Domenica, 11/11/2018 - A chi mi chiede se sono soddisfatta della mobilitazione di ieri contro il disegno di legge Pillon rispondo: sì, ma solo in parte!
Sono soddisfatta per le tante presenze, a Torino, oltre duemila, che in un pomeriggio piovoso hanno voluto testimoniare la loro forte contrarietà a questa proposta di legge; sono soddisfatta per l'alto livello degli interventi che si sono succeduti sul palco, donne e uomini che spendono la loro vita professionale a favore dei diritti, dei bambini, delle famiglie, hanno spiegato con competenza, passione e grande empatia, perchè questo disegno di legge deve essere ritirato; sono soddisfatta di come tutte le persone sono state attente, direi quasi rapite dagli interventi, manifestando solo alla fine di ogni contributo, la loro forte preoccupazione per una riforma che danneggia i bambini, le persone più fragili, quelle più svantaggiate; sono soddisfatta della grande forza e unità che il movimento delle donne e quello dei diritti più in generale, stanno ritrovando, compatti in un obiettivo comune: fermare questo pericoloso cambiamento normativo.
E allora cos'è che mi lascia l'amaro in bocca?
E' constatare, ancora una volta, che i diritti civili, che sono quelli che permettono alle persone di vivere in libertà, di autodeterminarsi e di progredire nel cammino della civiltà, hanno per la stragrande maggioranza delle persone, un'importanza ed un peso infinitamente minore rispetto ai problemi e agli eventi economici, finanziari.
Non mi sfugge l'importanza di questi ultimi e neanche che, (come recita il Punto 1 comma 2 della risoluzione 32/130 approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1977) “La piena realizzazione dei diritti civili e politici senza il godimento dei diritti economici, sociali e culturali è impossibile.", ma vorrei far riflettere che senza il pieno esercizio dei diritti umani noi non saremmo potuti neanche scendere in piazza a manifestare.
Lo vorrei fare presente prima di tutto alle organizzatrici della manifestazione Sì Tav del mattino, a Torino, che non hanno ritenuto opportuno trovare un'altra data rispetto a quella del 10 novembre, data che da agosto era stata individuata a livello nazionale, per manifestare contro il ddl Pillon. E mi dispiace non essere riuscita a far capire a queste sette donne quanto questa proposta, se convertita in legge, possa segnare le vite delle tante famiglie che vivono o vivranno la separazione, perchè è chiaro che due manifestazioni nello stesso giorno possono di fatto schiacciarne una, sia per quanto riguarda la partecipazione, sia per quanto riguarda la risonanza mediatica.
Lo vorrei fare presente anche a quei giornalisti e giornaliste, (non tutti in verità perchè molti e molte hanno capito quanto importante fosse dare risalto a questa protesta) che non hanno considerato importante informare in modo corretto ed esaustivo su questo tema, ricordando loro che in questo momento una delle libertà più sotto attacco è proprio quella dell'informazione.
E infine lo vorrei far presente a tutte quelle persone che, sabato pomeriggio, hanno preferito rimanere a casa, forse tenute lontane dalla pioggia, e che forse non ritengono così inquietante questo ddl o che non si stanno accorgendo che questo è solo il primo dei prossimi futuri attacchi alle nostre libertà, ai nostri diritti, alla nostra autonomia e indipendenza.
Spero che tutti riflettano e capiscano quanto un bambino, una donna, un uomo possano vedere stravolta la loro vita da una riforma che è ideologica,ingiusta e iniqua. E spero che siano consapevoli dell'arretramento che il nostro Paese sta subendo sul tema dei diritti civili e che dobbiamo difendere quelli conquistati in tanti anni di lotte : non possiamo oggi girarci dall'altra parte.
E non vorrei che quando ce ne accorgeremo tutti, sarà troppo tardi e come scrive Michael Moore in Fahrenheit 11/9, il racconto epico-etico sulla resistibile ascesa di Donald Trump : "Se e quando, forse in un futuro assai prossimo, la democrazia americana avrà finito di distruggersi, allora ci volteremo indietro chiedendoci in quale punto avremmo dovuto dire basta, e non l’abbiamo fatto”.
Pensiamoci anche noi in Italia: da quanto tempo avremmo dovuto dire basta, per salvare la nostra democrazia e non l'abbiamo fatto?
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