DONNE CHE INNOVANO. Storie di successi e di tanta tenacia
In un libro curato da Giada Palma venti profili di donne che hanno fatto della ricerca e della creazione di impresa un terreno di cambiamento della propria e di impegno per inventare soluzioni a problemi delle persone e dell’ambiente
Venerdi, 06/05/2022 - L’Associazione Donne e Scienza lavora da tanti anni per promuovere una conoscenza e soprattutto un’idea diversa del rapporto tra le donne e il mondo scientifico, denunciando il perdurare di squilibri e discriminazioni della presenza delle donne in questo campo ma soffermandosi soprattutto sull’apporto che le donne hanno dato e danno a questo settore. E’ loro l’iniziativa di presentazione presso la Casa Internazionale delle donne del libro “Donne che Innovano”, scritto da Giada Palma, una giovane donna interessata alla ricerca di nuovi modelli ed esperienze nel campo della ricerca e della economia. Il libro, come ha raccontato la stessa autrice, nasce in piena pandemia, quando nella solitudine che ha caratterizzato la vita di tante persone, scopre che c’è un premio che le istituzioni europee hanno istituito per promuovere donne che si sono distinte per scoperte innovative e per essere state capaci di aver tradotto in attività di imprese tali innovazioni ( EU Prize for Women Innovators).
Comincia così a prendere contatto a distanza con molte di loro e a raccogliere le loro storie. Storie non di donne famose ma certamente di donne molto interessanti.
Ne esce un panorama che tocca diversi paesi: da Israele alla Turchia, dall’Olanda alla Germania, dall’Italia alla Spagna e Portogallo, dall’Austria alla Lituania. Contesti molto diversi sia dal punto di vista sociale e culturale rispetto al ruolo e alla condizione delle donne ma anche all’ambiente in cui scienza, ricerca e impresa si sviluppano e interagiscono. Ciò che ha mosso questa ricercatrice a costruire questo puzzle al femminile sono alcuni interrogativi e curiosità: le donne esprimono differenze nella ricerca dell’innovazione? Cosa le spinge a superare spesso grandi ostacoli nel loro percorso di studio, di impegno e di ricerca di una applicazione della loro scoperta? Ci sono componenti personali oltechè condizioni ambientali che caratterizzano queste storie di successo, che si caratterizzano anche perché spinte da motivazioni che guardano al benessere degli altri? “Mi ha colpito nel racconto di queste donne alcune cose - dice Giada Palma -. Intanto spesso le loro idee partono da esperienze personali o familiari. Costante è certamente la passione e la tenacia con cui hanno portato avanti il loro percorso, così come la pazienza nella ricerca risultati. Ma anche alcuni approcci personali al fare ricerca e impresa: molta voglia di collaborazione e non di competizione, anche con uomini, molta voglia di tradurre le loro scoperte in benefici concreti per la società”.
Dal libro emerge infatti un quadro molto differenziato rispetto ai campi dell’innovazione (medicina, biotech, tecnologie informatiche, chimica e invenzione di nuovi materiali, ma anche modelli economici e commerciali alternativi) e ai contesti nei quali queste donne hanno operato. Galit Zuckerman, israeliana, partendo da un'esperienza familiare arriva a produrre tecnologie per gestire meglio la terapia del dolore; Karen Dolva, norvegese, lavora per realizzare sistemi tecnologici che aiutano ad attenuare il senso e lo stato di isolamenti fisico e sociale di soggetti fragili. L’olandese Jalila Essaidi ricava dallo studio della seta prodotta dai ragni e delle sostanze contenute nel latte di capra un tessuto leggero che ha capacità incredibili di protezione persino da proiettili o altri rischi. Maria Pau, spagnola, invece si concentra su come ricostruire parti ossee del corpo con sostanze che rigenerano i tessuti. L’italiana Gabriella Colucci, a partire da studi importanti sulle piante e sui sistemi biologici, individua principi e sostanze che intervengono positivamente nel campo medico e nella cosmesi. Neus Sabatè, spagnola, parte dallo studio del sistema di carica dello stick dei test di gravidanza per arrivare a produrre “batterie” di carta, meno costose e meno dannose all’ambiente. Grazie agli studi sulle proteine che agiscono nell’organismo umano di Maria Fatima Lucas, spagnola, si arrivano a individuare meccanismi e farmaci che possono intervenire in modo positivo su malattie gravi. Valentina Menozzi e Alice Michelangeli, italiane e amiche di studio in biotecnologia, arrivano a mettere a punto uno speciale metodo che favorisce la guarigione di tessuti epiteliali, favorendo la produzione di un cerotto con una componente prodotta utilizzando la stampa 3D che aiuta a combinare il sangue dei pazienti con dei biomateriali. Esemplare di un percorso tutto “al femminile” è la storia della turca Osge Akbulut, che in base allo studio sui danni fisici che le pratiche di ricostruzione dei seni intervengono sulle donne operate, si concentra sulla ricerca di materiali e modelli di protesi non invasivi e vicini alla sensibilità delle donne, lavorando in parallelo per ampliare una conoscenza medica a favore delle donne tra le nuove leve chirurgiche. Inna Braverman, isrlaeliana, da anni è impegnata in un campo che fornirà nel futuro una grande alternativa alla produzione tradizionale di energia, attraverso una fonte rinnovabile incredibile quale è lo sfruttamento dei movimenti dei mari.
La particolarità di queste, come delle altre, storie raccontate in questo volume è che tutte questi studi e scoperte frutto dell’impegno di queste donne hanno potuto poi essere messe a frutto e diventare prodotti o servizi nell’ambito di attività imprenditoriali, a cui hanno partecipato attivamente.
Queste studiose, cioè, oltre a dare un contributo sul piano dell’innovazione sperimentale sono state capaci anche di affrontare la strada imprenditoriale, incontrando persone o strutture che le hanno supportate. Cosa non certamente frequente ma che in alcuni paesi è più facile che in altri. E’ il caso della diffusa pratica in alcuni paesi del Nord Europa di ospitare in “incubatori” delle start up che nascono dalla ricerca universitaria, anche quella prodotta da donne: un modo di passare dalla sperimentazione dell’innovazione alla traduzione pratica e produttiva di tali scoperte. Cosa che certamente non è molto diffusa nel nostro paese, come sottolineano le protagoniste italiane. “L’Italia, è uno dei paesi con più pubblicazioni e citazioni scientifiche, è anche tra i primi tra i produttori di alta tecnologia ma manca qualcuno che realizzi il prodotto vero e proprio e ci siamo chieste spesso dove andassero a finire le scoperte dell’Università”.
Lascia un Commento