Organizzazione, gestione e utilità dei servizi sociali come sostegni concreti per le famiglie: conversazione con Elisa Paris, presidente della cooperativa Nuove Risposte e referente di Innovainrete
La cooperativa Nuove Risposte è stata pioniera nel campo dei servizi alla persona, in particolare servizi pensati per le fasce più fragili della popolazione e organizzati nei territori problematici della periferia romana: dagli anziani con Alzheimer ai minori con situazioni di disagio alle persone con disabilità fisiche o psichiche. “Abbiamo maturato una grande esperienza in oltre 40 annidi lavoro e possiamo testimoniare l’importanza di questi servizi sia per i diretti interessati sia per i loro familiari. Abbiamo anche visto cambiamenti nell’impostazione dei servizi, che oggi non sembrano più rispondere ad una visione organica ma risultano più frammentati col risultato di perdere in efficacia”. Elisa Paris è fondatrice e presidente della cooperativa e da due anni è referente anche di Innovainrete, un contratto di rete tra 11 cooperative romane (Aelle il Punto, Arca di Noè, Il Brutto Anatroccolo, Cospexa, H Anno Zero, Idea Prisma 82, Magliana Solidale, Meta, Il Piccolo Principe e Cooperativa Mediterranei) accomunate da lunghe collaborazioni con varie realtà sociali, ma anche con scuole, università, ospedali e società private. “Abbiamo sentito il bisogno di mettere a fattore comune le nostre esperienze e professionalità per migliorare i servizi sociali in una fase di cambiamenti profondi anche nei bisogni sociali con l’emergere di nuove fragilità e difficoltà”.
Quello che Paris tiene a sottolineare è la varietà dei servizi che devono essere messi a disposizione per coprire le tante e differenti esigenze. “Dall’assistenza domiciliare alla gestione dei Centri diurni, dalle Case Famiglia ai soggiorni estivi, noi pensiamo e organizziamo tutto mettendo al centro la persona e la famiglia,ma quello che manca è la collaborazione tra i soggetti coinvolti che, oltre noi e le famiglie, sono le istituzioni. In particolare un aspetto, poco conosciuto ma molto importante, è il ruolo dell’amministratore di sostegno, una figura esterna che difficilmente riesce ad entrare in contatto con le realtà di cui si occupa. Questo è un problema non da poco. Inoltre capita spesso che le madri di persone con disabilità preferiscono delegare questo lavoro. Parlo delle madri perché, sulla base della nostra lunga esperienza sul campo, posso dire che sono sempre le donne ad assumere il ruolo di caregiver dei figli o figlie con disabilità. Si sacrificano, lasciano il lavoro e si dedicano alla famiglia. È una scelta che le pone in un rapporto praticamente esclusivo e accade che, quando poi l’uomo va in pensione e quindi è più presente a casa, si determinano disequilibri o addirittura dei conflitti perché la madre si sente defraudata di un ruolo che è stato per anni esclusivo; è un’invasione che non riesce a tollerare. Spesso siamo chiamate, con le nostre équipe, a fare delle mediazioni dando un contributo per risolvere situazioni problematiche”.
Elisa Paris sottolinea molto la rilevanza del ruolo delle donne che nel tempo “hanno dato un contributo fondamentale all’evoluzione culturale perché, partendo dall’iniziale rabbia e anche dal senso di colpa per la condizione dei/delle figli/e, arrivano ad un’accettazione e a comprendere il senso e l’importanza dell’accoglienza del problema che viene condiviso con altri. Va sottolineato che con l’utente accogliamo anche tutta la sua famiglia. Dare attuazione al concetto di sollievo significa che la famiglia non è più sola a farsi carico in prima persona della disabilità. Infatti diamo spazio al dialogo e affrontiamo il tema degli spazi necessari a livello individuale e di gruppo, per esempio prevedendo uscite da soli o in compagnia. Per questo è importante capire che il servizio deve essere flessibile e adeguato alle esigenze e, quindi, non può essere standard. Questo approccio richiede una serie di competenze professionali che come cooperativa riusciamo a mettere a disposizione”. Un aspetto, quest’ultimo, correlato agli obiettivi dei servizi, che “devono essere riabilitativi ma anche socializzanti con percorsi sostenibili finalizzati all’autonomia e che in ambito familiare difficilmente si possono seguire”.
Autonomia è la parola chiave dei servizi sociali. “L’amministrazione pubblica deve capire che investire in questi servizi significacostruire una società più accogliente e una comunità più educante; inoltre prendersi cura della salute di queste persone anche attraverso la socializzazione ha come effetto anche quello di prevenire malattie fisiche o psichiche. Tra l’altro segnalo che il sistema ha dei buchi per la fascia di età che va dai 60 (frequenza dei centri diurni) ai 65 anni, età in cui possono usufruire di altri centri, e per i minori che, dopo l’uscita dalle scuole dell’obbligo, devono aspettare la maggiore età per essere accolti nelle strutture”.
Il tema del dopo di noi aleggia nella conversazione e Paris lo affronta sottolineando che “se si punta solo sulla famiglia dobbiamo domandarci cosa succede quando la famiglia non c’è più, bisogna fare un salto importante e lavorarci di più tutti insieme facendo in modo che ci sia un passaggio emotivo, culturale ma anche pratico e organizzativo”.
In conclusione della conversazione Elisa Paris torna sul tema del lavoro negato per le donne e madri di persone con disabilità. “Abbiamo visto che, anche con il nostro aiuto, chi ha provato non ce l’ha fatta a conciliare i tempi della casa, della cura e del lavoro. La scelta di dedicarsi esclusivamente alla famiglia è inevitabile un po’ perché è la cultura generale e poi ci sono anche difficoltà oggettive, come per esempio la mancanza di continuità nei servizi e la poca disponibilità del mondo del lavoro nonostante la legge 104. Le conosco, le ho viste, so che vite conducono. Sono donne che meriterebbero un monumento”.
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