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Emigrare a 50 anni. Dalla Colombia all'Italia sperando in un futuro migliore

Emigrare a 50 anni. Dalla Colombia all'Italia sperando in un futuro migliore

La storia di Maria. Un'infanzia difficile e senza affetto materno, la prima gravidanza a 15 anni, le violenze del compagno e altre due figlie. Rimane vivo il sogno di guadagnare abbastanza per tornare nel suo paese

Venerdi, 31/05/2024 - “Che Dio mi dia salute e lavoro”, queste sono le parole di Maria che ha deciso di lasciare la Colombia per venire in Italia con la speranza di trovare un futuro migliore per lei e le sue tre figlie.

Ci troviamo in un’aula della scuola di italiano Alfabeti del mondo, situata a Roma Sud. Maria (nome di fantasia) ha appena finito di fare lezione, ma volentieri si trattiene a scuola un altro po’ per raccontarci la sua storia, dalla sua infanzia in Colombia fino al suo arrivo in Italia. Parla pochissimo l’italiano, così Andrea, un insegnante volontario, si è offerto gentilmente di farmi da mediatore linguistico.
L’energia di Maria ci travolge, non esita nel rispondere alle nostre domande, anzi parla ininterrottamente, non vuole omettere nulla della sua vita, perché vuole che la sua storia venga ascoltata da qualcuno. Per raccontare con determinazione e distacco il proprio passato ci vuole tanta forza d’animo e Maria testimonia quanta forza può nascere in una donna, per di più madre, dopo aver sofferto. Maria è un libro aperto e la sua vita si divide in capitoli, iniziando dal primo, la sua infanzia.

“Una muchacha” (“una ragazzina”)
La vita di Maria è stata difficile fin dalla sua nascita, i suoi genitori non si sono mai presi cura di lei e nemmeno l’hanno registrata all’anagrafe in Colombia, nello specifico a Buenaventura la sua città natale. Ci racconta che un giorno all’età di sette anni la madre le ha detto: “Ti porto da una signora che ti compra il gelato”, “e poi non l’ho più rivista”, così ci dice (Maria) manifestando un velo di sconforto. Non ha avuto un’infanzia simile a quella dei suoi coetanei, lei non andava a scuola perché doveva lavorare come domestica per la matrigna. A tredici anni Maria se ne è andata dalla casa della matrigna e finalmente è tornata da sua madre.

“Íbamos a bailar” (“Andavamo a ballare”)
Maria sorride quando ci dice: “Non ho rancore” riferendosi alla madre che l’ha abbandonata da bambina e poi racconta con gioia quando andava a ballare con sua zia, quasi sua coetanea. Durante quelle serate, scandite da balli sfrenati e musica, Maria ha conosciuto il suo primo fidanzato. Ci racconta senza troppa vergogna che una sera lei e il suo fidanzatino erano rimasti soli in casa (e avevano fatto l’amore), ma nelle settimane successive al rapporto Maria ha iniziato ad avvertire un senso di nausea: era incinta. Durante il secondo mese di gravidanza ha scoperto che il suo fidanzato era stato ucciso in uno scontro fra bande. Appena sua madre ha saputo della gravidanza le ha detto: “vattene”. Così si è ritrovata ancora una volta sola e abbandonata. A quindici anni Maria era una ragazza madre sola, senza l’aiuto di un genitore, senza una casa tutta sua, spesso e volentieri era ospite delle sue amiche che provvedevano a lei. La solidarietà da parte delle altre donne le ha permesso di non rimanere in mezzo alla strada, ma le sventure non finiscono qui. Maria è stata costretta a lasciare la casa della sua amica perché ha subito delle molestie da parte del marito. Saputo che aveva partorito, la madre decide di riaccoglierla in casa, ma dopo un po’ di tempo è venuta a mancare a causa di una trombosi.

“La bicicleta” (“La bicicletta”)
Maria conosce un ragazzo che aveva una bicicletta, al momento aveva quindici anni e viveva con il patrigno. Questo ragazzo corteggiava Maria, lei non è attratta da lui ma non rifiuta le sue avances solo perché sua sorella le dice di starci insieme per poter usare la bicicletta. Il ragazzo con la bicicletta parte per il servizio militare e ritorna dopo un anno, Maria improvvisamente si innamora di lui dopo averlo rivisto. I due ragazzi si fidanzano e la loro storia dura vent’anni circa. Maria ha avuto due figlie dal suo secondo fidanzato con il quale ad un certo punto della sua vita si trasferisce a Cali, dove lui lavoraa.

“Me pegaba” (“Mi picchiava”)
Il compagno di Maria era un violento, era geloso. “Ma perché hai sopportato tutto questo tempo le sue violenze?” ci è sorto spontaneo chiederle. “Perché non avevo una famiglia, non avevo nessuno”, ci risponde Maria. Anche la condizione di incertezza economica l'ha costretta a sopportare per molto tempo gli abusi da parte del compagno. Ha potuto affrancarsi da lui solo quando ha iniziato a lavorare in una cucina di un ristorante, dove ha conosciuto la padrona che l’ha esortata a lasciare il compagno violento. Le ha detto: “Lascialo che ormai hai un tuo lavoro”. Alla fine Maria è riuscita ad avere abbastanza soldi per prendere in affitto una casa e allontanare il compagno.
Avere un’indipendenza economica è essenziale per una donna che vuole lasciare un compagno violento, ma la paga in Colombia non è mai sufficiente per vivere, la nostra studentessa ci spiega che i datori di lavoro ti sfruttano e nel suo caso, ovvero una madre single, i soldi non bastano mai.

“La oportunidad” (“L’opportunità”)
Maria ha continuato a lavorare nella ristorazione fino a che un giorno una signora che aveva un ristorante le propone un’offerta che potrebbe garantirle un futuro migliore: venire a lavorare in Italia. Questa signora voleva aprire un ristorante in Italia e le ha detto: “Vieni in Italia che troverai un lavoro”. Maria ha voluto cogliere al volo questa opportunità, così ha deciso di partire anche lasciando a malincuore le sue figlie. Purtroppo una volta arrivata in Italia Maria ha scoperto che la sua futura datrice di lavoro non aveva abbastanza soldi per aprire il ristorante, ma in compenso si è offerta di ospitarla a casa sua.

“Las dificultades” (“Le difficolà”)
Abbiamo chiesto a Maria quali sono le difficoltà maggiori che ha riscontrato da migrante e ci ha risposto: “Prima di tutto i documenti, e in secondo luogo parlare l’italiano”. In questo caso l’aiuto da parte della scuola può essere fondamentale per migranti che si trovano in condizioni simili a quella di Maria, perché la scuola di italiano non si limita solo all’insegnamento ma può essere anche uno sportello per tutti coloro che hanno bisogno di aiuto. In seguito le abbiamo chiesto: “Com’è per una donna emigrare, è più difficile rispetto a un uomo?”, Maria ci risponde ridendo “Sì, per un uomo è tutto uguale. A loro non importa della famiglia e dei figli. Io aiuto le mie figlie anche se sono maggiorenni ormai”.

“La meta” (“L’obiettivo”)
Per Maria emigrare vuol dire raggiungere un obiettivo. “In questo momento mi sto adattando, subentra la nostalgia, a volte penso di voler ritornare in Colombia”, così ci dice e poi in seguito le abbiamo chiesto se una volta arrivata qui è riuscita a dimenticare i momenti più duri
passati in Colombia. Maria risponde: “Già li ho dimenticati, sono una persona che lascia correre le cose passate”, il suo passato non la tormenta infatti, nonostante i suoi trascorsi difficili, è imperturbabile. Il suo punto debole è l’amore che prova per le sue figlie. Quando le abbiamo chiesto che cosa le manca del suo Paese ci ha detto piangendo “Le mie figlie”. L’obiettivo di Maria è trovare un lavoro fisso in Italia così da poter tornare in Colombia in un futuro e comprare una grande casa dove poter vivere con le sue figlie. Maria al momento è in fase di richiesta dei documenti e sta cercando lavoro come collaboratrice domestica e badante. Per chi la volesse aiutare chiedo di contattare questa mail: contatti.perlavoro@outlook.com

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