Nella Roma occupata dai nazisti la storia delle famiglie ebree nascoste in un convento
Nell'ambito di queste commemorazioni presso la Biblioteca Laurentina (centro Elsa Morante) ha avuto luogo la presentazione del romanzo di Ritanna Armeni "Il secondo piano” (Ed. Ponte alle Grazie 2023) con la presenza dell'autrice.
La storia è ambientata appunto nella Roma del 1944 e in un convento di suore (zona Salario) che riuscirono a nascondere e salvare alcune famiglie ebree dalla deportazione. La singolarità del fatto, realmente avvenuto, è che nello stesso convento, al piano rialzato vi era un lazzaretto "di transito” dei nazisti per curare i piloti feriti, al primo piano c'erano le suore a fare da cuscinetto o da barriera e al secondo le famiglie ebree. Per un certo periodo di tempo queste due realtà hanno convissuto senza incontrarsi mai grazie alla bravura, al coraggio e all'inventiva di quelle suore.
Ritanna Armeni ha raccontato di aver letto sui giornali un trafiletto su questo argomento e la sua curiosità di giornalista e scrittrice l'ha portata a voler cercare il convento e saperne di più. Dopo 80 anni non era facile trovare le stesse suore ma la storia era nota soprattutto per l'esistenza di un diario, in lingua tedesca, scritto dalla madre superiora. Inoltre ha potuto fare la conoscenza con un "rifugiato", allora di pochissimi anni, che le ha raccontato episodi di "quella” vita quotidiana in convento: le famiglie ebree, a differenza dei nazisti, sapevano di avere coinquilini molto pericolosi.
Si può solo lontanamente immaginare in quale tipo di angoscia vivessero quelle famiglie, eppure le suore riuscivano a creare perfino momenti di serenità e nel libro ne sono riportati vari esempi. Uno fra tutti: la festa di compleanno con un piccolo dolce per il bambino di sei anni. Il fatto stesso di riuscire quotidianamente a sfamare tutte quelle persone, rubando un po' di derrate ai nazisti, era già di per sé un miracolo in una Roma dove non si trovava più niente. È stata definita "fantasia della carità“ e non riguardava solo il cibo ma tutte le cautele necessarie a proteggere gli ebrei, ad esempio la fornitura di documenti falsi che nascondessero la loro origine.
L'autrice ha tenuto a sottolineare che si tratta di un libro "rasserenante” perché mostra il bene, la capacità di queste suore, e non erano solo loro, di "rompere le regole” quando le regole erano ritenute ingiuste. Queste famiglie sarebbero finite direttamente ad Auschwitz, caricate sui treni della Stazione Tiburtina.
Quelle suore hanno fatto una scelta coraggiosa, hanno rischiato la vita e nel libro si raccontano varie situazioni, vere o veritiere in cui la madre superiora, forte solo della sua autorevolezza, riesce a impedire ai tedeschi di salire al piano superiore. Si stima che solo nella città di Roma 250 conventi (la maggior parte femminili) abbiano aperto le porte agli ebrei dopo il rastrellamento, con una tacita ma mai esplicita approvazione da parte del Papa. La storia ha abbastanza e giustamente documentato la Resistenza, la lotta partigiana: quelle suore sono parte della resistenza antifascista.
Sicuramente la storia di quel convento (Francescane della Misericordia in via di Poggio Moiano) non finisce qui. Oggi quel "secondo piano" ospita donne immigrate, bisognose, rifugiate, della Comunità di Sant'Egidio. E sarebbe bello se l'autrice stessa, o qualcun altro, trovasse ispirazione per scrivere un seguito: la storia dei "nuovi oppressi” rifugiati oggi nel convento.
Rosanna Impiccini
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