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Consultori familiari / Conoscere per evitare le cure inappropriate che fanno male alla salute

Consultori familiari / Conoscere per evitare le cure inappropriate che fanno male alla salute

Un servizio sociosanitario territoriale argine alla privatizzazione della sanità. Intervista a Michele Grandolfo

Mercoledi, 10/04/2024 - “L’attualità dei Consultori familiari sta principalmente nella loro origine, che ritroviamo nei consultori femministi autogestiti nei primi anni Settanta, di cui poi la legge 405 del 1975 raccoglie lo spirito”. Michele Grandolfo non ha dubbi e, sulla base della sua lunga esperienza di epidemiologo e dirigente di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità nonché direttore del reparto Salute della donna e dell’età evolutiva del CNESPS, spiega con chiarezza le ragioni di questa convinzione. “Quelle esperienze sono state fondamentali perché in sostanza volevano promuovere competenze e consapevolezze delle donne, determinando così una crescita culturale più generale in quanto le donne sono i pilastri della società. Molte indagini sulla salute delle donne dimostrano la correlazione tra l’acquisizione di nuove conoscenze e consapevolezze e gli esiti in termini di salute. In concreto, quando una persona ha gli strumenti per comprendere riesce ad evitare il ricorso a pratiche inappropriate e accede, più probabilmente, solo alle cure che le servono effettivamente. Sappiamo bene che una pratica inappropriata produce sempre danno alla salute, quindi occorre la massima attenzione tanto più in una situazione in cui si fa mercato della salute”.

L’osservazione di Grandolfo va accolta con attenzione, anche tenendo presente gli aspetti economici che, parlando di sanità pubblica, bisogna tenere presente. “Una maggiore competenza e consapevolezza consente di distinguere le lusinghe del mercato verso pratiche inappropriate e, oltre a migliorare la salute, di porre un freno anche a interventi inutili o inappropriati che, come segnalano ricerche e analisi, nei paesi industrializzati rappresentano dal 20 al 30% delle spese sanitarie”.

Ecco quindi tornare in campo il tema dei Consultori Familiari, considerando il raggio di azione che la legge affida loro in quanto servizio territoriale sociosanitario. “I servizi consultoriali vedono qui tutta la loro essenzialità e attualità: dalle mie indagini scientifiche risultano essere i servizi che danno maggiore soddisfazione, che producono i migliori esiti di salute e che espongono di meno a pratiche inappropriate, quindi i consultori sono pilastri fondamentali del Sistema sanitario pubblico nazionale perché producono salute”.

Come si spiega, quindi, una diffusa scelta politica di disinvestimento sui Consultori che - sebbene con differenti modulazioni - attraversa un po’ tutte le regioni?
“È proprio il potenziale che i Consultori hanno ben dimostrato in tanti decenni, nonostante non siano stati supportati e potenziati, a spiegare l’ostracismo verso servizi territoriali che potrebbero essere fondamentali per la salute intesa a tutto campo e che, facendo questo, producono competenze e consapevolezze che sono il fondamento della democrazia”.

Approfittando anche del ruolo che Michele Grandolfo ha avuto come responsabile del sistema di sorveglianza epidemiologica dell’IVG a livello nazionale, cogliamo l’occasione per avere aggiornamenti sull’applicazione della legge 194. 
"Le attuali disposizioni sull'aborto farmacologico, fino alla nona settimana gestazionale e l'eseguibilità in ambito consultoriale o ambulatoriale, sanano il colpevole ritardo, le assurde limitazioni a sette settimane e il ricovero per tre giorni in ospedale che gettavano discredito sul Consiglio Superiore di Sanità e sull'AIFA che ci si aspetta si debbano attenere rigorosamente alle prove scientifiche nelle loro determinazioni, prove scientifiche disponibili da decenni. L'attuale incidenza dell'aborto, 5 IVG per mille donne in età feconda, fa si che in un Distretto di 100mila abitanti con circa 20mila donne in età feconda sono attesi in un anno un centinaio di IVG, poco meno di 4 IVG ogni 15 giorni, mediamente tre su quatto eseguibili con procedura farmacologica. Se i Presidenti di Regione si attenessero - come loro inderogabile dovere stabilito esplicitamente dalla legge 194/78 - non dovrebbero avere difficoltà alcuna a disporre che i Direttori Generali delle ASL e delle Aziende ospedaliere garantiscano, integrandosi,  i carichi di lavoro necessari per assicurare almeno a livello distrettuale  il servizio. Se poi considerassero come titolo di merito l'applicazione della legge 194/78 ai fini della carriera, come sarebbe doveroso in una società democratica, anche l'obiezione di coscienza si ridurrebbe drasticamente anche se pur persistendo ai valori attuali non impedirebbe, vista l'esiguità delle risorse richieste con l'attuale incidenza delle IVG. Altrimenti a loro carico c'è l'interruzione di pubblico servizio. Il problema delle risorse verrebbe ulteriormente ridotto se per il meno di un quarto delle IVG eseguite per via chirurgica venisse utilizzata prevalentemente l'anestesia locale, meno dannosa per la salute delle donne e meno richiedente risorse, attenendosi alle prove scientifiche e alle raccomandazioni internazionali (OMS). Alla luce del fatto che il ricorso all'aborto è prevalentemente conseguenza del fallimento e/o dell'uso scorretto dei metodi impiegati per evitare gravidanze indesiderate, l'evoluzione del fenomeno, da oltre 16 per mille donne in età feconda dei primi anni ottanta all'attuale 5 per mille, sta a indicare quanto sia fondamentale investire sulla competenza delle donne e in tal senso il ruolo dei consultori familiari è stato decisivo. Il ricorso all'interruzione di gravidanza non è eliminabile e solo la donna ha titolo per decidere di ricorrervi e lo Stato deve garantirne gratuitamente la possibilità concreta con sicurezza. In tale prospettiva è da prendere esempio dalla decisione in Francia di inserire in Costituzione il diritto di abortire".

A proposito del POMI (Progetto Obiettivo Materno Infantile) e delle funzioni attribuite ai Consultori Familiari, ambito di cui ti sei occupato a lungo, a che punto siamo?
"Nonostante le ricerche indichino che i Consultori Familiari garantiscono maggiori informazioni e determinano maggiore soddisfazione, maggior esposizione alle procedure raccomandate e minore esposizione a quelle non raccomandate, migliori esiti di salute oltre a minori costi, nonostante tutto ciò e forse proprio per questo questi servizi innovativi per la qualità relazionale e per la capacità di cogliere i fattori bio-psico-sociali, in linea con i principi fondativi della legge 833/78 sono costantemente e colpevolmente emarginati e ridotti in numero rispetto a quanto disposto dalla legge 34/96 (uno ogni 20mila abitanti) e con organico drammaticamente incompleto, spesso non di ruolo. Il POMI, varato nel 2000 fornisce indicazioni strategiche per l'attività consultoriale  incardinata in strategie operative con obiettivi di salute specificati assieme agli indicatori di processo, di risultato e di esito necessari per valutare il raggiungimento degli obiettivi. le strategie operative sono basate sull'offerta attiva, al fine di ridurre gli effetti sulla salute delle disuguaglianze sociali. Le risorse umane e strumentali, oltre la loro numero sono adeguate per lo svolgimento delle attività previste per i progetti strategici, per quelle da svolgere in caso di accesso spontaneo, per la formazione continua e per la valutazione. Ancora una volta a livello regionale  si osservano gravi inadempienze e ottusità. Se i consultori familiari fossero messi in grado di operare secondo le indicazioni strategiche del POMI (percorso nascita con offerta attiva dei fondamentali incontri di accompagnamento alla nascita e offerta attiva delle visite a domicilio dopo il parto da parte dell'ostetrica, desiderato da oltre l'80% delle partorienti; offerta attiva di corsi di educazione sessuale nelle scuole, desiderato da oltre il 95% degli/delle adolescenti e offerta attiva della prevenzione dei tumori femminili) si avrebbero miglioramenti degli indicatori di salute e ingenti risparmi di risorse, ben oltre i costi per il funzionamento secondo il POMI e la legge 34/96. Infine, va detto che l'offerta attiva delle attività di promozione della salute, oltre a migliorare gli indicatori di salute aumenta la 'capacità di cercare salute' fondamentale per far emergere l'iceberg del disagio, sopratutto le situazioni di violenza subita, da accogliere e gestire con delicatezza in integrazione con servizi di secondo livello".

 Questo articolo è parte del progetto 'I Consultori alla prova del passaggio generazionale' dell'Associazione NOIDONNE TrePuntoZero sostenuto con i fondi dell'8xMille della Chiesa Valdese
Tutti i materiali del progetto, qui https://www.noidonne.org/consultori-familiari/index.php


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