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'Chi prende nota di noi', il racconto di Matilde Tortora

'Chi prende nota di noi', il racconto di Matilde Tortora

'Quando cammino per strada e colgo parole, frasi ed esclamazioni, penso sempre: quanti romanzi scompaiono senza lasciare traccia!...' L'orecchio umano di Svetlana Alexievich

Venerdi, 18/07/2025 -

“Quando cammino per strada e colgo parole, frasi ed esclamazioni, penso sempre: quanti romanzi scompaiono senza lasciare traccia! Scompaiono nell'oscurità. Amo il modo in cui gli umani parlano... Amo la voce umana solitaria” - la giornalista e scrittrice Svetlana Alexievich si descrive come "un orecchio umano"muovendosi tra reportage e finzione nei suoi romanzi documentari e, tanto meritatamente, nel 2015 le è stato conferito il Premio Nobel per la letteratura "per i suoi scritti polifonici, un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo".

Flaubert si definiva una penna umana e non vi fu accadimento o persona che gli fosse passata accanto, anche solo di sfuggita che non ritroviamo nelle sue pagine, dal fatto di cronaca che gli ispirò il celeberrimo romanzo Madame Bovary fino pure alle vicende o ai tratti caratteriali dei suoi vicini di casa o di conoscenze occasionali.

Noi siamo occhi piedi orecchio voce e fuggitivi e temporanei.

“Attorno m’urlava la strada assordante / Alta, sottile, in lutto, nel dolor regale, una / donna passò[…] Altrove, lontano, troppo tardi, mai, forse! […] o te che avrei amato, o te che lo sapevi!” – Baudelaire, vedendo passargli accanto una donna sconosciuta in una strada affollata, scrisse la poesia “A una passante” pubblicata la prima volta nella rivista L’artiste e in seguito inclusa nella raccolta I fiori del male.

Eppure, noi non ci arrendiamo. Ritengo che l’arte tutta sia proprio, fin dai suoi primordi, questo nostro non arrenderci e, perciò stesso, prenda nota di noi e, perciò stessa, essa sia un dono divino pur essendo esercizio forma stile canto ascolto del tutto umano.

“Voi pochi, compagni di gioco di allora, / in città, negli sparsi giardini. Com’era / il trovarsi e l’esitante accettarsi […]case ci circondavano, salde e irreali, - e / nessuna / mai prese nota di noi” – scrisse Rilke nei suoi bellissimi Sonetti ad Orfeo, mentre si trovava in un convalescenziario a Muzot, in Svizzera, in meno di tre settimane, nel febbraio 1922.

Orfeo, come è a tutti noto, per ritrovare la sua Euridice non teme d’inoltrarsi nell’Ade, in questa dimora tanto salda quanto irreale dove la morte ha condotto a stare la donna amata. Egli è un cantore, un musico provvisto di uno strumento musicale, egli s’inoltra negli Inferi e gli viene concesso dagli dèi che Euridice torni sulla Terra a patto che nel tragitto non si volti però a guardarla.

Uno due tre stella.- Quante volte da bambini vi abbiamo tutti noi giocato. E dovevamo restare fermi, immobili come statue, per non pagare penalità. E, pure, quante volte abbiamo giocato a nascondino. E nonostante l’interdetto, un poco anche abbiamo sbirciato tra le palpebre socchiuse. Che gioco è mai questo? Noi tutti piccoli Orfeo in pectore ma con il medesimo scalpitio nei piedi, spinti a sbirciare. Perché, per l’appunto, noi siamo occhi piedi orecchio voce fuggitivi e temporanei.  

“Canto è esistenza. Al dio facile impresa. / Ma quando siamo, noi? Nei suoi disegni / quando egli terra e stelle a noi prepara? (Rilke, Sonetti ad Orfeo, op. cit.).

Ho appena terminato di leggere il libro postumo del Premio Nobel per la Letteratura Mario Vargas Llosa I Venti ultimo ironico e malinconico suo commiato. Questa, in sintesi, la trama: da buon nostalgico, insieme a pochi altri «relitti» come lui, l’uomo se pur anziano non poteva mancare alla manifestazione contro la chiusura del cinema Ideal, una delle ultime sale ancora attive a Madrid. L’evento si è svolto nell’indifferenza generale: del resto alle nuove generazioni non interessa la scomparsa di quel luogo obsoleto, insieme a musei, librerie, biblioteche, teatri. Ormai basta uno schermo per avere il mondo a portata di mano, e l’arte assume la forma di una meraviglia digitale. In una Madrid surreale però l’anziano ha dimenticato l'indirizzo di casa. Solo, confuso, afflitto da terribili venti «inopportuni», vaga smarrito in una città in cui i luoghi di cultura e di incontro sono ormai virtuali. Tra ricordi frammentati e rimpianti di un grande amore, l'anziano continua a perdersi, pensando al mondo che è stato, e al mondo che verrà.

Eppure, lo ribadisco, noi non ci arrendiamo. L’arte tutta è proprio, fin dai suoi primordi, questo nostro non arrenderci e, perciò stesso, prende nota di noi e, perciò stessa, è un dono divino pur essendo esercizio forma stile canto ascolto del tutto umano. E, ovviamente, anche cinema.

“Primavera è ritornata e la terra / è come un bimbo, che sa le poesie; / tante, o tante … Riceve il premio / per lo sforzo del lungo apprendimento” (Rilke I sonetti a Orfeo, op. cit.) – e noi con essa continueremo il lungo apprendimento, continueremo a mandare poesie a memoria, a leggere versi, magari a scriverne di nuovi.


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