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Garante diritti detenuti del Lazio. Un modello da conoscere e esportare

Garante diritti detenuti del Lazio. Un modello da conoscere e esportare

Un convegno per fare memoria delle attività dei 10 anni del Garante, per fare il punto della situazione delle carceri del Lazio

Martedi, 18/11/2014 -
Roma, 17 novembre 2014. Dare speranze ai detenuti e dare più sicurezza ai cittadini. Questo il doppio binario che ha seguito il Garante dei Diritti dei detenuti del Lazio in questi 10 anni di attività. Occasione per fare un bilancio e anche per lasciare memoria di quanto realizzato, alla vigilia della scadenza del mandato nel marzo del 2015, un convegno dal titolo "Carcere: modello Lazio. Regione, Enti locali, Società civile, quale pena, quale integrazione” che ha raccolto le testimonianze di volontari e le opinioni di molti operatori del mondo carcerario incrociandole con quelle di politici e amministratori locali.



Il Garante in questo decennio ha scommesso su lavoro, istruzione e cultura intesi come strumenti di arricchimento umano delle persone detenute e perseguendo il loro reinserimento nella società. I numeri danno ragione alle scelte operate. "La recidiva per 100 detenuti che scontano per intero la pena in carcere è del 70%, mentre per 100 detenuti che hanno beneficiato di misure alternative è del 20%” ha spiegato il Garante Angiolo Marroni, aggiungendo "su 950 persone che, attraverso il nostro ufficio, nel tempo sono state collocate al lavoro, soltanto 8 hanno nuovamente commesso reati", cioè meno dell'uno per cento. La cifra dell’operare è stata quella della collaborazione con le istituzioni, testimoniata anche da un corposo elenco di protocolli d’intesa sottoscritti con Municipi e Asl, Associazioni e Università, Enti locali e scuole. Il ‘modello Lazio’ consiste sostanzialmente nella scelta del Garante di “essere figura del sistema e nel sistema allo scopo di garantire i diritti e la dignità delle persone carcerate e avendo cura di creare armonia anche tra gli operatori e i soggetti pubblici coinvolti”.



Il film ‘Cesare deve morire’ dei fratelli Taviani, girato con i detenuti/attori di Rebibbia, è diventato il simbolo di un modo di intendere la detenzione. Il premio vinto al Festival di Berlino è stato implicitamente anche un riconoscimento alle dieci compagnie teatrali promosse nelle carceri del Lazio. Quello del Garante e del suo ufficio è un operare con lo sguardo lungo senza perdere di vista i problemi, e la loro soluzione, dei singoli detenuti che in centinaia e centinaia hanno chiesto e ottenuto aiuto. Alcuni interventi hanno sottolineato proprio questo: è stato sempre il dialogo la cifra della relazione, la promozione di una “rete umana” il metodo che “ha aperto una riflessione in ambito politico” nella regione. Metodo da apprezzare e seguire, perché “la funzione rieducativa è molto più efficace all’esterno ed è dal mondo del lavoro che occorre ripartire, sempre mantenendo l’interazione tra operatori, volontariato e istituzioni”, ha affermato il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri.

Tutto questo non esenta, naturalmente, il Lazio dai grandi problemi che investono le carceri nel nostro Paese: dal sovraffollamento alle detenzioni dell’Alta Sicurezza, dalla carcerazione preventiva all’umanizzazione della pena carceraria, solo per citare alcuni titoli.

Da sottolineare nel Lazio la situazione delle detenute: sono 403 su un totale di 5.660 della popolazione carceraria  (in tutta Italia sono 2.368 su 54.218). Non poche sono recluse insieme ai loro bambini, fino al compimento del terzo anno di età. Da non dimenticare mai che “sono i mille giorni che formano la personalità del bambino”, ha ricordato Passerella, rappresentate di A Roma insieme-Leda Colombini, associazione che da 21 anni ogni sabato accompagna quei bambini fuori dal carcere, e organizza incontri di arteterapia e musicoterapia. Un impegno, quello del Garante, che vuole essere “una speranza, una sponda per chi soffre in carcere….Senza perdere di vista il diritto di tutti alla sicurezza e il dovere della solidarietà per le vittime”.

L’evoluzione, dal concetto di segregazione al concetto di partecipazione, è lenta e richiede impegno costante; il cammino è lungo ma la strada scelta pare quella giusta.

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