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Calipso di Elisabetta Montaldo

Calipso di Elisabetta Montaldo

Un libro che racconta una vita fatta di libertà e di vocazione, l’impegno degli anni Settanta e i legami di una famiglia

Venerdi, 28/07/2023 -

Una bambina si affaccia in un terrazzo di una grande casa, quella dei nonni. Rimane incantata da quello che vede e sente. Vive a Procida nella grande casa dei nonni che apprezzano la cultura e che hanno una certa rendita, così inizia Calipso, il romanzo di Elisabetta Montaldo (Baldini+Castoldi, 2023). La bambina, curiosa di tutto, va alla ricerca delle storie, semplicemente ci si imbatte. È attraverso i suoi occhi che si viene a conoscenza dei vari personaggi che sono presenti all’interno di quella grande casa. Ci sono cameriere, c’è la nonna, che un tempo è stata una ballerina russa e il nonno tanto amato dalla protagonista, Calipso

Il matrimonio dei suoi genitori è sempre stato in bilico. La madre, Tania, che si sente uno spirito libero, non vuole continuare a vivere segregata e rifiuta il ruolo di madre: il suo desiderio è aprirsi al mondo e trovare la sua strada, così decide di fare i bagagli di andare a Roma, luogo che, per lei, è sinonimo di vita e di possibilità di vari tipi (il romanzo inizia negli anni Cinquanta, la guerra è finita ed è iniziata, o sta per iniziare, la dolce vita).

Così Calipso parte e vive con il padre a Genova. È la nonna che sembra il centro di questo malessere è in realtà una donna dalla vita sofferente, che ama la ragazzina, perché crede che sia stata posta sul suo cammino da Dio per amare di nuovo, dopo aver commesso un grave peccato: essersi innamorata di un altro uomo, mentre era sposata.

La vita a Genova è una benda, un corsetto, una maglia stretta per la bambina. Genova è una città che si rivela fin da subito severa. La scuola che frequenta è claustrofobica; assordanti i non detto come il perché la madre sia andata via. Ma soprattutto la vita è permeata dalla paura del sesso (la ragazzina viene lavata con una camicia da notte, perché il corpo nudo non si deve vedere per nessun motivo) e dallo sguardo obliquo delle compagne di scuola che la guardano con una certa diffidenza perchè proviene dal Meridione.

Quando, però, la ragazzina passa del tempo con la madre, rifiorisce e la cupezza passa. Tania permette alla ragazzina di fare tutto quello che vuole, anche andare in giro mezza nuda per casa. La madre si dedica così a dimostrarle tutto quell’affetto che «l’intristito papà», per la perdita della moglie, non riesce a farle vedere.

Con il tempo, però, la bambina si adatta alla vita e alla famiglia genovese. Tanto da cercare le altre bambine e fondare, addirittura, un club col compito di risolvere misteri rimasti insoluti.

La madre, pur continuando la sua vita lontana dalla famiglia, ritorna nei momenti importanti della vita della figlia, come la prima Comunione. Episodio, questo, raccontato con delicatezza, e in cui si tratteggia il profondo legame tra una madre e una figlia. Ma allo steso tempo si mostra anche una certa apertura della famiglia che, pur non ammettendo le scelte della donna, si adegua per il bene della bambina ad accogliere la donna nelle situazioni importanti.

Gli anni Sessanta iniziano con il trasferimento di Calipso a Procida. Qui la bambina si sente libera («a Procida ero rinata, il tempo si era diluito», «correvo con la felicità dei piedi scalzi giù dalle antiche scale saltellando sulle chiazze di luce che si facevano largo tra le fronde degli agrumi»). Poi, la madre la porta a Roma. E la iscrive alle medie unificate. Calipso comincia così una nuova vita una vita che accanto a suo madre si rivela subito felice in cui eccelle negli studi e si fa nuove amiche (anche tra le ragazze delle estrazioni più umili).

La madre emancipata permette alla ragazzina di vivere non solo una vita serena, il modo di esplorare il mondo, il suo talento artistico, iscrivendo poi la figlia al liceo Artistico (memorabile un viaggio fatto in serenità fino a Venezia e la visita al Museo Guggenheim). Ma anche scoprire, con la stessa serenità, la prima mestruazione e il mondo del sesso, cosa non così scontata nelle famiglie borghesi e non dell’Italia di quegli anni.

Durante gli anni del liceo artistico Calipso si forma un gusto suo, frequenta gli studi dei suoi professori, scopre l’amore e i ragazzi. E con uno di questi perde la verginità (a cui però non dà quel valore che, secondo il mondo patriarcale, le giovani donne dovrebbero dare). Calipso è una ragazza indipendente, ma soprattutto è libera. Libera di farsi un’idea, ma anche di capire. Di guardare e di conoscere gente. La libertà che la madre le insegna è sinonimo di responsabilità. Ad un certo punto, infatti, non solo si scopre incinta ma capisce che abortire è l’unica soluzione, per una adolescente come lei.

Quando arriva il ’68, Calipso è pronta a scendere in piazza e a manifestare: fonda un Collettivo a favore dei Palestinesi, studia e si rende conto dei problemi italiani, della D. C. alla guida del paese da troppo tempo, frequenta giovani comunisti, frequenta fuorusciti del P. C. I., mette tutto l’impegno per sensibilizzarele persone che incontra sui problemi del mondo. Poi incontra Fabio, di cui si innamora e da lui avrà un figlio.

Quando la protesta studentesca finisce Calipso e la sua famiglia approdano a Olbia, Fabio lì trova un luogo dove stare. E inizia a lavorare in una fabbrica del posto, come semplice operario per sentirsi «un lavoratore tra i lavoratori».

Nel 1973 addirittura Calipso organizza una manifestazione per il popolo sardo, perché capisce come la tradizione della Sardegna sia in qualche modo una cultura a sé, che l’Italia, con il potere centrale, non comprende a pieno e non valorizza.

Anche in Sardegna Calipso vive una vita libera, dorme e vive addirittura sotto una tenda sulla spiaggia. E, davanti alle onde, diventa madre per la seconda volta.

Verso la fine degli anni Settanta Calipso si trasferisce in Danimarca e continua a studiare arte. Mentre il rapporto con Fabio entra in crisi.

Tornata a Roma, inizia la vita nello spettacolo come costumista con varie e diverse collaborazioni.

Calipso di Elisabetta Montaldo è un libro che racconta di una vita fatta di libertà e di vocazione, ma che racconta anche l’impegno degli anni Settanta. I legami di una famiglia, ma anche la crescita di una ragazzina fino all’età adulta. Un personaggio che sembra sempre pronto al nuovo, sempre rivolto alle persone e alle loro vite. Calipso è un viaggio verso la curiosità. E a migliorare se stessi. Sbagliando, ritornando suoi sui passi.
Il tono è evocativo, ma non malinconico o nostalgico. Calipso si getta a capofitto in tutte le storie che incontra, propensa a conoscere tutte le persone che incontra. Con la gioia del primo mattino o di un mattino assolato d’estate.
A tratti il libro ricorda (soprattutto all’inizio) Althénopis, il primo romanzo di Fabrizia Raimondino. Ma se ne distacca subito, acquisendo una fisionomia e una ‘personalità’ propria.
La narrazione è sempre fluida, segue il corso degli eventi raccontati. Poche le riflessioni a posteriori, il libro non vuole essere un flusso di vita, non un ripensamento di essa. L’io che racconta alle volte si sgrana facendo emergere odori, sapori e colori. Soprattutto di Procida, che viene raccontata in tutto il suo splendore.

 


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