Femminicidio e raptus: un'opinione fuori dal coro. Forse
Chi uccide una donna è un assassino subdolamente "giustificato" da una cultura che deve essere cambiata perché socialmente pericolosa e umanamente degradante...
Lunedi, 09/09/2019 - L'amore, come tutte le cose umane, è sempre imperfetto. Non esiste amore puro fuori dalla cultura in cui siamo immers*, isolato da altri sentimenti: gelosia, desiderio di potere e di possesso, invidia, rabbia, odio.... Le relazioni umane sono un terreno instabile, messo alla prova dalle ambivalenze che ci abitano e dalle tante difficoltà della vita e del crescere. Quelle tra i sessi hanno come humus fertile, condizionante, la cultura patriarcale. Non dimentichiamolo mai. Per questo parlare di gelosia, di raptus a proposito di femminicidio è secondo me legittimo, ma solo se considerati come elementi secondari e se contestualmente vengono ben evidenziati gli elementi costitutivi che sono alla radice del gesto: la struttura di dominio che li genera, cioè lo squilibrio di potere tra i sessi che regola le relazioni tra donne e uomini da millenni e che permane nelle pieghe più o meno oscure della nostra cultura, solo in parte messo in crisi dalle donne e dai loro movimenti. Parlare correttamente di violenza maschile sulle donne, raccontare un femminicidio e il suo senso, significa saperne svelare le radici e in base a queste formulare giudizi. Uno che uccide è innanzitutto un assassino, uno che uccide una donna è un assassino subdolamente "giustificato" da una cultura che deve essere cambiata perché socialmente pericolosa e umanamente degradante. Questo va sempre sottolineato. Le scuole di giornalismo dovrebbero avere come obbligo una lettura sapiente, sessuata, della realtà di cui intendono parlare e non possono ignorare o mettere sotto silenzio il tanto maschilismo e le tante forme di misoginia che ci avvelenano. E magari indicarne anche il superamento, a partire dalla denuncia dei libri di testo, ad esempio, e dei tanti stereotipi veicolati dal mondo della politica, della carta stampata, dai social, dalla pubblicità, in cui persiste la presunzione di una superiorità del maschio e l'odio ostinato, feroce nei confronti delle donne e della loro libertà.
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