Alla Premio Nobel per la Pace la Cittadinanza onoraria della Città eterna. Cerimonia in Campidoglio con Roberto Baggio, Marino, Bonino, Veltroni, Rutelli
Lunedi, 28/10/2013 - “Non ho fatto nulla di speciale, ho scelto una strada e l’ho percorsa fino in fondo. Non sono coraggiosa, non ho fatto un sacrificio. Ho fatto solo quello in cui ho creduto”. Con una sintesi, essenziale eppure densa di significati, Aung San Suu Kyi ha spiegato il senso del suo impegno politico e civile: una vita dedicata alla riconquista della libertà per la Birmania e per il suo popolo. Intensa e partecipata la Cerimonia di conferimento della Cittadinanza onoraria al Premio Nobel per la Pace 1991 che si è tenuta ieri pomeriggio, 27 ottobre, nell’imponente Aula Giulio Cesare. Il Sindaco Ignazio Marino, padrone di casa nella Sala Consigliare e affiancato dai suoi predecessori, ha espresso soddisfazione nel rivolgersi ad una donna «da sempre simbolo della libertà e dell’uguaglianza, ad una leader che, dopo anni di conflitti e di sofferenze, a rischio della propria vita, ha sempre parlato ai suoi oppressori e al mondo intero con parole ferme, ma mai violente». Fu Francesco Rutelli nel 1994 a conferirle la Cittadinanza onoraria di Roma Capitale in quanto «impegnata sul terreno dei diritti umani e civili e dei diritti delle donne» e successivamente, nel 2007, la Giunta guidata da Valter Veltroni le assegnò il Premio Roma Per la Pace e l’Azione Umanitaria per «l’impegno pacifico e non violento che da anni profonde a favore della libertà, la democrazia e i diritti umani del popolo birmano» e Aung San Suu Kyi - allora imprigionata - incaricò Roberto Baggio di ritirare il Premio. Il ‘Pallone d’Oro’ ieri le ha finalmente consegnato quella pergamena, custodita per sei anni, e con affetto l’ha ringraziata per la sua «instancabile determinazione». Di «immensa forza dentro ad una grande dolcezza» ha parlato Veltroni che, ricordando il grande manifesto di Aung San Suu Kyi affisso nella magnifica piazza del Campidoglio per gridare al mondo lo scandalo di quella prigionia, ha tenuto a sottolineare l’importanza - se pur simbolica - di ogni gesto o atto speso per difendere libertà e diritti. Proprio su questo aspetto si è concentrata la Ministra degli Esteri Emma Bonino, che la incontrò per la prima volta nel 1996. «Ci hai detto ‘usate la vostra libertà per promuovere la nostra’. Abbiamo sentito ma non abbiamo capito, ce lo devi dire ancora perché sappiamo che l’attuale apertura del tuo governo può non mantenersi tale”. La Birmania sta infatti attraversando una fase piuttosto complessa e, implicitamente, Aung San Suu Kyi vi ha fatto riferimento nel suo discorso di ringraziamento alla Città eterna. «Per molti anni il mio Paese e stato isolato e finalmente rientriamo nella comunità internazionale, ma per andare avanti sono necessari molti cambiamenti e il primo, più urgente, è il cambiamento della Costituzione. La nostra Carta è la più difficile da cambiare al mondo e spero che i ‘miei concittadini’ romani, famosi per avere le competenze necessarie, ci aiutino”. La Premio Nobel ha voluto poi sottolineare il suo compiacimento per il fatto che un simbolo così importante per Roma e per lo stato di Cittadino Romano, la Lupa Capitolina, rappresenti la femminilità. “In Birmania ci sono discriminazioni di genere: molte insegnanti sono donne, ma gli assessori o i Ministri sono uomini così come tutte le alte cariche dello Stato. Come donne non vogliamo togliere nulla agli uomini, ma vogliamo pari diritti”. Un appello universale, ancora e anche in Occidente attuale, che una leader molto speciale ha inteso rinnovare nella sacralità di un luogo emblematico per il potere, non solo romano, e di un momento particolarmente significativo.
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