Filosofia, pratica e arte di vivere - di Sandra Macci
Il saggio di Giovanna Borrello, filosofa e femminista napoletana è un libro autobiografico di un periodo che va dal 1988 al 2016
Martedi, 23/06/2020 - "FILOSOFIA IN PRATICA E PRATICA IN FILOSOFIA. UNA AUTOBIOGRAFIA FILOSOFICA" (ed Liguori) è un saggio di Giovanna Borrello, filosofa, femminista napoletana, fondatrice dell’Associazione Metis che, per la sua attività di formazione nel counseling filosofico, ben rappresenta una filosofia che ha come scopo “l’arte di vivere”.
Il libro è autobiografico e tiene insieme il racconto, filosofico e politico, dell’autrice. Borrello descrive infatti il proprio lavoro di filosofa della differenza “in relazione” a donne, a partire da Angela Putino, e nel confronto con la Comunità Filosofica Diotima di Verona, il centro Virginia Wolf di Roma, il femminismo napoletano che, ai suoi occhi, è più vivace e fecondo di quello nazionale.
Con il titolo del libro l’autrice intende descrivere ciò che Chiara Zamboni ha definito: “la cartografia di una vita che poi non è soltanto la sua, ma quella di una generazione, di una storia pubblica, di un movimento, quello delle donne”.
Infatti, il suo, si presenta come uno “strano libro”, e per questo suscita stupore, meraviglia e curiosità.
Stupisce la relazione tra pensiero e azione, tra contemplazione e pratica politica; meraviglia la sua concezione della filosofia intesa come “cosa esclusivamente in atto e in pratica”; incuriosisce la coerenza inflessibile tra la teoria e la pratica filosofica, ovvero, tra ciò che si pensa e ciò che si è, tra ciò che si dice e ciò che si fa. Le prime quattro sezioni sono quelle più strettamente filosofiche, una quinta racconta un’esperienza politico-sindacale-istituzionale. L’intero testo narra di un periodo che va dal 1988 al 2016. Inoltre, il libro contiene “una breve storia per immagini” rappresentata da alcune foto.
La scrittura biografica di Borrello si potrebbe paragonare a “un passo a due” cioè a un incontro di due soggettività nel quale, di volta in volta, è possibile un gioco di rispecchiamento e di individuazione. Il lavoro politico, gli studi della Weil e della Arendt le hanno insegnato a capire meglio il mondo della politica; il lavoro filosofico con le donne di Diotima: Muraro, Zamboni, Tommasi e Sartori, le ha insegnato il rapporto tra vita e pensiero; le femministe napoletane le hanno restituito la gioia e il piacere di stare al mondo.
Il racconto che Borrello fa della madre, della nonna, della sua genealogia femminile, è di un’indicibile emozione. Emerge con chiarezza che la vita e la malattia si richiamano continuamente forse perché la vita nasce come una ferita nel soggetto, e serve mettere in campo una strategia di salvezza vitale, una soteriologia, che ci porta a convivere con la vita malata o con la vita che si ammala.
L’autrice è stata brava, non si è fatta travolgere da un’affezione immediata, ha attraversato quel sentire nel tempo fino a mentalizzarlo, ed ha fatto tesoro delle parole della Zambrano: “il vivere non è lo stesso della vita. La vita è data, ma è un dono che esige da chi lo riceve l’obbligo di viverla…”
Infine, si narra del rapporto tra il movimento delle donne e la politica tradizionale, quella del PCI, della sinistra storica ed extraparlamentare. Questo passato prossimo difetta di ricostruzione, servirebbe oggi meditare sul conformismo e sull’ipocrisia di quella fase politica che va dal 1993 al 2010. È forse giunto il momento della chiarezza, serve far parlare le virtù del saper vivere, fare della “dissimulazione onesta”, lenire con un “velo di tenebre” gli affanni e, sopraffacendo la caducità della vita, riaffermare quanto “sia bella la verità”.
Ma questo è un altro libro da scrivere. Questo, invece, si conclude con la nuova vita del counseling filosofico intrapresa da Borrello: una sorta di ritorno a casa, grazie alla meditazione e al pensiero che riflette sulla propria esperienza di donna.
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