Mercoledi, 08/09/2021 - E’ uscita da poco, per i tipi della Marsilio, la "Autobiografia di Alice B. TOKLAS", in riedizione, un celeberrimo testo - il più fortunato, probabilmente - di Gertrude Stein, ebrea americana, classe 1874, che si era formata culturalmente grazie all’‘educational tour’ nella vecchia arci-classica Europa, come allora era particolarmente di moda tra la borghesia d’oltreoceano.
Passò altro tempo a Baltimora, in quella società così elegantemente ipocrita di cui sopra e così ben descritta da Scorsese nel suo eccellente film del 1993, “The age of innocence - L’età dell’innocenza” tratto dall'omonimo romanzo del 1920 di Edith Wharton e presentato alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia di quell’anno, per poi stabilirsi, poco meno che trentenne, a Parigi dove iniziò a scrivere ed a convivere con un’altra americana, Alice Toklas, sua fedele compagna sino alla morte.
Fondò allora un salotto culturale d’avanguardia, frequentato da pittori, musicisti, scrittori, un crocevia obbligato per quei ‘formidabili anni’ della Ville Lumière.
Nel 1903 insieme al fratello Leo ed alla moglie si stabilisce a Parigi, dove inizia a collezionare i dipinti delle avanguardie ed a raccogliere intorno a sé un cenacolo variopinto di artisti, scrittori e musicisti, tra cui – su tutti - Picasso e Matisse, ma anche Braque, Apollinaire, Dalì, Hemingway, Francis Scott Fitzgerald e gentile signora, il grande musicista ebreo Cole Porter – per non citarne che alcuni.
Così, pur di luce riflessa, Gertrude molto brillò, divenendo una delle figure più influenti del primo trentennio del Novecento, il Secol Breve, ma quanto lungo, intenso, pregnante, per tutte le arti e le discipline.
E l’escamotage di ‘passare ai posteri’ con la finta autobiografia a firma della sua amante e compagna di vita, fu ottimo, per tramandare una 'tranche de vie', sennò ben più faticosamente descrivibile e, culturalmente, ancora una volta, molto utile.
Libro piacevole, quindi, ‘istruttivo’, da cui molto trasse, anche se mai dichiaratamente, Woody Allen, per la sceneggiatura di "Midnight in Paris", del 2011, uno dei suoi testamenti filmico-spirituali – che, peraltro, ottenne molti riconoscimenti per l’originalità.
Ma un utile, curioso ed intelligente confronto fra le due ‘scritture’ sarebbe molto divertente da fare: si scopriranno davvero tante curiosità ed attinenze tra la ‘letterarietà’ – intesa in senso ‘letterale’ – e la visività...anche non 'visibile'.
Provare per credere.
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