La Cia e la sua associazione Donne in Campo hanno voluto testimoniare la loro vicinanza alle imprenditrici agricole che hanno subito il terremoto del 24 agosto di Amatrice. Il 14 settembre la vicepresidente Cia Cinzia Pagni, la presidente nazionale Donne in Campo Mara Longhin e la rappresentante del Lazio Pina Terenzi hanno incontrato Claudia Di Cosmo presso la tendopoli di S.Angelo e Lucia Valerii nella frazione Cornelle (video). NOIDONNE era con la delegazione (foto). “Venti anni fa ho venduto tutto a Roma per investire in questa azienda agricola - ha detto Valerii -. Questo è il nostro mondo e qui abbiamo deciso di vivere. E ora non sappiamo cosa fare, non sappiamo quale futuro ci attende”. Lucia Valerii ha accolto la delegazione, guidata dai rappresentanti Cia di Rieti Stefano Di Placido e Ilaria Barbante, con un sorriso e tanta gentilezza nonostante il racconto che arriva da una persona molto provata che sta vivendo un dilemma profondo, nella contraddizione tra la felicità per lo scampato pericolo, il continuo rivivere la paura di quella notte e il deserto di macerie e dolore che ha intorno. “Non sono ancora riuscita a vedere cosa è successo su in mansarda, solo stamattina sono salita a rifare i letti. Non riesco a riprendere il ritmo delle attività dell’azienda. La mattina vado dalle mie mucche: è l’unica cosa che riesco a fare”. Tra le tante preoccupazioni di Lucia c’è la salute del marito, talmente scosso “che non intende assolutamente tornare a dormire sotto un tetto”. La notte la trascorrono in una roulotte senza acqua e senza luce, in un campo poco distante da casa e, spiega Lucia, “non saranno le perizie o le dichiarazioni di agibilità a convincerlo a tornare a casa”. Il paradosso è che il suo B&B era tutto prenotato ad agosto. “Abbiamo dovuto annullare tutto e chiedere alle persone di non venire. La nostra unica fonte di reddito, adesso, è il lavoro da muratore di mio marito a L’Aquila”.
Non meno problematica è la situazione di Claudia Di Cosmo, che ha avuto la casa distrutta. “Ora siamo in questa tendopoli e ci dicono che entro la fine di settembre dovremo andare via tutti per fare posto alle nuove costruzioni, ma la nostra condizione di imprenditori agricoli è particolare e richiederebbe una diversa attenzione. La stalla e le strutture per fortuna non sono molto danneggiate, ma noi dobbiamo stare vicini agli animali, altrimenti come facciamo a custodirli? L’altra notte, per esempio, una mucca è entrata in travaglio e siamo dovuti restare la notte ad aspettare il parto. Non potevamo tornare al campo. E così per tutte le altre attività”. Ad aggiungersi a questa difficile situazione c’è la giovane età di Claudia: un problema tra i tanti problemi. “Con il mio compagno avevamo deciso di rimanere ad Amatrice, investendo nell’azienda di famiglia. Qui immaginavamo il nostro futuro. Ma adesso la preoccupazione di non farcela è tanta, perché sappiamo che dopo il terremoto ci attendono anni di solitudine. Così è accaduto dopo il sisma de L’Aquila: per due anni il turismo e tutto quello che ci portava è crollato”. Trenta anni e un macigno sul cuore: Claudia è quasi il simbolo di una rinascita possibile, ma non scontata e che ha bisogno di sostegni veri e una progettualità concreta.
Due incontri, due racconti intensi e drammatici di imprenditrici agricole, testimonianze vive del mostro multiforme che è il terremoto. Testimoni che danno il senso e la misura della complessità di una ricostruzione che non può non tenere conto del suo tessuto imprenditoriale, se davvero vuole restituire pienamente la vita ai paesi colpiti dal sisma. Le macerie che si incontrano attraversando le tante frazioni di Amatrice sono ferite alla bellezza incontaminata dei monti Sibillini e della Laga. Sono i monumenti, si spera temporanei, delle ferite dell’anima, che non si vedono e di cui bisogna avere molta cura.
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