Il ritratto di una giovane donna che vuole ricominciare
Emilia ha trascorso gli ultimi quattordici anni in un carcere femminile, perché ha ucciso, con premeditazione e per futili motivi, una persona a lei amica, quando era poco più di un'adolescente.
Adesso che ha scontato la sua pena, è stata restituita alla società, ha implorato il suo padre Riccardo di permetterle di andare a vivere – da sola – in una vecchia proprietà di famiglia, a ridosso della cittadina montana, chiamata Alma.
Da lì la ragazza si muove alla ricerca di un lavoro. In un mondo che cambia in continuazione in cui Emilia capisce, ben presto, di essere un’estranea, di essere sempre un passo indietro, perché le persone recluse vivono in una sospensione del tempo. E per questo si sentono sempre avulse.
Ricominciare una vita dopo la prigione non è facile. Del suo ricordo Emilia si nutre, sembra incapace di andare avanti, perché il carcere, che lei chiama con rispetto e circospezione ‘l'Istituto’, le hanno tolto molto. Una volta uscita, si rende conto di essere rimasta indietro. Arranca nella nuova vita. Ha paura di uscire. Sembra volersi privare di tutto. Se per la società è libera, ai suoi occhi Emilia si sente ancora in debito. Le sembra di non aver scontato la propria pena, vive come se non la sua colpa non si fosse del tutto conclusa.
Emilia vive da reclusa, anche se, attorno a lei e insieme a lei, si sviluppano affetti, relazioni famigliari ed extra-famigliari, opportunità raccolte, disattese, sorgono dubbi, paure, pregiudizi, rigurgiti di crudeltà.
L'unica con cui la ragazza ha una qualche relazione è Marta. Marta è l'amica con la quale ha passato gli anni di reclusione, con la quale ha guardato le coetanee arrivare e andarsene, con una certa rassegnazione.
Anche se la giovane donna si incrocia con Bruno, maestro elementare che legge le poesie di Osip Mandel’štam, e Basilio, il vecchio artista di paese.
Cuore nero racconta l'oscurità di un crimine, ma anche le difficoltà della protagonista a rientrare nella vita fuori dal carcere, perché preso da quella che Fleur Jaeggy definisce come ‘la paura del cielo’. La difficoltà, cioè, di ricominciare e di sentirsi libera dopo la costrizione delle mura.
Il carcere, che in Cuore nero si racconta, è un luogo in cui finiscono le persone povere, prive di mezzi e preparazione, spesso straniere. Insomma, un luogo che appartiene (o sembra appartenere) solo agli emarginati. Quelli veri.
Emilia finisce in carcere, anche se è una ragazza normale - con le sue ferite, i suoi dolori, i suoi traumi, i suoi lutti e le sue solitudini - ma, con alle spalle, una buona famiglia, affetto, opportunità.
Cuore nero è, sì, una storia che oscilla tra violenza, ingiustizie e irragionevolezze, presa in carico di responsabilità, bisogno di cambiamento, oscillazione tra la possibilità di dare una seconda opportunità e quella di negarla.
Ma porta con sé una speranza: l’istruzione.
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