Domenica, 27/10/2019 - Classe 1978, Nicolas MATHIEU, che vive a Nancy, ha esordito solo 5 anni fa con un noir - Aux animaux la guerre - uno dei generi letterari, ma anche visivi preferiti dai francesi, tanto che dal libro è stata subito tratta una serie televisiva. E i figli dopo di loro è la sua opera seconda: un romanzo molto ben accolto da critica e pubblico tanto da meritare, oltre al già citato Goncourt, molti altri premi letterari, per il momento.
Ma il buongiorno si vede dalle due...mattine: quest'ultimo è già in 'odore di traduzione' in almeno venti paesi.
In effetti Mathieu dimostra una buona memoria ed una buona conoscenza degli animi umani: in un tomo di circa 500 pagine - quasi come Il nome della rosa - racconta in una spietata quanto autentica anamnesi socio-individualistica un'estate del 1992, dove in una regione francese tutta particolare come è la Lorena, si incrociano le vite e le crescite adolescenziali e post adolescenziali di tre ragazzi, Anthony di quattordici anni, Stéphanie, bellissima ma 'seppellita' in un luogo che non le potrà mai dar molto, ed Hacine, quasi un post-adolescente che anticipa i primi due nella delusione della crescita e delle aspettative di vita, che non saranno - ormai è certo - non migliori di quelle dei loro genitori che li han preceduti ma che non han potuto 'aprire' loro uno 'spiraglio di esistenza' migliore - tutto è già scritto?
Ma anche la stessa terra è stata scelta non a caso, oltreché per destino, visto che è quella dell'Autore, quindi ancor meglio conosciuta: è posta tra il Belgio, il Lussemburgo e la Germania a nord, confina anche con tre ex-regioni francesi, Alsazia a est, Champagne-Ardenne a ovest e Franca Contea a sud.
La Lorena è sempre stata mèta di emigrazione italiana e non solo, terra in cui il lavoro c'era, dunque, poiché ricca di miniere di carbone.
Così è il lavoro, il cambiamento obbligatorio del suo modus operandi, ad opera degli stessi operai, minatori, lavoratori in genere che produce malessere e non più sopravvivenza, prosperità: è un’estate torrida, ma è anche quella in cui il vento caldo della globalizzazione ha già spazzato via buona parte dei posti di lavoro della regione lasciando le famiglie sul lastrico, impreparate ad affrontare la chiusura delle fabbriche e ad immaginare un futuro diverso per sé ed i propri figli.
Di questo piccolo mondo periferico, ma anche centrale, centralizzato, reso una specie di cuore dell'universo, Mathieu racconta dolori e gioie, speranze e miserie, dando forma ad un affresco sociale umanissimo e, ad un tempo, feroce. L’adolescenza, rito di passaggio esistenziale, di formazione di Anthony, Stéphanie e Hacine diventa per lui una lente straordinaria con cui guardare a un’Europa di provincia, alle sue illusioni di benessere bruciate nei falò estivi, alla sua innocenza perduta. Un’Europa che è anche la nostra, che è / divenuta la nostra, nel tempo.
E piace chiosare con una frase finale, un po' globale ed individuale, anch'essa, posta non senza affettuosa ironia nell'ultima pagina del libro, quella dei ringraziamenti: Vorrei ringraziare qui mia madre che, non contenta di avermi messo al mondo, mi ha dato una grossa mano durante tutta la stesura di questo libro.
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