Lunedi, 19/02/2018 - Oltre sessanta mila firme raccolte in poche settimane a sostegno della richiesta di contraccettivi gratuiti (sito) testimoniano l'interesse per l’argomento. La campagna lanciata dal Comitato per la contraccezione gratuita e consapevoleha preso il via il 6 dicembre chiamando in causa l’Agenzia del Farmaco (AIFA) e il Ministero della Salute. Il Comitato con un documento propone soluzioni concrete per superare l’arretratezza dell’Italia su questo fronte. Dell’iniziativa si sono fatte promotrici alcune associazioni e realtà da sempre attive nel campo della salute riproduttiva e della piena applicazione della legge 194, norma per la tutela sociale della maternità e interruzione volontaria della gravidanza.
“Nel nostro, a differenza di altri Paesi europei, come la Francia, il Belgio e la Germania, la contraccezione è interamente a carico delle cittadine e dei cittadini, salvo rare iniziative locali - spiegano il ginecologo PietroPuzzi e la ginecologa Marina Toschi,rappresentanti del Comitato -. In linea con l’Organizzazione Mondiale della Sanità si evidenzia che la disponibilità di contraccettivi gratuiti, erogati a carico del Servizio Sanitario Nazionale, è condizione necessaria per garantire il diritto alla procreazione responsabile, con ricadute importanti sulla salute delle donne”.
Con il convegno "L'accesso alla contraccezione dall'Europa all'Italia: la mappa, gli ostacoli, le proposte", organizzato a Roma lo scorso 14 febbraio alla Casa Internazionale delle Donne, si è fatto il punto anche gettando lo sguardo oltre i confini nazionali per mettere a confronto ciò che accade negli altri paesi europei attraverso l'Atlante europeo della contraccezione, una pubblicazione che riporta i dati relativi all'accesso ai mezzi contraccettivi in Europa e che è stata illustrata da Marina Davidashvili (membro dell'European Parliamentary Forum).
Il Comitato è composto da ginecologi e ginecologhe, ostetriche, epidemiologi, un pediatra e da una farmacista. Del Comitato fanno parte anche due giornaliste, Eleonora Cirant e Maria Cristina Valsecchi. “Un Comitato multi professionale è opportuno - ha sottolineato Pietro Puzzi - perché il problema della contraccezione non riguarda solo i ginecologi e che è l’approdo di un cammino iniziato da tempo coinvolgendo in varie tappe e discussioni molte realtà associative, forum e altre aggregazioni”. Con la definizione ‘migliorare l’accesso alla contraccezione ‘ il Comitato intende la rimborsabilità, termine tecnico per indicare il passaggio in classe A di alcuni contraccettivi allo scopo di agevolare il diritto alla procreazione responsabile”. I contraccettivi, maschili femminili,individuati tra i più idonei sono la pillola di seconda generazione, la spirale, l’anello vaginale, i cerotti anticoncezionali, gli anelli vaginali e gli impianti sottocutanei con progestinici, il preservativo soprattutto per i giovani. A monte di questa richiesta vi è un’attenzione alla salute delle donne che vede“nell’informazione indipendente dagli interessi delle aziende farmaceutiche” lo snodo sostanziale. La proposta del Comitato è completata da note divulgativa circa i profili di sicurezza, facilità d’uso ed efficacia dei vari contraccettivi.
In questo approccio che punta alla consapevolezza prima di tutto della donna è fondamentale il ruolo della rete dei consultori familiari, “che bisognerebbe riorganizzare al meglio in quanto sono le strutture più adeguate a fare informazione” e che potrebbero agire su base nazionale nell’ambito di un progetto organico. Un obiettivo che avrebbe bisogno di una visione chiara, indicazioni precise e, soprattutto, finanziamenti certi. l’allora ministra della Salute Livia Turco, è intervenuta al convegno portando il saluto e l’adesione. “Ribadisco il mio più fermo sostegno a questa campagna - ha detto Turco - che considero veramente importantissima e che, dopo tante parole, è una iniziativa concreta alla quale mi fa piacere dare anche un contributo operativo, se potrò essere utile”.
Anche le Società professionali, invitate ad esprimersi, hannoportato le loro considerazioni. Citiamo, tra i vari, Emilio Arisi, presidente della SMIC (Società Medica Italiana per la Contraccezione), che ha ribadito la mission della SMIC “tutelare la salute riproduttiva contro le discriminazioni e per l'empowerment della donna”.
Il tema dell’autodeterminazione della donna nelle scelte riproduttive e nell’accesso alla contraccezione è stato al centro di molti interventi. “È un problema di presa in carico della propria libertà - ha detto Lisa Canitano, ginecologa e presidente dell'Associazione per la tutela della salute femminile, Vita di donna - e il fatto che oggi i contraccettivi siano interamente a carico del singolo è nei fatti una limitazione che crea problemi”. Se da un lato “non abbiamo nessuna possibilità di fornire gratuitamente la pillola contraccettiva perché è un farmaco e passa dalle farmacie”, dall’altro “nel consultorio di Ostia forniamo gratuitamente tutti i tipi di contraccezione intrauterina” ha precisato.
Un altro punto di vista lo ha proposto Noemi Di Iorio, studentessa e membro della Rete della Conoscenza, che ha fatto delle considerazioni sul Rapporto del Ministero della Salute circa l’attuazione della legge 194 e in particolare sull’obiezione di coscienza (dei medici ma anche del personale paramedico) che, arrivando al 90 per cento e oltre soprattutto in alcune regioni, costituisce un ostacolo oggettivo all’esercizio della libertà di scelta delle donne. Ha definito, sotto questo profilo, il Rapporto “completamente fallace” anche perché mancante di una vasta zona grigia “relativa a tutte quelle interruzioni di gravidanza non formalizzare e quindi clandestine e che spesso vedono un ‘fai da te’ con quello che si trova su internet con farmaci che non dovrebbero essere utilizzati per questo scopo”. Il punto richiamato con forza è stato, da parte di Di Iorio, il ricorso ai contraccettivi su larga scala, come del resto indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo sui “l’utilizzo sistematico di contraccettivi affidabili ridurrebbe del settanta per cento i danni derivanti da gravidanze indesiderate”.
Marina Toschi, ginecologa consultoriale vicepresidente di Agite, ha ribadito l’utilità dell’iniziativa tanto per gli operatori e operatrici della sanità quanto per la salute e la libertà delle donne, sollecitando la formazione dei giovani medici e Ginecologi. Quella di Roma è stata una tappa che può collocarsi nell’ambito di un percorso lungo decenni. Che ha davanti a sé ancora molto da dire, da sollecitare, da conquistare.
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