirozzi e il suo 'Come un delfino'

Gianluca Pirozzi e il suo 'Come un delfino'

Al centro del romanzo il corpo, gli affetti, le emozioni e l'omosessualità fino alla scelta della genitorialità. Un libro oltre lo stereotipo della virilità

Giovedi, 17/09/2020 - "Come un Delfino", (L’Erudita, 2019 - menzione d’onore edizione 2020 Argentario&Premio Caravaggio), la nuova fatica letteraria intima e umana di Gianluca Pirozzi, è un’opera di straordinaria attualità che sollecita lettori e lettrici al confronto e alla riflessione tra punti di vista differenti sull’amore, sulla genitorialità e sulla famiglia nelle sue attuali declinazioni; punti di vista che propongono di costruire, proprio partendo dalla differenza come alterità, relazioni umane che danno una nuova forma alle esperienze delle nostre vite e dei nostri corpi fondate sull’ apertura all’altro da un io accogliente e inclusivo.
Il romanzo mette in scena il corpo, gli affetti, le emozioni, i sentimenti, le dinamiche esistenziali nell’accettazione serena della propria omosessualità e le scelte di vita di un uomo dall’infanzia alla maturità. Pagina dopo pagina, nel suo scorrere, la vita di Vanni, protagonista e io narrante, decostruisce i modelli sociali e i comportamenti connessi alla mascolinità alla base della divisione sessuale dei ruoli all’interno della famiglia ‘naturale’ e nella società sbugiardando pregiudizi sessisti e omofobi.
La vicenda umana di Vanni ha molto della biografia dell’autore, ma, come egli stesso afferma, non è un romanzo autobiografico anche se entrambi nascono a Napoli in famiglie simili, abitano in case simili con oggetti, arredi e libri simili, svolgono quasi la stessa professione e per lavoro si spostano a vivere in varie città d’Europa.
Vanni nasce in un una famiglia alto-borghese, ha un fratello minore, Maso, e una sorella ultimogenita, Martina. I genitori, Ettore e Laura, hanno tutti gli strumenti culturali per prendersi cura, ascoltare e comprendere con amorevolezza i bisogni e le aspirazioni dei figli, per assicurare loro una vita equilibrata e serena improntata al rispetto reciproco. Tuttavia il padre, scultore e docente universitario, è un uomo egocentrico concentrato sulle sue creazioni artistiche e non soddisfatto della carriera accademica, le sue frustrazioni sfociano nella distanza affettiva e in quotidiane violenze verbali che tendono a inferiorizzare la moglie e a schiacciarne la professionalità di raffinata traduttrice. Laura, rassegnata alla subalternità, è sostenuta insieme ai figli dalla figura protettiva e rassicurante della madre, l’amorevole nonna Iole, intellettuale eclettica con una bella manualità creativa che accudisce e contribuisce a istruire, formare ed educare i nipoti Vanni e Maso attraverso strumenti come la lingua francese e la poesia, proprio quest’ultima insegnerà a Vanni la capacità di sognare, di riflettere, di agire la responsabilità e di essere resiliente. “Essere un fiore è una profonda responsabilità (…) a me toccò quella responsabilità in piena adolescenza, quando caricai me stesso di ogni possibile colpa per quel che accadde”, questo dice Vanni riferendosi ai versi di Emily Dickinson quando parla della morte del fratello Maso causata da un banale incidente. Sulla tragedia seguono pagine intense che scandagliano la profondità del dolore del lutto e la sua sofferta elaborazione;il senso di vuoto, lo smarrimento e il rischio della disgregazione dei legami familiari che Vanni confessa alle lettrici e ai lettori sono così impietosamente veri da rievocare lo strazio attraversato a coloro che hanno subito la perdita di una persona cara.
I passaggi della vita di Vanni, non solo la traumatica tragedia, ma gli amori, le amicizie, la fugace felicità, gli incontri di circostanza e quelli determinanti sono segnati e nutriti da robusti riferimenti letterari come i versi della poesia “I delfini” di Silvina Ocampo che danno vita al titolo del romanzo suggerito da Gaia, figlia dell’autore, e che restituiscono al protagonista il senso della propria esperienza esistenziale./ … I delfini … / Quando toccano il fondo / si svegliano all’improvviso / e risalgono perché il mare è profondo / e quando salgono cosa cercano?/ …/.Egli si sente come il delfino della poesia che, toccato il fondo del mare, deve risalire per prendere aria, per vivere; l’emersione dura brevi istanti prima ridiscendere nelle profondità apneiche, ma risalirà ancora e ancora ridiscenderà, perché la vita, nella ricerca della felicità è così, per tutti.
Vanni soffre parecchie delusioni sentimentali e fatica molto prima di approdare all’amore corrisposto e appagante di Tiago, i due per esigenze lavorative vivono in città molto distanti tra l’Europa, l’America Latina e l’India, ma, certi di appartenersi, progettano di completare la loro famiglia con l’arrivo di un figlio o una figlia.“Che cosa c’è di più bello se non partecipare alla creazione di una vita?” dice Amandine a Vanni. L’amica e collega di Bruxelles concretizzerà con amore il desiderio della coppia portando in grembo Tea tramite la fecondazione assistita.
“Io ho due papà” risponde con naturalezza la piccola Tea alla compagna di asilo che le domanda: “Dov’è la tua mamma? ... Tutti hanno la mamma, la tua è morta?”Tea è una bambina felice, ma come tutte le figlie i figli delle famiglie arcobaleno è esposta alle discriminazioni dei bambini educati sin dalla nascita al conformismo sociale che riconosce come genitori solo coloro che esercitano il ruolo all’interno della famiglia tradizionale eterosessuale fondata in modo ‘naturale’ sul matrimonio. I ragionamenti pacati di Vanni sull’accadimento dialogano e chiamano a responsabilità l’intera società, a partire dalle agenzie educative come la scuola e la famiglia, sulle evidenti manchevolezze e incoerenze nell’agire i valori dell’inclusione e del rispetto delle differenze nei confronti dei figli e delle figlie appartenenti alle nuove forme di famiglia.
Vanni è un uomo del cambiamento, nel saper riconoscere se stesso come imperfetto e vulnerabile matura una propria identità aperta, fluida e libera dalle costruzioni e costrizioni sociali dei ruoli, fuori dalla gabbia dei modelli normativi sui generi. Egli è un padre capace di curare che sceglie il lavoro di cura: accoglie, accudisce protegge, e ama. Senza timore dello stigma omofobo e sessista si pone al di fuori dello stereotipo della virilità costruita dalla comunità maschile nei secoli, quella virilità che, usando un’espressione di Lea Melandri, ha ingabbiato e mutilato gli stessi uomini degli aspetti essenziali dell’umano, e della quale è prigioniero il padre Ettore che non ha conosciuto la fatica e la gioia di prendersi cura della crescita dei figli,che non riesce ad amare senza dominare, senza inferiorizzare chi gli vive accanto.
“Come un delfino” è il romanzo della riflessione e del confronto, e dell’amore nella libertà di essere se stessi. L’ultima parte è tra le più intense del libro, il finale inatteso toglie il respiro. Buona lettura!
Guendalina Di Sabatino

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