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Dacia Maraini e la scrittura femminile

Dacia Maraini e la scrittura femminile

Dacia Maraini è madrina di"Feminism", fiera nazionale dell'editoria delle donne che ha aperto online a marzo e ora riprende in presenza fino ad ottobre

Mercoledi, 16/06/2021 - Intervista di Silvia Mari per Agenzia Dire, gentilmente concessa
Feminism‘ quest’anno, dopo l’emergenza sanitaria, è senz’altro un’edizione particolare. La fiera nazionale dell’editoria delle donne ha aperto online a marzo e ora riprende anche in presenza fino a inizio ottobre, come sempre alla Casa internazionale delle donne di Roma. La programmazione ricca di eventi è stata molto seguita anche nella versione online e sono previsti incontri tematici in partenariato con il Centro Giovani-Zalib, Indici Paritari e l’Associazione Alma Sabatini, tutte le info su www.feminismfieraeditoriadelledonne.it.

Dacia Maraini, madrina della Fiera, intervistata dalla Dire, ha parlato di scrittura al femminile, di pari opportunità, ma anche del caso Pasolini sul quale di recente è tornata per chiederne la riapertura e tutta la verità.

Cosa vede nei libri delle giovani scrittrici? Quale il tratto nuovo, quale il messaggio dirompente?
“Il tema più trattato dalle giovani scrittrici, ma anche dai giovani scrittori, è la famiglia. E come mai, si chiederà lei. Il fatto è che tutti ormai si rendono conto che la famiglia è in crisi. Gli scrittori non hanno ricette per risolvere i problemi, ma indagano per capire e per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla presenza di un guasto sociale. Per questo ne parlano: tutti i libri che leggo raccontano i difficili ma anche nuovi rapporti fra madre e figlia, padre e figlio, sorelle con fratelli, con nonni, nipoti…”.

L’edizione di quest’anno prevede dei focus tematici e uno è stato su donne e politica, cosa non le piace delle pari opportunità come ora sono presenti e protagoniste dell’agenda politica?
“La pari opportunità non può non piacermi: è un progetto giusto che chiede la parità di fronte alla legge e alle opportunità di lavoro. Ancora oggi le donne fanno fatica a farsi riconoscere nelle loro capacità e stentano molto a ottenere un prestigio che all’uomo viene spontaneo concedere”.

La scrittura femminile ha una cifra che la contraddistingue, pur nelle differenze personali?
“Non esiste una scrittura femminile. Lo stile è personale e ciascuno ha il suo stile che, quando è originale si riconosce fra mille. Esiste semmai un punto di vista femminile ma non viene dalla biologia bensì dalla storia. Le donne hanno una millenaria esperienza di clausura, sottovalutazione, tabù, dipendenze, che portano a una visione del mondo diversa dall’uomo, il quale invece è stato educato a scoprire il mondo, a viaggiare, a studiare, a sentirsi il padrone della terra e della famiglia. Ma i punti di vista cambiamo col tempo, mentre le differenze biologiche non cambiano. Comunque per me ogni discorso di diversità legata alla fisiologia scivola nel razzismo. Non ci sono due razze, una femminile e una maschile. Esistono gli esseri umani, tutti diversi per ragioni storiche, di cultura, di economia, di posizione geografica. Ma i diritti essenziali, come il diritto di vivere, di curarsi, di apprendere, nonché la libertà di parola, di pensiero, di movimento, sono da considerarsi un bene universale, che vale per tutti, senza differenze di genere, di etnia, di religione“.

A una giovane che vuole iniziare a scrivere cosa consiglierebbe come prima cosa? Avere un modello serve?
“Non uno, ma tanti. Consiglio a chi vuole scrivere di leggere, ma tanto, tanto da sentirsi a proprio agio nella scrittura. Solo allora potrà scrivere. Molti pensano: io parlo quindi scrivo, ma sbagliano grossolanamente. La parola ha tutt’altri tempi, tutt’altri ritmi, tutt’altra modalità e si avvale di una voce, di un corpo, di uno sguardo. Mentre chi scrive ha a disposizione solo dei piccoli segni neri che costituiscono un canone e con quello deve vedersela, deve imparare a lavorare con l’immaginazione, crearsi uno stile proprio ovvero un linguaggio proprio che non distrugga il codice ma ne dia una versione personale”.

Di recente ha rilasciato alcune dichiarazioni su Pasolini e sulla richiesta della riapertura del caso. La verità sulla morte di Pasolini è un pezzo di storia italiana decisiva? Questa la sensazione che si ha leggendo il suo appello.
“Infatti è così. Non so se il caso della morte di Pasolini sia decisivo, ma certamente fa parte dei segreti di un paese che ha molte reticenze ad affrontare la verità. Da quando c’è stato un reo confesso, si è perso ogni interesse nella ricerca del vero colpevole. Noi amici di Pier Paolo l’abbiamo detto fin dal principio: Pelosi non poteva essere l’assassino: non aveva addosso neanche una goccia di sangue, mentre Pier Paolo era una fontana di sangue. Non è stata una pistolettata a ucciderlo, ma un corpo a corpo, e chi ha partecipato doveva portare su di sé le tracce di questa lotta”.

Intervista del 14 giugno 2021 di Silvia Mari per Agenzia Dire, (www.dire.itgentilmente concessa


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