La vogliono cacciare dalla terra in cui vive e lavora da sempre. Ma Assunta resiste e reagisce, con la tenacia di chi si sente dalla parte della ragione
Sarebbe bella la storia di una donna che ha portato avanti per anni una fiorente impresa agricola che ha nell’allevamento allo stato brado il suo punto di forza. Una scelta dettata dall’amore per la natura e dal rispetto per i suoi equilibri. Una scelta che va nella direzione di produzioni di qualità.
Sarebbe una bella storia se non fosse che Assunta da anni è bersaglio di dispetti e danneggiamenti di varia gravità fino al rapimento e uccisione di non pochi capi di bestiame.
L’allevamento al pascolo libero richiede molta terra, e Assunta ha sempre provveduto con terreni in parte di sua proprietà e in parte affittati. Anche quella dell’affitto è una pratica antica, come la pastorizia tramandata in perfetta simbiosi con l’equilibrio e i ritmi della natura e di quei luoghi.
Sarebbe una bella storia se non fossero arrivati altri interessi ad interrompere una consuetudine secolare e, anche, il lavoro di Assunta.
“Dicono che hanno rilevato i terreni dove io pago l’affitto e dicono che me ne devo andare. Ma andarmene significa vendere tutto e chiudere l’azienda… e che faccio io?”.
Assunta non se ne va: ama troppo il suo lavoro, la sua terra, i suoi animali. E allora cominciano i suoi guai.
“Da circa dieci anni mi fanno i danni. All’inizio non ci facevo caso e mi sembravano incidenti normali: mo’ si rompeva un tubo, poi spariva una pecora… cose così. A un certo punto ho capito che erano dispetti, mi volevano fare del male perché secondo ‘loro’ me ne devo andare via”.
Ma ‘loro’ chi sono? Assunta nomi non ne fa e neppure allusioni a gruppi organizzati, però una cosa la dice chiara chiara “loro sono tanti e io sono sola, loro hanno i soldi per farmi i danni e io non ho né i soldi né il tempo per fare cause, anche perché dovrei portare le prove che sono stati ‘loro’ a uccidermi gli animali, a tagliare le recinzioni e i tubi dell’acqua. È la parola mia contro la loro, che sono tanti e io una sono”.
Ha ritrovato la carcassa di una mucca che ‘si era smarrita’: il sigillo auricolare era sparito ma Assunta l’ha riconosciuta dalle corna! “Come faccio a dimostrare che la mucca è la mia e che è stata rubata e ammazzata?” …. ecco un esempio per capire di cosa stiamo parlando.
Allora Assunta sporge denuncia e si rivolge alla stampa per far sapere cosa le sta succedendo, contando anche sull’aiuto di Anna Kauber, regista del pluripremiato documentario sulle donne pastore ‘In questo mondo’. tra le quali c’è anche lei.
“Purtroppo gli articoli non mi hanno aiutato, anzi la situazione è peggiorata perché se in paese prima ero ‘la matta’, adesso sono pure ‘la giornalista’… e ridono alle mie spalle.. “.
Il discredito è uno strumento ripugnante e malevolo, che nelle piccole comunità può avere effetti devastanti. Tanto più se è usato contro una donna. Del resto lo sappiamo, noi donne, che ci costa caro agire ‘fuori dagli schemi’ in qualsiasi ambito: dalla politica al lavoro alle consuetudini sociali o religiose.
Assunta è sicuramente una donna fuori dagli schemi. Separata, ha cresciuto tre figli (una si è laureata di recente), ha un compagno, ma conserva ed esibisce la sua autonomia in una terra ancora attraversata da tratti arcaici. Sa bene che ‘loro’ le angherie gliele fanno anche perché è una donna e perciò deve ‘sottomettersi’. Invece Assunta non ci sta e continua una dura battaglia contro quella che qualche articolo ha definito ‘mafia dei pascoli’. Chi scrive non ha elementi a suffragio di questa interpretazione e neppure per collocare questa brutta vicenda nel quadro delle speculazioni sui contributi elargiti dall’Unione europea; la speranza è che le autorità preposte facciano rapidamente chiarezza anche perché il confine tra angherie di clan paesani e incursioni di organizzazioni malavitose è spesso assai labile.
È certo, però, che i modi con cui sono esercitate le pressioni su Assunta non possono che essere definiti soprusi, atti violenti con cui un gruppo di uomini sta danneggiando l’impresa di una donna attraverso una strategia che punta sul logoramento e sulla paura.
Una strategia che potrebbe avere la meglio solo se lo Stato dovesse lasciare sola Assunta, un’imprenditrice che con il suo lavoro è nei fatti anche custode di luoghi e tradizioni, di una preziosa ruralità da preservare in quanto patrimonio da tramandare.
Abbiamo incontrato Assunta a metà giugno, raccogliendo testimonianze nell’ambito del progetto “Da sole non c’è storia. Donne al lavoro tra passato e futuro” e ci ha colpito un insieme di elementi simbolici e concreti che si coagulano intorno alla sua figura, antica e al tempo stesso modernissima. Lei incarna la tenacia delle donne determinate a raggiungere gli obiettivi che si prefiggono, il coraggio di frantumare la gabbia degli stereotipi e di sfidare il patriarcato a viso aperto, la possibilità concreta di vivere in armonia con la natura. Non è di tutto questo che avrebbe bisogno, oggi, il mondo? Assunta lo sa e lo spiega a modo suo: resistendo e reagendo come può: continua a stare dove vuole vivere e lavorare e poi attraverso facebook racconta il suo mondo. Che è pure il nostro, anche se forse non ce ne rendiamo conto.
Ma dove trovi la forza per rimanere qui, Assunta, con tutta la fatica che fai e i rischi che corri…? “È dura, sì, ma quando guardo i miei animali la vita mi si ravviva”.
Non c’è altro da aggiungere a questo immenso inno alla vita e alla natura. E l’eco del canto di Assunta pian piano si propaga, raccogliendo tante altre voci che stanno formando un bel coro.
Testimonianze raccolte nell’ambito del progetto
‘Da sole non c’è storia. Donne al lavoro tra passato e futuro’
sostenuto dalla Regione Lazio.
#lavoroXlei
Lascia un Commento