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FESTIVAL DI BIOETICA (2018): abstract della prima giornata

FESTIVAL DI BIOETICA (2018): abstract della prima giornata

Pubblichiamo gli abstract di alcuni interventi previsti nel programma del 27 agosto 2018

Lunedi, 13/08/2018 - FESTIVAL DI BIOETICA, seconda edizione - Santa Margherita Ligure, 27 agosto 2018
ABSTRACT INTERVENTI del 27 AGOSTO 2018 - FELICITÀ E BEN VIVERE

tutti i materiali 
10.00 DIRITTO DI UOMINI E DONNE A PERSEGUIRE LA FELICITÀ
tavola rotonda, modera Enzo Baldini
Franco Meschini. Un mondo capovolto. Il popolo delle beatitudini (Mt. 5, 3ss; Lc. 6, 20ss)
Michele Schiavone. Felicità, soggettività ed esperienza mistica
Michele Marchesiello. È proprio necessaria la felicità? Come essere felici senza accorgersi di esserlo
Paolo Aldo Rossi. La scienza ti dona la verità ma l’uomo s’attende la felicità

Michele Schiavone. Felicità, soggettività ed esperienza mistica
Il carattere costitutivo della felicità è la soggettività in relazione alle differenze individuali di ideali, inclinazioni e back ground culturale, senza la garanzia di un approccio totalmente razionale. Sotto questo aspetto è paradigmatico il problema del rapporto virtù-felicità nella dialettica della Ragion pratica di Kant. Riveste estremo interesse, a mio avviso, il contributo di Eugenio Borgna nella sua analisi dell'esperienza mistica (soprattutto in S.Giovanni della Croce e in Teresa D'Avila) nel suo profilo psicologico ai confini con la psicopatologia ove la felicità è intesa come superamento della finitudine esistenziale nella pace in Dio.

Michele Marchesiello. È proprio necessaria la felicita’? (Come essere felici senza accorgersi di esserlo).
È davvero necessario accorgersi della felicità? Molto più facile accorgersi del suo contrario. L’infelicità ( assenza di f.) è la nostra condizione ordinaria. Non per privare l’infelicità del suo pathos romantico o – peggio - sentimentale, ma dobbiamo riconoscere che il suo connotato principale è l’ordinarietà, il suo essere banale, più banale ancora del male, cui non di rado si accompagna: infelicità = male. Il male (il fare il male) come reazione rabbiosa all’infelicità. Si sfugge alla tentazione del male solo accettando l’infelicità e mettendola nella prospettiva del suo contrario, collocando la felicità sull’orizzonte sconfinato del nostro agire e inter-agire. ‘Perseguendola’, appunto . Felicità - senza articolo - è una condizione ‘panica’, di pienezza e comunione col mondo. La ‘nostra’ felicità è felicità di tutti, espansiva, fraterna, conviviale.

Paolo Aldo Rossi. La scienza ti dona la verità ma l’uomo s’attende la felicità.
La scienza ha un potere eccessivo sulla natura. In sostanza si discute da sempre su un aggettivo relativo (eccessivo) il quale, appunto per questa sua specifica qualità grammaticale, ha bisogno di svolgere il proprio onesto lavoro fra termini messi a confronto e magari rigorosamente definiti in termini metrici. Per meglio dire, la prima questione da mettere in chiaro dovrebbe essere la seguente: quando una certa quantità (il livello dei mezzi tecnici effettivamente utilizzati per intervenire sul mondo naturale) supera (eccede da) una certa soglia? (il momento critico per cui un feedback impazzisce e da negativo si trasforma in positivo distruggendo il sistema che dovrebbe controllare).
Già tentare di specificare un compito di questo genere è impresa titanica; voler poi prendere alla lettera la richiesta di discutere, nell’arco di qualche pagina, quattro millenni di storia intellettuale nel corso dei quali gli uomini hanno messo in discussione i pericoli insiti nel progresso delle scienze e delle tecniche, è un invito ad eludere il problema o a tentare l’impossibile. Potrebbe, allora, valere la pena di tracciare un itinerario dal quale il luogo comune ("la morale sprovvista di favola") della pericolosità dell’eccessivo sapere ritorni ad essere una problematica meritevole di essere discussa.
Si tratta (e non è cosa da poco) di "passare dal dominio dei luoghi comuni alla regione delle idee". Per far questo è necessario ri-trasformare l’intera questione da asserto ideologico in problema scientifico. Ovviamente, questo non è il punto di partenza, ma quello di arrivo. "Credere al progresso - avvertiva Kafka nei Diari - non significa credere che un progresso vi sia già stato". Il punto di partenza più ragionevole potrebbe essere individuato alle origini stesse della storia della civilizzazione dell’Occidente: la scienza (la conoscenza in grado di garantire la validità o l’efficacia dei propri procedimenti) promette la verità, mentre l’uomo s’attende la felicità, tutto sta vedere se verità e felicità coincidono.


11.00 TUTELA DEI DIRITTI ALLA SALUTE, ALLA LIBERTÀ, ALLA SICUREZZA
modera Claudia Frandi
Tiziana Bartolini. La salute delle donne tra sicurezza e libertà
Enzo Tortello. I fumi nel porto e la salute
Piero Clavario. Con tutto il cuore
Giorgio Macellari. Etica in medicina

Tiziana Bartolini. La salute delle donne tra sicurezza e libertà
Parlare della salute delle donne richiede un cambio di approccio che tenga conto delle differenze. La Medicina di genere - con ampia letteratura scientifica e condivisa esperienza sul campo - ritiene indispensabile modificare alcuni paradigmi se lo scopo è quello di avere cura della persona facendosi carico delle tante diversità. Una specifica idea di sicurezza appare l’inevitabile conseguenza di tali modifiche nell’intreccio con la libertà di scelta che, nello specifico femminile, chiama in causa soggetti politico-istituzionali e competenze specialistiche. Alcune leggi (ad esempio la 194/78 e la 405/75, norme pensate per l’interruzione volontaria della gravidanza, per la maternità responsabile, per i consultori) sono un esempio della confluenza tra diritto alla salute, sicurezza e autodeterminazione della donna. La difficoltosa e incompleta applicazione di tali leggi lede la libertà delle donne, ma ha l’effeto anche di penalizzare la loro salute e sicurezza.

Enzo Tortello. Fumi nel porto e la salute
L’inquinamento atmosferico è causa, ogni anno a Genova, di cento morti premature e di altrettanti ricoveri gravi. Dall’ultimo inventario pubblicato da ARPAL ad inizio 2016, relativo ai dati del 2011, risulta che il 62% degli NOx in atmosfera è imputabile al traffico marittimo (prioritariamente alle navi in stazionamento), contro il 36% causato dal traffico stradale. Inoltre, le polveri sottili ed ultrasottili dovute al traffico marittimo sono pari al 39% del totale contro il 28% del traffico veicolare. Questi numeri possono risultare strabilianti per le persone che non hanno una visuale diretta sul porto, ma non sono motivo di stupore per coloro che abitano in prossimità di esso. Da segnalare comunque che, grazie ad un progetto europeo, è stato possibile trovare presenza di Vanadio e Nichel, metalli pesanti che costituiscono dei traccianti per i combustibili impiegati nel trasporto marittimo, perfino nella centralina ARPAL di Bolzaneto. Al problema dei fumi si aggiunge poi quello dei rumori che spesso impediscono di dormire anche con le finestre chiuse. A partire da questi dati oggettivi il Comitato Tutela Ambientale Genova Centro Ovest, costituitosi ad inizi 2017 con il supporto fondamentale di Ecoistituto REGe, ha incominciato un approfondimento tecnico-normativo che lo ha portato a farsi interlocutore credibile delle Istituzioni cittadine e portuali. Nonostante le norme relative all’inquinamento marittimo siano fortemente condizionate dagli armatori e presentino opportune deroghe, non sempre vengono lo stesso rispettate e i risparmi di cui gli armatori beneficiano hanno una ricaduta negativa sulla popolazione, non solo in termini sanitari, ma anche come sanzioni della Comunità Europea per il superamento dei limiti di legge. La posizione delle istituzioni riflette spesso il consueto “ricatto” del lavoro, che pure fa presa su certa parte della popolazione, ma l’azione del Comitato non è rimasta confinata all’ambito cittadino ed è stata fatta rete con molti altri porti quali La Spezia, Livorno e Savona, nonché Civitavecchia, Venezia e Napoli che già hanno ottenuto risultati concreti. Dove fuggiranno gli armatori di fronte ad una articolata azione comune? Per parlare dell’estero, in Francia ci sono già esempi di maggiore rigidità da parte delle autorità competenti nell’attività sanzionatoria e maggiore disponibilità degli armatori mentre i Mari del Nord rappresentano ormai un altro mondo essendo area SECA. Il percorso è lungo, tortuoso e faticoso ma forse …si incomincia a vedere la luce.

Giorgio Macellari. Etica in medicina

L’etica non nasce con l’uomo, la precede di moltissimo tempo. L’etica fa parte della vita perché proprio dalla vita prende origine. L’uomo, semplicemente, l’analizza e ne fa sistema, dottrina, materia di studio e di perfezionamento. Qual è il campo dove l’etica si sviluppa maggiormente? La medicina.Con Ippocrate, etica e medicina si sposano ufficialmente.
Come mai questo legame così forte e privilegiato? Perché la medicina è la più completa di tutte le scienze. Non in quanto poggia su fondamenta scientifiche solidissime (fisica, chimica, biologia, biochimica…), ma perché è anche umanesimo e perché ogni uomo prima o poi la incontra.
Quindi la medicina non potrà mai eliminare dal suo orizzonte il mondo dei valori. È da quei valori che continua a trarre lo spunto per adottare e indirizzare comportamenti: verso i soggetti malati, verso i suoi protagonisti - medici, infermieri, tecnici… - e verso la collettività. Ed è a quei valori che continua a guardare, oggi con la preoccupazione aggiuntiva - mirabilmente espressa da Gianni Bonadonna nella citazione d’apertura - che possano scomparire.
Ippocrate inaugura la prima grande rivoluzione etico-scientifica: la malattia è un fenomeno naturale, non la voce di dei rabbiosi, vendicativi o solo scherzosi.
Ma dopo di lui l’umanità è percorsa da almeno altre tre grandi rivoluzioni etico-scientifiche, tutte negli ultimi settant’anni.
1. La decifrazione del codice genetico, del 1953, apre la porta alla straordinaria avventura della manipolazione tecnologica sul vivente: nasce da lì, in forma di interrogativo morale, la bioetica.
2. Sul finire del millennio si assiste al passaggio dal paternalismo iatro-centrico e tecno-centrico alla medicina centrata sul malato: autonomia e autodeterminazione diventano le nuove categorie del diritto e si assiste a una progressiva riduzione dell’asimmetria medico-malato, sapiente-ignorante.
3. Dalla medicina centrata sul malato si approda a quella centrata sulla persona malata: i bisogni, le aspettative, i sentimenti e le emozioni di chi soffre entrano di diritto nella cartella clinica. Il buon medico è anche un medico buono, capace di sintonizzarsi con la persona malata attraverso il canale dell’empatia – come ci ha insegnato Umberto Veronesi (La semplice verità è questa: bisogna amare la gente per fare il medico).


12.15 RETI DELLA FELICITÀ
presenta Graziana Moretti
Maria Cinzia Messineo. RE.TE. ONG, Torino
Anna Maria Roncoroni. AISTAP, Genova
Laura Amoretti. Consigliera regionale di parità della Liguria, Genova

Maria Cinzia Messineo. (dall’introduzione del libro “TRA IL BENE E IL MALE”)
Nel corso della sua attività trentennale, RE.TE. - organizzazione non governativa riconosciuta dal ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale - ha maturato un’importante esperienza nel settore della cooperazione allo sviluppo. Durante questi tre decenni di intenso lavoro abbiamo declinato interventi in aree del mondo dove più forti sono le disuguaglianze sociali e abbiamo modulato le nostre attività per migliorare la qualità della vita delle comunità in Africa, in America Latina, nei Balcani, in Europa e per restituire dignità a quella parte di popolazione che, anche in Italia, vede negati i suoi diritti
fondamentali: al cibo, all’istruzione, all’infanzia, alla salute, a un lavoro degno, alla terra, a esprimere la propria affettività. Abbiamo voluto raccontare i nostri dieci anni di cooperazione a Zenica, in Bosnia Erzegovina, perché quell’esperienzarappresenta l’esempio di come, attraverso lo sforzo comune di istituzioni e il vasto mondo del volontariato, sia possibile sviluppare buone pratiche di cooperazione passando da interventi di emergenza post-bellica alla creazione di strutture all’avanguardia in campo sanitario, mettendo le basi per collaborazioni destinate a durare.
Nelle pagine che seguono, così, raccontiamo di eventi, situazioni, relazioni, incontri, professionalità che offrono una lettura puntuale di cosa sia per noi la “buona cooperazione” finalizzata al raggiungimento di obiettivi concreti e condivisi.
Per questo motivo noi di RE.TE. abbiamo ritenuto doveroso testimoniare del numero straordinariamente grande di persone coinvolte in un percorso d’eccellenza, nel quale il Piemonte e la Bosnia Erzegovina sono state compagne di un lungo viaggio, a oggi non ancora concluso. Un percorso complesso che ha visto la partecipazione di tante professionalità, appassionate e determinate nel conseguimento di un obiettivo comune davvero ambizioso. Era noto fin dai tempi della guerra del 1992-1995 come la Bosnia e il Piemonte fossero strette da un profondo legame. Il Piemonte è stato una delle Regioni italiane che più si è sentita coinvolta nelle tragiche vicende di quell’area del Balcani meridionali e da subito ha voluto contribuire in positivo dando vita a una storia fatta di accoglienza, di gemellaggi e di partenariati, che il mondo del volontariato ha contribuito a costruire con grande slancio.
In questo straordinario percorso si pone anche RE.TE. ONG che, per sua vocazione, in questo lungo percorso ha assunto il ruolo di facilitatore accompagnatore di processi di sviluppo importanti, fungendo spesso da collante tra il Piemonte e la Bosnia, favorendo l’abbattimento delle barriere geografiche e culturali grazie all’esperienza maturata nel Paese in tanti anni di cooperazione e alla convinzione che soltanto una Ong possa dare continuità a un percorso in cui la tutela dei diritti è motore primario del proprio agire. In quest’ottica, la Bosnia Erzegovina è parte irrinunciabile e fondamentale della storia della nostra organizzazione.
Ci piace pensare a questo libro come a un lavoro corale in cui ognuno ha svolto egregiamente la propria parte, intessendo relazioni professionali e umane molto profonde; il tutto nell’ottica di una cooperazione fatta di scambi, di riflessioni comuni, di condivisione di risultati scientifici, ma anche di condivisione di esperienze umane che costituiscono un importante patrimonio per tutti gli attori che in quest’ultimo decennio hanno inteso partecipare a questa sfida in modo appassionato.

Anna Maria Roncoroni. La rete del talento
Le reti della felicità sono infinite e, dal pensiero del passato ad oggi, si sono tradotte in modo diverso.
Albert Einstein, in uno dei pochissimi messaggi che lasciò scritti sulla felicità, scrisse: “Quando c’è una volontà, esiste una via”. La volontà di andare oltre, di spingersi oltre il noto per esplorare il mondo ed il sapere in qualunque direzione, unita ad una forte determinazione, sono alcune delle più importanti caratteristiche che fanno sì che il Talento possa emergere ed esprimersi al massimo del suo potenziale. Il Talento, per potersi nutrire e crescere nel modo migliore, ha bisogno di essere in rete con altri Talenti. La maggior parte delle attività che la nostra Associazione, che ho l’onore di presiedere, è proprio quello di mettere in rete i Talenti, perché questo non solo permette a loro di migliorare sempre di più le loro competenze e capacità, ma anche di sentirsi accolti e compresi, così come di poter condividere un linguaggio comune. Summer camp, laboratori, viaggi all’estero per incontrare altri studenti di talento, incontri informali con le famiglie e tante attività nelle quali condividere passioni e far nascere nuove amicizie. Il Talento per stare bere ha bisogno di una rete, ora più che mai, che diventa quindi una rete della felicità

15.00 MEDICINA DEI DESIDERI
tavola rotonda, modera Gloria Bardi
Elena Menon. Procreazione Medicalmente Assistita: genitori a tutti i costi?
Manuela Iona. Amore e desiderio

Manuela Iona. Amore e desiderio



Desiderare e procreare un figlio significa desiderio come apertura, come legame positivo, come domanda rivolta verso l’Altro, dono di appartenenza (materno) e presupposto di trascendenza (paterno).
La relazione d’amore è a volte luogo di intreccio tra amore e potere nel conflitto che si crea nella dipendenza della relazione amorosa tra l’affermazione di Sé e del proprio desiderio e il riconoscimento dell’altro/a e del desiderio dell’altro/a".
Essa viene proposta come topos previlegiato per l’approfondimento del momento specifico in cui le dinamiche di potere si sostituiscono a quelle di amore.
Il desiderio di avere un figlio può essere considerato il simbolo per eccellenza di queste dinamica.
La struttura simbolica del riconoscimento del figlio da parte dei genitori implica la capacità ineludibile di desiderare l’altrui desiderio.
L’atto di responsabilità implicito nella genitorialita non è volontà di appropriazione non è invidia ma riconoscimento da parte del figlio.
La domanda di riconoscimento da parte dei genitori si osserva facilmente nel percorso clinico e attraverso i sintomi di molti pazienti.
Sentirsi “ oggetto d’amore “ , avere l’amore dei genitori è l’essenziale per tutti gli esseri umani.

16.30 UNA MEDICINA SAGGIA, RISPETTOSA E GIUSTA
modera Gianfranco Porcile
Federico Valerio. La prevenzione dalla malattia è un diritto
Teresa Tacchella. Cibo e informazione: alimentazione sana e tutela della salute
Elisabetta Cofrancesco. I medici sono felici?
Sandra Vernero. Slow medicine: che cos’è e cosa si propone di fare
Carlo Pasetti. Centralità del paziente: slogan, utopia o istanza etica?

Gianfranco Porcile. Felicità e ben vivere. Una medicina saggia rispettosa e giusta
Felicità è una di quelle parole che, come clima, qualità, ecc., si riferiscono a concetti ben chiari a tutti ma difficili nella definizione. Spesso ognuno di noi in testa ha un’idea ben precisa di felicità ma che non è la stessa per gli altri. Felicità è una coperta calda! Felicità è avere un grande amico! Felicità è un cucciolo caldo! I Peanuts di Charles Schulz ci hanno fatto sorridere e riflettere tanto tempo fa ma nulla è cambiato. Per qualcuno felicità è poter darsi ad acquisti sfrenati sull’onda di un consumismo compulsivo, per altri è sognare di fuggire su una barca e veleggiare nel Mar dei Caraibi in compagnia di un partner bello e piacevole, per altri siamo tutti viaggiatori sulla stessa astronave e la felicità non può prescindere da quella degli altri compagni di viaggio.Una delle definizioni più belle e complete e piene di lungimirante saggezza è contenuta nel Discorso sulla felicità di José Mujica, quando era presidente dell'Uruguay, discorso che venne tenuto al Summit di Rio de Janeiro +20, del 2012. Partendo dai concetti di fraternità e solidarietà Mujica alla suddetta Conferenza dell’ONU spiegava con chiarezza che la felicità non poteva essere solo riservata alla parte ricca della popolazione mondiale e che soltanto una lotta al consumismo e un impegno concreto di tutela dell’ambiente e di pacifica coabitazione con la Natura potevano consentire la sopravvivenza e la pace sul nostro Pianeta, condizioni irrinunciabili per una vera Felicità di tutti gli esseri umani. A mio avviso il concetto di Felicità si può avvicinare ad una buon piatto dell’arte gastronomica. Per una ricetta ben riuscita ci vogliono due ordini di fattori:
a) La abilità dello chef: corrisponde alla capacità di ognuno di noi a godere delle cose buone e belle della vita, senza desiderare sempre qualcosa che non abbiamo. E’ una predisposizione interiore che magari ci fa essere felici di cose anche quotidiane e semplici: un tramonto sul mare, il sorriso di un bimbo, un’opera d’arte che ci emoziona, l’amore corrisposto di qualcuno e così via
b) E poi ci sono gli ingredienti: a mio parere nella ricetta della felicità (e potrà forse sorprendere qualcuno) ci possono stare anche la malinconia, la nostalgia (ricordo di un passato piacevole) e lo stress. Ci possono stare, ma devono essere presenti a piccole dosi. Ingredienti irrinunciabili invece sono Etica, Gioia, Salute, Serenità e Spiritualità: ognuno di noi nella ricetta della propria felicità potrà privilegiare un aspetto con dosi maggiori rispetto agli altri, ma mi sembra che tutti questi elementi possano essere molto utili, oserei dire indispensabili, per un buon piatto di Felicità.

Uno degli aspetti che abbiamo appena menzionato è la SALUTE. E’ intuitivo che una persona in preda ad un dolore fisico insopportabile, fosse anche un banale mal di denti, oppure preoccupata per una diagnosi di malattia grave ed inguaribile, pur con la massima buona volontà, non potrà mai essere felice. E’ quindi la Salute una condizione necessaria ma non sufficiente per la felicità. Salute a sua volta vuol dire tante cose: tra le più importanti ci sono le seguenti.
La Prevenzione: che ha lo scopo di non far ammalare le persone. Tra i principali determinanti della salute vi è l’Ambiente: un corretto rapporto con l’ambiente e con la natura è presupposto essenziale perché possa stare bene anche il genere umano, di questa e delle generazioni future.
L’Alimentazione: da intendere non soltanto come prescrizioni dietetiche, ma piuttosto come modalità di sviluppo che tenga conto delle valenze ambientali ed economiche legate alla filiera del cibo, dal rispetto della terra (che poi vuole dire della Terra) che non va violentata con sostanze chimiche, al Km Zero, alla giusta retribuzione di quanti lavorano su questo tema nelle diverse fasi della produzione, del trasporto e della vendita al dettaglio.
La Medicina poi deve a sua volta essere basata sulle conoscenze scientifiche e sui valori umani e pertanto ci vogliono equità nelle cure, rispetto della persona assistita e sobrietà nelle prescrizioni diagnostiche e terapeutiche: appropriatezza e scelte condivise con il paziente o cittadino sano.
In quest’ottica si parla di centralità del paziente, considerando l’importanza del rapporto tra medico e malato. Se il medico è l’esperto delle malattie, il cittadino assistito, sia esso ammalato che sano, è l’esperto della sua vita, del suo vissuto, delle sue aspettative, della sua concezione di vita.
Ma anche una riflessione sul medico è necessaria. Chi cura il curante? Il medico è felice? L’esistenza del burn out (una sorta di senso di svuotamento interiore) che colpisce spesso coloro che sono chiamati a relazioni di cura rappresenta un problema spesso grave e frequente, che pregiudica lo stato di salute del medico e, di conseguenza, può compromettere anche la sua performance professionale.
Si tratta di argomenti molto seri. Ma la felicità non è la risata spontanea scatenata da una divertente barzelletta. Soltanto affrontando con serietà le cose serie, e la ripetizione è voluta, si può costruire quella “Leggerezza dell’essere” che è la base dell’essere veramente felici.

Elisabetta Cofrancesco. I medici sono felici?
Da quanto riportato nella letteratura internazionale si direbbe di no: più della metà dei medici (soprattutto medici di area critica e d’urgenza, oncologi, neurologi) presenterebbe sintomi significativi di esaurimento, depressione, dipendenza da alcool, farmaci e sostanze (N Engl J Med, 378:309-314, 2018). I suicidi e i pensieri di suicidio avrebbero un tasso più che doppio rispetto a quello dei professionisti di altri settori. E il problema sembra iniziare presto: gli studenti di medicina e i giovani specializzandi, infatti, avrebbero tassi di burnout decisamente più alti rispetto ai coetanei iscritti a facoltà non mediche.
Numerosi sarebbero i fattori esterni che concorrono a determinare il burnout: eccesso di burocrazia, problemi organizzativi, scarso personale, orari e carichi di lavoro eccessivi. Ma esistono anche fattori personali: scarsa/nessuna educazione alla cura di sé e al riconoscimento dei propri bisogni,inadeguate capacità emotivo-relazionali, inefficiente gestione delle proprie energie psico-fisiche, motivazione affievolita o addirittura spenta.
Eppure una recente ricerca segnala che il 94% dei medici, soprattutto quelli che riescono a coltivare buone relazioni personali con i pazienti e le famiglie (es. molti medici di medicina generale) è contento della sua professione e la consiglierebbe ai propri figli. Sembrerebbe che il contatto umano, la possibilità di aiutare gli altri, il riconoscimento e il senso di fiducia da parte dei pazienti(tutte caratteristiche che alimentano passione e senso di autorealizzazione del medico!) continuano ad essere, anche al tempo della medicina high-tech, gli ingredienti fondamentali per la soddisfazione personale e professionale del medico.
Portare la propria umanità in prima linea, costruire fiducia e complicità con il malato, sentirsi in una relazione socialmente utile e giusta … che cosa è se non quel ‘camminare accanto’ [ethalekhin ebraico = camminerò] da cui deriva la parola Placebo, “io ti piacerò”?Il medico che si fa ‘placebo’ riceverà dai suoi pazienti fiducia, compliance, riconoscimento, gratitudine, e, anziché logorato dal prendersi cura, si sentirà ri-energizzato emotivamente e affettivamente e percepirà la sua vita professionale ricca di significato e di finalità.
Qualcuno chiama questo stato di “ben-essere”, di “sentirsi bene con se stesso nel dedicarsi agli altri” col termine di“felicità relazionale”: uno stato in cui sono pienamente valorizzati i rapporti interumani, i legami affettivi e di comunicazione, l’intelligenza relazionale e la sana gestione delle emozioni, la solidarietà, la cura e il rispetto della persona (a partire da se stessi!).

Sandra Vernero. Slow medicine: che cos’è e cosa si propone di fare
Slow Medicine è nata a Torino nel dicembre del 2010 dall’incontro di alcuni professionisti (per lo più medici) che sentivano la medesima esigenza: quella di modificare radicalmente il modo di tutelare la salute e di curare le persone; e di farlo attraverso l’alleanza, fin dai primi momenti, dei medici e degli altri professionisti con i pazienti e i cittadini. Il cambiamento presupponeva un nuovo modo di intendere la medicina: una medicina meno tecnologica, meno prona al mercato, più attenta alla persona e basata sull’approccio sistemico;una medicina rivolta ad assicurare le terapie più efficaci, ma anche capace di affiancare la persona durante l’intero percorso di cura, in modo che il paziente diventi protagonista della sua salute.
Slow Food ha come suo obiettivo quello di un cibo “buono, pulito e giusto”, così nel manifesto di lancio di Slow Medicine abbiamo sintetizzato il nuovo paradigma nelle tre parole “una cura sobria, rispettosa e giusta”. sobria: perché agisce con moderazione, gradualità e senza sprechi e riconosce che fare di più non significa sempre fare meglio; rispettosa: perché attenta alla dignità della persona e al rispetto dei suoi valori; giusta: perché impegnata a garantire cure appropriate per tutti. Va precisato che il termine “Slow” non è sinonimo di medicina lenta, ma richiama il concetto di medicina riflessiva, ponderata, che lascia il tempo al pensiero, al ragionamento e al giudizio. Attività che oggi sembrano diventate superflue.
Uno dei progetti di Slow Medicine, Fare di più non significa fare meglio - Choosing Wisely Italy, è stato lanciato a fine 2012, in analogia all’iniziativa Choosing Wisely in atto negli Stati Uniti. Il progetto si propone di favorire il dialogo dei medici e degli altri professionisti della salute con i pazienti e i cittadini su esami diagnostici, trattamenti e procedure a rischio di inappropriatezza in Italia, per giungere a scelte informate e condivise. La scommessa di Choosing Wisely è quella di cambiare una cultura, sia dei professionisti sia dei cittadini, troppo spesso influenzata da pesanti interessi economici e da diffusi conflitti di interesse, e alimentata da mezzi di comunicazione scarsamente indipendenti. Una cultura che porta a ritenere che essere sottoposti a più indagini diagnostiche e a più trattamenti rappresenti sempre il meglio per ogni persona, e non costituisca invece, in molti casi, un danno oltre che uno spreco. Hanno aderito al progetto, a luglio 2018, più di 40 società scientifiche di medici, farmacisti, infermieri e fisioterapisti, e sono state pubblicate 44 liste di esami e trattamenti a rischio di inappropriatezza in Italia, per un totale di 220 raccomandazioni. Obiettivo del progetto, inserito nella rete di 22 Paesi del movimento Choosing Wisely International, è ora quello di diffondere le raccomandazioni ai professionisti ed ai cittadini e di applicarle nella pratica.

In contrasto rispetto alla progressiva medicalizzazione della società, ai fini del mantenimento della salute e del benessere delle persone hanno fondamentale importanza e vanno promosse,per Slow Medicine,le corrette abitudini di vita di tutti giorni: la pratica di una regolare attività fisica, l’adozione di una sana alimentazione, l’astensione dal fumo, la moderazionenell’assunzione di alcoolici. Secondo la sua visione sistemica, che considera la salute come un equilibrio dinamico risultante dall’interazione di fattori biologici, psicologici, sociali e ambientali, non è però sufficiente un approccio individuale ma è necessario prendere in considerazione aspetti più globali e interconnessi, come il contrasto alle disuguaglianze, le reti sociali, la tutela dell’ambiente, le fonti energetiche, le tecniche agricole, la modalità di costruzione delle città, ma anche l’arte, la bellezza e la spiritualità. Multidisciplinarietà, pluralità dei linguaggi, integrazione e connessione dei saperie delle scienze biologiche, umanistiche e sociali sono i nuovi ingredienti e le vere sfide della medicina e della società di oggi, che postulano scenari innovativi e chiedono profonde trasformazioni sia nelle modalità di organizzazione e di gestione delle cure sia nelle scelte politiche e sociali.

19.00 CHIMICA E FISICA DELLA FELICITÀ
modera Susanna Penco
Silvana Cagiada. Abbandonarsi con l'immaginazione nella natura
Anna Burroni. La felicità a fior di pelle
Claudio Fusco. Le scorciatoie per la felicità
Marco Bertolotto. La cannabis terapeutica

Silvana Cagiada. Abbandonarsi con l’immaginazione nella natura
Ogni giorno tutti noi interrompiamo spontaneamente, più volte, la nostra attenzione su ciò che stiamo facendo, attivando uno stato di leggera “trance”, come condizione naturale che ci permette di recuperare le energie, entrando in uno stato di rilassamento psico-fisico spontaneo, osservabile generalmente su altri quando assumono una mimica facciale completamente distesa. Trattasi di un “diverso” stato di coscienza che passa inosservato dal soggetto che lo vive di norma naturalmente e che coinvolge la corteccia cerebrale e le vie ad essa afferenti.
Ma perché allora, nonostante la nostra capacità intrinseca di recuperare energie, vitalità, ci sono persone logorate dallo stress, che presentano disturbi d’ansia o tratti depressivi fino a sfociare in vere e proprie patologie?
In fisiologia, il nostro sistema “omeostatico” semplicemente inteso come tendenza di ogni organismo a raggiungere e mantenere un equilibrio, sia delle proprietà chimiche e fisiche sia a livello comportamentale, anche al variare delle condizioni esterne, non funziona sempre come dovrebbe….
Piaget (psicologo, biologo, pedagogista, filosofo) parla di adattamento come equilibrio tra individuo e ambiente e si determina attraverso meccanismi omeostatici, processi di assimilazione e di accomodamento.
Come potenziare momenti in cui vorremmo vivere più serenamente…anche in modo preventivo, staccarci dai problemi della quotidianità…recuperare energie e risorse che nel presente sono assopite, dissociate dalle situazioni problematiche che stiamo vivendo?
Una possibilità potrebbe essere quella di condurre noi tessi in uno stato di rilassamento psico-fisico, immergendoci semplicemente nella natura o abbandonandoci nella natura, nei colori e nei suoni che la rappresentano, anche attraverso la visione o l’immaginazione di essa. Seguirà un breve video.



Anna Graziella Burroni. Felicità a fior di pelle
La pelle è organo di relazione per eccellenza ,protegge il nostro mondo interno e ci mette in contatto con il mondo esterno. La pelle è , anche il nostro diario di bordo: quella piccola cicatrice ricorda la varicella a 6 anni…..quella macchiolina la scottatura a 20. È organo che controlliamo ogni mattina specchiandoci, puo’ darci gioia “come sto bene oggi” o dolore “che pallore mamma mia!!” Quando siamo neonati ci da felicità perchè la pelle viene continuamente lavata, profumata, cade su di lei la pioggia di borotalco, attraverso la nostra cute sentiamo il calore e le caratteristiche della pelle della nostra mamma e ci tranquilliziamo. Anche nel mondo animale, scimmie private della mamma prediligono erogatori di latte rivestititi di una pelliccia che simula la madre piuttosto che un erogatore “senza pelle”. Da bambini è luogo di scoperte e di erotizzazione. Da adolescenti può diventare il luogo dove esprimere la nostra personalità attraverso tatuaggi o piercing. Da adulti è sempre protagonista: gioia o dolore ci si leggono in faccia. La pelle e i suoi annessi - unghie e capelli - sono organi di seduzione per eccellenza. La folta chioma è in tutte le epoche e in tutte le culture uno strumento per sedurre. Col passare del tempo la cute ci mette alla prova: macchie, rughe, incanutimento…..A volte basta un peeling ed ecco che la felicità torna e ce la regala la nostra cute. Sopportare o meno i nostri piccoli difetti dipende dal costrutto dell’immagine corporea: come noi appariamo alla nostra mente. Quando l’immagine di come noi vorremmo essere coincide con quella che abbiamo si realizza la felicità. Non è facile perché l’immagine corporea è un concetto dinamico, dobbiamo imparare ad accettarci bambini, poi adolescenti, poi adulti, poi vecchie, talvolta con malattie cutanee. Un’emozione positiva, attraverso il sistema psico-neuro-immuno-endocrino illumina proprio la nostra cute e rende ragione al detto: è felice a fior di pelle!

21.00 Agorà. BIOROBOTICA, NEUROSCIENZE E INGEGNERIA GENETICA: LE SFIDE DEL POSTUMANO
modera Salvatore Palazzo
Gianmarco Veruggio, Cinzia Caporale, Salvatore Amato, Edoardo Boncinelli, Emilio Maura, Michela Chiappalone
Salvatore Amato. L’attuale modello giuridico appare assolutamente inadeguato a disciplinare gli sviluppi tecnici, cognitivi e operazionali dei processi di automazione legati alla robotica e all’intelligenza artificiale. Per porre un limite a questo evidente limite degli attuali livelli normativisono in corso di elaborazione due modelli, divergenti ma strettamente complementari:
una “regolamentazione della robotica” (roboticsregulation) che muove dall’idea che l’oggetto non siano i robot, in quanto tali, ma le persone che progettano, costruiscono e interagiscono con i robot
un “diritto dei robot” (robot law) incentrato sui diritti e i doveri dei robot, considerati come entità giuridiche aventi una personalità, una dignità (numerica) e una specifica responsabilità giuridica.
Entrambe queste prospettive ci pongono di fronte al problema degli squilibri esistenziali che potrebbero derivare dalla delega tecnologica ai robot di alcune funzioni umane fondamentali e al problema della ricaduta antropologica dell’elaborazione di nuove categorie giuridiche o della riformulazione delle tradizionali categorie giuridiche.

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