Sabato, 02/04/2022 - Della “consapevolezza sull’autismo”, oggi ne è la giornata mondiale. Ma cosa è l’autismo?, mi ha chiesto una giornalista. Per risponderle ho dovuto attingere ai tanti ricordi.
Mi chiamo Marina e sono madre di due giovani donne con autismo, Chiara di anni 36 e Arianna di 20. Nessuno sa veramente cosa sia l’autismo e parlarne in termini di consapevolezza chiede di aprire la mente alla complessità della diversità dello scibile umano: non uno uguale a un altro. non fanno eccezione le mie figlie, che sono due irriducibili impossibili da inquadrare.
Spesso Chiara e Arianna sono sofferenti e in casa tutto può mutare velocemente. Così capita che la maggiore passi istericamente dal riso al pianto, o che la dolcissima minore tramuti in un’insopportabile e urlante prepotente. Le ripetizioni dettagliate del programma giornaliero, talora settimanale, sono continue e faticose, talvolta dolorose.
Trovo un appunto del 2018: “Alti e bassi. Giornate sì e giornate no. Momenti difficili. Quante ossessioni e paure hanno Chiara e Arianna. L’autismo impedirebbe la vita, se non fosse per la prepotente che sono io. Voglio vivere!”.
Non è cambiato nulla. Capita che le ragazze stiano bene entrambi, che un giorno stia bene Chiara e male Arianna, o viceversa, ciascuna col suo carattere e le proprie modalità, se poi stanno male tutte e due … fortunatamente, pare che l’una aspetti che l’altra superi la sua crisi per potere rappresentare la propria. Spesso l’autismo ha bisogno d’inscenare una tragedia e le mie figlie sono delle incomparabili commedianti: qualsiasi spunto è buono per dare il via a uno spettacolo irripetibile. Nessuno sa prendere le palle al balzo come fanno loro, hanno una attenzione selettiva per i particolari! Le mie qualità e i miei difetti sono le loro migliori e peggiori ossessioni.
Sbaglio, qualsiasi cosa io faccia. Se decido di buttare un vecchio canovaccio da cucina devo esser pronta a buttare, uno al giorno e con la stessa modalità del primo giorno, tutti quelli del cassetto, conosciuti singolarmente, anche nella loro disposizione che non può cambiare per nessun motivo rispondente alla mia logica.
Costantemente tento di strapparle a tutto questo, all’autismo, come se l’autismo fosse qualcosa che le ha afferrate. A volte sembrano tranquille, ma spesso stanno escogitando qualcosa. Per sfuggirmi fanno le cose di nascosto e corrono il rischio di beccarsi i miei rimproveri pur di fare di testa loro. Di testa loro! E io che volevo “normalizzarle”, realizzare il mio sogno della nostra vita insieme, sottraendole all’oscura necessità del loro potente disturbo. Invece mi son dovuta chiedere se sarebbe per me possibile concepire la vita come la concepisco se fossi autistica e la risposta è stata no, perché mia figlia maggiore parla e ora, dopo anni di cure e riabilitazione, racconta quanto fosse crudele ambientarsi in un mondo il cui cibo e oggetti lei li vedeva “storti”, i cui rumori erano per lei assordanti, inclusa la mia voce. Deve essere terribile dover realizzare festoni e ritrovarseli appesi alle pareti se questi ai nostri occhi si deformano continuamente terrorizzandoci, e “schifoso”, per usare il termine preciso di Chiara, il mangiare dal piatto cibo dall’aspetto incerto e mutevole, e terrorizzante il salire su un aeroplano per essere assaliti dal rombo del motore. Anche un palazzo può far paura, se m’appare come la Manor House e, a cinque anni, impossibilitata a parlare poiché autistica, ne faccio di getto un disegno per la mamma nella speranza che non mi porti più in quel brutto museo. Mia figlia minore Arianna era una bimba impaurita dagli interni dei grandi edifici, così come Chiara era turbata e disturbata da immagini e rumori, ma io non lo sapevo perché loro non potevano comunicarmelo!
Costantemente, tento di strapparle a tutto questo, all’autismo, come se l’autismo fosse qualcosa di avulso da loro, ma non sempre ci riesco. I rumori, le immagini, i sapori, gli odori dell’autismo ci disturbano parecchio, ma non abbiamo altra scelta che quella di vivere l’unica vita che abbiamo. E poi, a sentire Chiara, molte cose si sarebbero “aggiustate”, incluso il cibo, e anche Arianna vedo che riesce a entrare in una grande chiesa, o a salire su una montagna russa, quanto le piace! Le cure e la riabilitazione avrebbero dunque in parte funzionato.
Continua l’appunto: “Ci sono giorni della nostra vita che l’autismo riesce a sottrarci, altri ce li ruba la collettività e il modo in cui si è organizzata per vivere, ma anche il modo in cui crede sia lecito vivere, incurante della differenze e non parlo solo di disabilità.” Non c’è rispetto e per i cambiamenti di civiltà ci vuole tempo.
Intanto, noi siamo tre donne in difficoltà, anche nel condividere il nostro breve tempo insieme in una realtà non concepibile all’unisono poiché percepita diversamente. Che vi devo dire, è un casino e a volte sono stanca, ma rifarei tutto da capo. La nostra vita è terribile e parimenti meravigliosa.
Questa è la mia consapevolezza sull’autismo.
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